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«Non sono sceso dalle montagne per trattare con un bungo garzoncello del Baron Samedi.»

Jean Petto fece un largo sorriso. «Ohhh!» Tese la bottiglia al ragazzo. «Beh, perché non glielo dici? Tieni la bottiglia contro la luce del sole e scruta dentro finché non lo vedi… poi potrai spiegargli quali sono i tuoi standard sociali.»

Thatch non aveva mai trattato direttamente con un loa, ma cercò di apparire sicuro di sé mentre prendeva sprezzante la bottiglia. «Molto bene, spiritello,» disse, tenendola contro il sole, «manifestati!» Il tono era beffardo, ma la sua bocca era diventata secca e il cuore gli batteva forte nel petto.

All’inizio tutto ciò che riuscì a vedere erano delle macchie confuse attraverso il vetro rozzamente soffiato, ma poi vide un movimento dentro, e lo mise a fuoco — e per un istante pensò che la bottiglia conteneva un uccellino implume, che nuotava con alette e zampe deformi in una sorta di liquido torbido.

Allora ci fu una voce nella sua testa, che cianciava stridula in un francese ibrido. Thatch comprese solo qualcosa, abbastanza da capire che colui che parlava non solo stava chiedendo pollo e rum, ma protestando che aveva tutti i diritti di pretendere quelle cose, e anche tanti dolciumi quanti ne voleva, e minacciando punizioni durissime se i rituali del suo invito non fossero stati eseguiti con grandissima pompa e solennità e rispetto; e sarebbe stato meglio non ridere. Nello stesso tempo, Thatch ebbe la sensazione di un’età antica, e di un potere che era diventato enorme… con tale costo personale che ormai restava solo un frammento della personalità originale, come un camino ancora eretto nel cuore di una casa preda di un furioso incendio. La petulanza senile e il potere terrificante, realizzò Thatch, non erano qualità contraddittorie — ognuna era in qualche modo prodotto dell’altra.

Poi divenne consapevole di lui. La filippica s’interruppe e lui ebbe la sensazione che colui che parlava si guardasse intorno un po’ confuso. Thatch immaginò un re vecchissimo, che trasaliva dopo aver pensato di essere solo, si aggiustava la veste in modo che essa lo drappeggiasse in maniera corretta, e si ravviava i capelli radi in avanti per coprire la calvizie.

A quel punto Gede, evidentemente, aveva richiamato alla memoria le parole di Thatch e prestato loro attenzione, perché la voce tornò all’improvviso nella testa del ragazzo, e tuonò.

«“Spiritello”?» gridò Gede, infuriato. «“Bungo garzoncello”?»

La testa di Thatch fu spinta indietro da qualcosa di invisibile, e d’un tratto ci fu sangue nella sua bocca e nel naso. Arretrò di un paio di passi e cercò di scagliare via la bottiglia, ma essa aderiva al suo palmo.

«Thatch è il tuo nome, eh?» La voce grattò l’interno del cranio del ragazzo come un coltello rigirato all’interno di una noce di cocco.

Lo stomaco di Thatch implose visibilmente — il sangue sprizzò dal suo naso e lui cadde pesantemente a sedere.

Un momento dopo tutti i suoi abiti presero fuoco. Il ragazzo rotolò, in fiamme, verso il fiumiciattolo, e sebbene nel tragitto sobbalzasse per l’impatto di un paio di altri invisibili calci, riuscì a cadere in acqua. «Dirò al Baron,» disse la voce nella sua testa mentre lui si dibatteva, ancora incapace di liberarsi della bottiglia, «di riservarti un trattamento speciale.»

Thatch portò i piedi al di sotto del corpo, strisciò su per l’argine e si sedette. I suoi capelli erano bruciati fino allo scalpo e i suoi abiti sembravano recuperati dalla rovina di una casa distrutta da un incendio e il sangue stava scorrendo sull’avambraccio dalla mano che stringeva la bottiglia, ma non fremo quando sollevò quella cosa verso il sole e rivolse un sogghigno al suo ventre di vetro. «Fallo,» sussurrò. «Tu, maledetta miserabile aringa in salamoia.»

La luce si affievolì, e improvvisamente era asciutto, dritto e in cammino, ed era di nuovo Jack Shandy. Le macchie di sangue sulle pietre che lastricavano il ponte erano meno frequenti — forse le persone ferite che stavano strisciando avevano bendato le loro ferite — ma quando lui si accovacciò per toccare una chiazza umida, si ritrasse inorridito. Era ancora calda. Di nuovo, ora più forte, udì un respiro affannoso davanti a sé.

