«Vi siete divertiti, eh?» urlò Hurwood in inglese, agitando al loro indirizzo il suo unico pugno. «Devo tuffarmi un’altra volta nel fosso, solo perché non vi sentiate defraudati?» La sua voce stava diventando tesa e stridula, ed egli cominciò a sbattere rapidamente le palpebre mentre faceva un passo in direzione del limite della radura, indicando uno degli spettatori, un enorme maiale con un grappolo di teste di gallo che gli spuntava dal collo. «Ah, voi, signore,» proseguì Hurwood con una parodia di cordiale affabilità, «esprimeteci la vostra franca opinione. Avrei fatto meglio ad eseguire un gioco di prestigio? O, forse, con la faccia dipinta e il naso fìnto…»
Il bocor gli afferrò un gomito da dietro, lo fece voltare e lo fissò con espressione stupefatta e, in qualche modo, compassionevole. «Fermati,» disse, con gentilezza. «La maggior parte di essi non può sentire, e credo che nessuno di essi conosca l’inglese. Al sorgere del sole andranno via e potremo andarcene anche noi.»
Hurwood si liberò dalla stretta dell’altro uomo, tornò al centro della radura e si sedette, non lontano dal fosso e dai due cadaveri dissanguati. L’odore di metallo surriscaldato della magia era scomparso, ma la brezza non aveva dissipato molto il tanfo del sangue.
Il sole non sarebbe sorto prima di altre nove o dieci ore; e anche se fosse rimasto là fino a quel momento, certamente gli sarebbe stato impossibile dormire. La prospettiva della lunga attesa lo fece star male.
Ricordò la sentenza del bocor: «Spero che ne sia valsa la pena.»
Alzò lo sguardo verso le stelle e le sfidò con un sogghigno.
Cercate di fermarmi adesso, pensò, anche se la cosa potrà richiedermi degli anni. Ora so che è vero. Può essere fatta. Sì… dovessi anche far uccidere una dozzina di indiani per imparare, una dozzina di bianchi, una dozzina di amici… ne varrebbe ancora la pena.
LIBRO PRIMO
I mari e i climi son quello che sono; il tuo vascello deve adattarsi o affondare.
CAPITOLO PRIMO
Afferrandosi a una delle cime verticali tese e sporgendosi molto sopra la battagliola, John Chandagnac attese un momento finché l’onda non sollevò l’enorme struttura scricchiolante della poppa e del cassero di poppa su cui si trovava, e poi lanciò il biscotto con tutta la forza che aveva. All’inizio sembrava un lancio troppo lungo, ma quando esso ridiscese rapidamente verso l’acqua, e continuò a cadere invece di sprofondarvi, vide che in realtà non lo aveva lanciato lontano. Il gabbiano lo aveva visto. Si avvicinò nuotando sull’acqua verde, e, all’ultimo momento, come per esibirsi, lo afferrò a mezz’aria. Il biscotto si spezzò mentre il gabbiano s’involava per raggiungere un’altezza più confortevole, ma sembrò che ne avesse preso un buon boccone.
Chandagnac aveva un altro biscotto nel taschino della giacca, ma per un po’ si limitò a osservare l’uccello che planava — ammirando distrattamente il fatto che esso sembrava aver bisogno di uno sforzo molto lieve e di battere solo di tanto in tanto le ali per mantenere la sua posizione al di sopra della lucerna di poppa dello Strepitoso Carmichael — e ad annusare l’elusivo odore di terra che era stato nella brezza fin dall’alba. Il capitano Chaworth aveva detto che avrebbero avvistato le montagne color porpora e verde della Giamaica nel primo pomeriggio, aggirato Punta Morant prima di cena e attraccato a Kingston prima di notte; ma mentre le operazioni di scarico del Carmichael avrebbero significato la fine delle preoccupazioni che avevano visibilmente fatto smagrire il capitano durante quell’ultima settimana di viaggio, lo sbarco avrebbe significato l’inizio del compito di Chandagnac.
E ricorda anche, si disse freddamente mentre tirava fuori il biscotto dalla tasca, che sia Chaworth che tu stesso siete ognuno per metà responsabili dei vostri problemi. Lanciò con più forza questa volta, e il gabbiano afferrò il biscotto senza doversi immergere per più di un paio di iarde.
Quando si voltò verso il piccolo tavolo della colazione, che il capitano aveva concesso ai passeggeri di occupare quando le operazioni mattutine di governo della nave diventavano ordinarie, rimase sorpreso nel vedere la giovane donna in piedi, con gli occhi castani accesi dall’interesse.
