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La coppia di stregoni lo fissò, con sulle facce un’identica espressione di sorpresa e leggero allarme, ma poi Hurwood si limitò a stringersi nelle spalle e a borbottare, «Non ha importanza.»

L’uomo con un solo braccio parlò ancora, e ricevette nuovamente risposta dalla debole voce, sebbene in quel momento Shandy avesse la sensazione che essa provenisse dall’altro lato del gruppo, al di là di Davies.

«Dannazione,» borbottò Hurwood quando la voce si fermò. «In questo momento non lo sa.»

Shandy vide Friend scrollare le spalle. «Possiamo aspettare un poco.»

«Aspetteremo finché non lo saprà, e non me lo avrà detto,» disse Hurwood con fermezza.

«Chi è?» chiese Barbanera.

«La… personalità che stiamo interrogando,» disse Hurwood, «sebbene il pronome “chi” sia esagerato in questa circostanza.» Sospirò, apparentemente perché disperava di dare una spiegazione, ma poi la sua formazione professionale parve prendere il sopravvento. «Le leggi della meccanica di Newton sono utilissime nel descrivere il mondo che conosciamo — ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, e un oggetto che si muova di moto uniforme continuerà a muoversi uniformemente a meno che non sarà sollecitato da una forza — ma esaminiamo da molto vicino eventi che si verificano su scala molto piccola, e se ne studiarne i dettagli in maniera così inutilmente specifica da essere quasi considerati adatti a un ricovero per lunatici… scopriremo che la descrizione meccanica di Newton della realtà è corretta solo per somme linee. In minuscole estensioni di spazio o di tempo c’è un elemento di incertezza, un differimento di definizione, e la verità che cogliamo è informe come un uovo poco cotto. Nel nostro mondo normale questo non è un fattore rilevante poiché le… differenze, potremmo dire… sono abbastanza consistenti fra un luogo e un altro, e risultano in modo schiacciante favorevoli a Newton. Ma qui esse non sono consistenti. Qui sono polarizzate, sebbene i valori globali siano gli stessi. Non c’è elasticità in questo suolo, né incertezza, così come nell’aria qui intorno. Quella che noi abbiamo interrogato era una… tendenza verso una personalità; la probabilità di una consapevolezza.»

Barbanera sbuffò. «Quale lingua parlava quella, quella probabilità?»

«La lingua più antica,» disse imperturbabile Hurwood.

«È per questo,» si trovò a domandare Shandy, «che la cosa è così difficile da localizzare?»

«Sì,» disse Hurwood, «e non provarci. Non è in nessun dove… dove è improprio come chi. Se la cerchi vuol dire che stai cercando qualcosa, in un particolare dove e quando — e su questa base troverai molte cose, ma non troverai…» Terminò la frase con un vago cenno e un fischio che scemava.

Per almeno un intero minuto restarono tutti là, a rabbrividire in quella valle scura e fredda, mentre Hurwood con pazienza ripeteva più volte a gran voce qualche frase inintellegibile. Shandy guardò intorno per vedere come stava reagendo Beth, ma Hurwood gli disse seccamente di tenere fermo lo sguardo.

Alla fine Barbanera disse, «Questo ritardo non faceva parte del nostro patto.»

«Ottimo,» disse Hurwood. Pronunciò ancora una volta la sua strana frase; e poi aggiunse, rivolto a Barbanera, «Vai, se lo preferisci. Buona fortuna nel tornare nella giungla.»

Barbanera imprecò, ma rimase dov’era. «La tua cosa-spettro sta cercando qualcosa per te, eh?»

«No. Alla fine si manifesterà ancora, ma non sarà la stessa personalità di prima; sebbene nello stesso tempo non sarà neppure una personalità diversa. “Stessa” e “diversa” sono parole troppo specifiche. Ed essa non apprenderà quello che io voglio sapere. Semplicemente, questa volta le capiterà di saperlo. O, se non questa volta, lo saprà prima o poi. È come aspettare un due o un dodici dopo un lancio di dadi.»