Alzò la testa, e tutt’a un tratto seppe perché aveva pensato di aver già visto prima quel ponte. Là c’erano le due persone che strisciavano, ormai vicinissime ai suoi piedi; i capelli bianchi di una erano punteggiati di nero scintillante, e l’altra figura, più giovane e magra, stava cercando di strisciare senza toccare il suolo con la mano destra, le cui dita erano piegate, gonfie e nere. Le luci della città di Nantes erano tremolanti e fioche, e Shandy sapeva che quelle persone ferite non sarebbero state viste da un viandante caritatevole, ma avrebbero dovuto strisciare per tutto il tragitto di ritorno alla loro camera, e ai loro letti poco confortevoli, e alle onnipresenti marionette.

Shandy fece uno scatto di corsa e poi si accovacciò sulla traiettoria di suo padre. Uno degli occhi del vecchio era nascosto dal sangue incrostato di terra, e Shandy sapeva che era l’occhio che avrebbe perso. La faccia del vecchio era tesa per lo sforzo, e il fiato sibilava attraverso i nuovi varchi trai denti sbarrati.

«Papà!» disse Shandy, incalzante, mentre la faccia del vecchio si avvicinava gradualmente. «Papà, hai ereditato un mucchio di danaro! Tuo padre è morto, e ha lasciato a te i suoi possedimenti! Mettiti in contatto con le autorità di Haiti, a Port-au-Prince!»

Il vecchio François Chandagnac non lo udiva. Shandy cercò per altre due volte di trasmettere il messaggio, poi desistette e raggiunse l’altra persona malconcia che stava strisciando, quella che era il ventunenne John Chandagnac.

«John,» disse Shandy mentre s’accovacciava davanti al se stesso più giovane, «ascolta. Non abbandonare tuo padre! Portalo con te. Datti da fare, tu… maledetto corista di legno!» Si sentiva soffocare, e le lacrime scorrevano sulla sua faccia più vecchia e barbuta, come per imitare il sangue che rigava quella più giovane. «Non può farlo da solo, ma lui non lo ammetterà con te! Non abbandonarlo, è tutto ciò che hai al mondo e lui ti ama e morirà di freddo e di fame, pensando a te, mentre tu sarai al sicuro in Inghilterra e non penserai a lui…»

La figura strisciante era inconsapevole di lui. Shandy, già inginocchiato, abbassò la fronte sulle pietre del lastricato e singhiozzò, rauco, mentre l’immagine del suo se stesso più giovane strisciava attraverso il suo corpo, impalpabile come un’ombra.

Una mano gli stava scuotendo la spalla. Lui alzò la testa. Il volto scarno di Davies gli sogghignava, non senza simpatia. «Non puoi crollare adesso, Jack,» disse il vecchio pirata. Fece un cenno con la testa, indicando davanti a loro. «Ci siamo.»

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

Il ponte era scomparso e Shandy, tardivamente, si domandò se qualcuno degli altri lo avesse effettivamente visto. O forse Hurwood, per esempio, aveva visto l’intera cosa come una passeggiata lungo la navata impossibilmente lunga di una chiesa? Ora si trovavano su un pendio fangoso, rivolti verso il basso, e Shandy poteva sentire l’umidità gelata che filtrava attraverso le ginocchia dei calzoni.

Guardò intorno con un po’ di frenesia, col panico originario che ritornava, perché avvertiva qualcosa di profondamente sbagliato, di molto disorientante, là — ma non riusciva a capirne il motivo. Il pendio fangoso si allontanava da loro incurvandosi ai due lati, e, scrutando nella luce fioca, lui vide che i suoi margini si curvavano all’indietro e si congiungevano, a una certa distanza; era un pozzo circondato da un pendio, e l’acqua zampillava e sciabordava laggiù sul fondo. Il cielo era una coperta di nuvole che sfrecciavano illuminate dall’alto, presumibilmente, dalla luna. Shandy guardò intorno i suoi sette compagni per vedere se condividevano la sua inquietudine. Era arduo a dirsi. Beth aveva ripreso conoscenza — Shandy si domandò quando — ma stava solo sbattendo le palpebre, confusa, e Bonnett era inespressivo come un cadavere imbalsamato.