— No, non so quello che c’è di sbagliato sul nostro mondo, Foreman della Cerchia interna, e neanche come porvi rimedio. So soltanto una cosa: non c’è niente che vada bene, e questo è fonte di delizia, per molti che dicono una cosa per intenderne un’altra. Tu stesso ti unisci spesso a coloro che rovesciano il senso delle parole. Non ho fiducia in te, ma sei perseguitato dagli Assassini e ieri sei fuggito con un trucco che nessuno riesce a capire, perciò tu fai parte, ormai, della leggenda dei grandi perseguitati. Ci dev’essere qualcosa di giusto in un uomo che odiano tanto!
— Stiamo cercando un nuovo leader che possa frenare, o addirittura invertire il crollo della nostra civiltà, Paul. Abbiamo scelto un uomo nel passato della Terra, Thomas More. Lo presenteremo al popolo semplicemente come Thomas, o forse, con un pizzico di fantasia, come il Maestro del Passato. Non ne hai mai sentito parlare?
— Sì, conosco l’epoca, il luogo e la sua fama.
— Vuoi andare a prenderlo?
— Si, d’accordo. Sarò di ritorno con lui tra due mesi — disse Paul, e si voltò di scatto per uscire.
— Aspetta, stupida testa rossa! — gli ordinò Foreman. — Hai smarrito la ragione? Che razza d’idiota sei? Non ti ho ancora istruito, non ti ho fornito alcun particolare. Come farai a…
— Tu non pensarci, Foreman il Grande — replicò Paul, con un sogghigno crudele. Foreman non poteva sapere che quel sogghigno era la cicatrice di una zuffa dimenticata e che l’espressione di Paul non cambiava mai. — Ho detto che lo farò, Foreman, e lo farò!
— Ma come potrai arrivarci? Come…?
— Ruberò la tua nave, naturalmente. Ero quasi riuscito a rubartela un un’altra occasione. La preferisco di gran lunga a quel palazzo volante di Kingmaker. Non c’è nave migliore in circolazione, né uomo che deruberei più volentieri di te. E poi devo partire all’improvviso; e vivo, naturalmente.
— Ma dovrò organizzarti dei contatti!
— Conosco tutti i tuoi contatti sulla Terra, e anche quelli di Cosmos Kingmaker. A dire il vero, mi sono fatto beffe di loro qualche tempo fa, in qualcuna delle mie imprese illegali. Sono un esperto pilota in entrambi i campi, lo spazio e il tempo. Devo partire prima che mi scoprano: morto, non sarei utile né a me, né a te.
— Ma dovrò farti uscire vivo da Astrobia! Sei ancora una vittima designata degli Assassini programmati.
— La tua gentilezza mi commuove, Foreman, ma ne uscirò vivo a modo mio.
— Avrai pure qualche domanda da farmi!
— Nessuna. So dov’è Londra, sulla Vecchia Terra. So balzare all’indietro di mille anni. So localizzare con estrema facilità un uomo famoso e portarlo con me, se vorrà seguirmi; e so fare in modo che lo voglia.
Paul s’incamminò verso l’uscita, entrò nella «cavalletta» di Foreman parcheggiata nel cortile scoperto, armeggiò col dispositivo d’identificazione e spiccò il volo. La «cavalletta» lanciò subito il segnale di rubato, senza che Foreman potesse impedirlo componendo il segnale di permesso.
— Perché diavolo ho ascoltato i consigli di Rimrock e ho scelto un simile selvaggio? — gemette Foreman. — È in missione da dieci secondi e ha già sbagliato tutto. Le guardie allo spazioporto gli salteranno addosso e lo uccideranno prima che io riesca a fermarle con una spiegazione qualsiasi. Chissà perché quel disgraziato dai capelli rossi ha fracassato proprio l’antifurto?
In pochi istanti Paul raggiunse lo spazioporto con la «cavalletta», e in quel brevissimo intervallo di tempo tre gruppi si organizzarono per affrontare in tre modi diversi la situazione. Ma già un’ora prima uno dei tre gruppi aveva saputo della fulminea azione di Paul.
Nel frattempo, Paul rifletteva intensamente, e aveva anche un amico che stava insinuando qualcosa nella sua mente. Paul sapeva che, qualche volta, è meglio affrontare due gruppi invece di uno. Se vi riesce di fare in modo che i Mastini e gli Orsi vi piombino addosso da due direzioni opposte, contemporaneamente, è assai probabile che qualcuno ci rimetta la pelle. Con un po’ di fortuna, può anche toccare agli Orsi e ai Mastini.