Passò altro tempo, e finalmente uno dei pazienti richiami di Hurwood ottenne risposta. Il padre di Beth dialogò con la voce non ubicata per circa un altro minuto, e poi Shandy lo udì arrancare nel fango. «Potete tutti guardare dove vi pare, adesso,» disse Hurwood. Shandy osservò Hurwood, e non si sentì rassicurato nel vedere gli occhi socchiusi e i muscoli induriti della mascella dell’ex-docente di Oxford.

«Leo,» disse Hurwood, teso, «tieni ferma Elizabeth.» Friend fu affannosamente felice di obbedire. Beth sembrava essere ancora in uno stato di stupefazione, anche se Shandy notò che adesso stava respirando molto rapidamente.

Hurwood allungò la mano e slegò dalla cintura la cassetta di legno; allentò il coperchio coi denti e lo scosse via. Shandy non riuscì a vedere cosa ci fosse dentro. Poi Hurwood raggiunse con passo strascicato Beth e tenne la cassetta, aperta e dritta, sotto la mano destra di lei. «Falle un taglio nella mano, Leo,» disse il vecchio. Shandy si lanciò in avanti, ma molto prima che potesse raggiungerlo Friend abbassò il suo spillone e, con le labbra umide e gli occhi socchiusi, lo ficcò nel pollice di Beth Hurwood.

Questo la fece uscire dal suo intontimento. Sobbalzò e abbassò lo sguardo sulla mano trafìtta, e poi al di là di essa, nella cassetta che suo padre stava reggendo, nella quale stavano cadendo le gocce del suo sangue — e strillò e si allontanò di scarto, arrampicandosi a quattro zampe sul pendio fangoso.

Shandy si lanciò dietro di lei e la afferrò dopo poche iarde, le mise un braccio intorno alle spalle che si sollevavano e la scosse con gentilezza. «È tutto finito adesso, Beth,» disse con voce strozzata. «La tua mano è ferita ma siamo vivi e penso che ora saremo condotti via. Il peggio è…»

«È la testa di mia madre!» urlò Beth. «Aveva la testa di mia madre in quella scatola!»

Shandy non poté evitare di voltarsi a guardare inorridito. Hurwood stava seduto nel fango per infilare di nuovo il coperchio sulla cassetta di legno, con un’espressione di soddisfazione quasi ebete che illuminava il suo vecchio volto, mentre Friend si limitava a fissare con ira Beth, con le mani ancora sollevate nella posizione in cui si trovavano quando la stava tenendo ferma — ma Davies, e anche Barbanera, stavano fissando l’uomo con un solo braccio con stupore e ripugnanza.

Hurwood si rialzò dimenandosi. «Torniamo,» disse. «Torniamo al mare.» Era così allegro e teso adesso che sembrava avere difficoltà nel parlare.

Tutti risalirono faticosamente la china, e quando il suolo si livellò Shandy rimise di nuovo il braccio intorno a Beth e camminò assieme a lei, anche se la ragazza non mostrò di rendersi conto della sua presenza neppure con un’occhiata.

Il ponte era scomparso. Hurwood li condusse lungo una strada sterrata fra campi di erica sotto un cielo che minacciava pioggia; le montagne si sollevarono in lontananza, e quando Shandy si voltò a guardare vide un gruppo di vecchi edifici di pietra, quasi del tutto senza finestre, dietro un muro — un monastero, forse, o un convento — e quando scrutò con maggiore attenzione vide che una figura magra, dai lunghi capelli, stava sulla sommità del muro, sopra il cancello chiuso.

Non era in grado di ottenere una qualsiasi risposta dalla giovane donna che avanzava, come senza vita, al suo fianco, ma, continuando a guardare indietro, sollevò la mano libera in un saluto, e la figura sul muro salutò a sua volta — con gratitudine, pensò Shandy.

CAPITOLO QUINDICESIMO

Hurwood e Friend li ricondussero sulla piana di sabbia scura, dove recuperarono gli stivali e i coltelli ancora roventi, e quindi i due stregoni usarono di nuovo la lampada col coperchio scanalato per ritrovare la strada che li riportasse alla torcia accesa che Hurwood aveva lasciato conficcata nella sabbia, dopodiché tornarono nel mondo normale. La giungla nera della Florida adesso appariva confortevolmente banale a Shandy, e lui assaporò gli odori della palude come un uomo ricondotto nei prati profumati della sua giovinezza.