«L’ha afferrato?» domandò lei.
«Certamente,» disse Chandagnac mentre si avvicinava al tavolo. Si rammaricò in quel momento per non essersi sbarbato. «Volete che gli lanci anche il vostro?»
Lei spinse via la sedia e sorprese ancora di più Chandagnac dicendo, «Lo lancerò io stessa… se siete sicuro che lui non protesterà per il verme.»
Chandagnac lanciò un’occhiata all’uccello che stava planando. «Non è scappato, perlomeno.»
Con appena un leggerissimo fremito di esitazione lei prese il biscotto e si avvicinò con decisione alla murata. Chandagnac notò che anche il suo equilibrio era migliore quella mattina. La donna si ritrasse un poco quando raggiunse la battagliola e guardò giù, poiché il ponte di poppa si trovava a una buona dozzina di piedi dal mare agitato. Con la mano sinistra strinse la battagliola e tirò, come per accertarsi che non cedesse. «Odio cadere,» disse, un po’ nervosamente.
Chandagnac le si mise accanto e le strinse l’avambraccio sinistro. «Non preoccupatevi,» disse. Il suo cuore improvvisamente si era messo a battere con più forza, e lui s’irritò con se stesso per questa reazione.
La donna sollevò all’indietro il braccio e lanciò il biscotto, e l’uccello bianco-e-grigio, cortesemente, si avventò su di esso, afferrandolo ancora una volta prima che colpisse l’acqua. La risata di lei, che Chandagnac sentì in quel momento per la prima volta, fu gioiosa e vivace. «Scommetto che segue tutte le navi dirette in Giamaica, sapendo che le persone a bordo sono pronte a lanciare le provviste vecchie fuori bordo.»
Chandagnac annuì mentre tornavano al piccolo tavolo. «Non mi toccherà un ricco compenso per questo affare, ma continuo a pensare alla cena di stanotte a Kingston. Meravigliosa carne di manzo, ortaggi freschi, e birra che non puzza di pece bollente.»
La giovane donna si accigliò. «Vorrei che mi fosse permesso di mangiare la carne.»
Chandagnac spostò lo sgabello di un piede o due a sinistra cosicché l’arco alto e teso della randa riparò il suo volto dal sole del mattino. Voleva essere in grado di osservare le espressioni sul viso di questa persona improvvisamente così interessante. «Avevo notato che mangiavate solo vegetali,» disse, sollevando con indolenza il suo tovagliolo.
Lei annuì. «Nutrimenti e medicamenti… è così che li chiama il mio dottore. Dice che sono affetta da una incipiente febbre cerebrale come risultato dell’aria insalubre di una sorta di convento nel quale andavo a scuola in Scozia. È lui l’esperto, per cui presumo che abbia ragione — anche se, a dire il vero, mi sentivo meglio, più in forze, prima di cominciare a seguire questo regime alimentare.»
Chandagnac aveva tirato un filo dal tovagliolo e cominciò ad impegnarsi con un altro. «Il vostro medico?» chiese con tono disinvolto, non volendo dire nulla che potesse guastare quel suo umore allegro e trasformarla nuovamente nella passeggera goffa e taciturna che era stata durante i mesi passati. «È… quel tipo corpulento?»
Lei rise. «Povero Leo. Diciamo grasso. Diciamo corpulento. Sì, è lui. Dottor Leo Friend. Un uomo rozzo, ma mio padre giura che al mondo non esiste nessun medico migliore di lui.»
Chandagnac alzò lo sguardo dal tovagliolo che lo stava impegnando. «Per caso avete messo da parte i vostri… medicamenti? Sembrate più allegra, oggi.» Il tovagliolo della donna stava sul tavolo, e lui lo prese e cominciò a manipolare anche quello.
«Beh, sì. La notte scorsa ho gettato il piatto dal finestrino della mia cabina. Spero che quel povero gabbiano non lo abbia assaggiato… non era nient’altro che un disgustoso mucchietto di erbe e malerbe che Leo coltiva in una cassa che tiene nella sua cabina. Sono entrata di soppiatto nella cambusa e ho convinto il cuoco a darmi un po’ di formaggio piccante, di cipolle sott’aceto e di rum.» Sorrise, imbarazzata. «Desideravo disperatamente qualcosa che avesse un po’ di sapore.»