Avere qualcuno nascosto nelle vicinanze, una trappola in più per gli Orsi e i Mastini, pronto a darti una mano, può garantirti la salvezza.
Gli Orsi erano le guardie dello spazioporto, gigantesche e goffe, che avevano prontamente reagito al segnale della «cavalletta». E gli Orsi arrivarono per primi, troppo veloci (o non erano invece, i Mastini, troppo lenti?). Trascinarono Paul fuori della «cavalletta» con i loro artigli, e Paul seppe che l’avrebbero ucciso. Uno degli Orsi gli vibrò un colpo che gli strappò una fetta di pelle e di carne dal braccio e dalla spalla, mettendo l’osso a nudo. Un altro, da solo, si avvinghiò al suo corpo per stritolarlo a morte. Ma l’obiettivo principale di questi mostri meccanici era quello di recuperare il veicolo rubato e di riconsegnarlo al proprietario. Il massacro di Paul non era importante.
— La sincronizzazione è sbagliata. — Questo pensiero si fece strada a fatica nella mente di Paul, in quello che gli sembrò l’ultimo istante della sua vita. — Gli Assassini sono in ritardo… per la prima volta! — Il mostro meccanico lo stritolava, mozzandogli il fiato, e gli impediva perfino di pensare. Ancora un leggero aumento della pressione, e sarebbe stato il suo ultimo respiro. Ma si batté con selvaggio vigore contro l’Orso d’acciaio: non avrebbe concesso alla morte alcun vantaggio!
I Mastini erano invece gli Assassini programmati, gli stessi che davano la caccia a Paul da più di un anno. Rigidi, il pelo irto, avevano reagito all’allarme frenetico captato dalle loro sonde sensoriali; il segnale corrispondeva a un’azione di Pauclass="underline" fuga. Le loro istruzioni programmate li informavano che la preda, l’Individuo Paul, tentava di fuggire dal loro mondo. L’allarme indicava la massima urgenza. Si precipitarono su Paul per ucciderlo in una corsa cieca, travolgendo ogni ostacolo, e i guardiani della spazioporto reagirono con altrettanta violenza e cecità a quest’improvvisa interferenza nella propria area.
La mischia si scatenò fulminea, senza esclusione di colpi. C’erano due differenti gruppi di Assassini. Quelli programmati per pattugliare, difendersi e contrattaccare: gli Orsi. E gli altri, programmati per tendere agguati mortali o assalire frontalmente: i Mastini. Ma in quel momento era un Orso che stritolava a morte Paul, anche se l’uomo, forte e agile come un’anguilla, resisteva accanitamente.
E tuttavia, anche lo stritolatore fu coinvolto nel vortice confuso della lotta. Per due volte dovette fermarsi, fracassando i digrignanti Mastini metallici e precipitandoli in una morte meccanica. Ognuno dei mostri aveva uno o più dispositivi d’allarme, trombe, sirene, che entravano in funzione in qualche punto all’interno del suo corpo, e il chiasso non contribuiva certo a chiarire la situazione.
Poi esplose il pazzesco frastuono del terzo gruppo che entrava in azione. Paul lo senti nel suo cervello, e anche gli Orsi e i Mastini lo percepirono nelle proprie capsule neurali. Un ordine penetrò direttamente nel cervello di Pauclass="underline" — Respira, accidenti! — Perciò Paul respirò il più profondamente possibile, poiché in quel preciso istante l’Orso aveva mollato la presa. Era talmente intontito che non avrebbe respirato se non glielo avessero detto.
Questo terzo assalto era più o meno umano. La voce nel cervello di Paul era quella di Rimrock, l’ansel. Che Rimrock fosse, o no, umano, non contava; comunque si era associato agli uomini. Paul percepì anche la voce di Walter Copperhead, il negromante che poteva gettare incantesimi sulle matrici dei meccanismi, precipitando nel caos i loro programmi. Altre voci si udirono e Paul respirò liberamente.
Non era morto. Si rifiutava di morire. Il suo Orso metallico lo aveva lasciato libero per fracassare tre Mastini in un colpo solo. Anche gli uomini si lanciavano adesso nella mischia: Battersea, alto come Paul e due volte più grosso, roteava la sua scure più massiccia di un uomo e colpiva con mira infallibile i centri di controllo di ogni tipo di meccanismo, come aveva già fatto in molte altre occasioni; Shanty, grosso quanto Battersea, colpiva ancora più velocemente; Copperhead seminava la confusione, disinnescava e uccideva; e Rimrock, la più delicata delle creature, aveva artigli lunghi un metro.