«Non preoccuparti,» disse Rhett.
CAPITOLO VENTESIMO
Quando il pallido rosa dell’alba alle spalle dell’isola di Ocracoke divenne abbastanza luminoso da dissolvere la macchia indistinta della bocca della laguna, Barbanera ridacchiò piano nel vedere le vele delle due corvette della Navy ancorate dov’erano al crepuscolo. Il gigantesco pirata capovolse l’ultima bottiglia di rum, e quando fu vuota la agitò verso Richards. «Eccone un’altra per Miller,» disse. «Gliela porterò io.» Inspirò profondamente, assaporando il miscuglio di fredda aria aurorale e vapori di rum, e gli sembrò che l’aria fosse tesa — respirarla era come toccare una trave di legno piegata fino a un pelo dal suo punto di rottura.
Sebbene non gli piacessero, si costrinse a masticare e a ingoiare un altro boccone di palline di zucchero e cacao: si soffocò, ma le mandò giù. Così dovrebbe bastare, si disse; probabilmente nessuno al mondo ha mai bevuto tanto rum o mangiato tanti dannati dolciumi come ho fatto io stanotte. Sono sicuro che non c’è una sola goccia del mio sangue che non sia satura di zucchero e alcol.
«Possiamo ancora svignarcela verso est, capitano,» disse Richards nervosamente. «La marea è ancora abbastanza alta da consentirci di superare le secche con questa corvetta.»
Barbanera si stiracchiò. «E abbandonare la nostra preda?» domandò, facendo scattare un pollice verso la corvetta più larga, ancorata a trenta iarde di distanza a tribordo, che avevano catturato il giorno prima. «Naaa. Possiamo vedercela con questi ragazzi della Navy.»
Richards si accigliò ancora, preoccupato, ma non azzardò un’altra obiezione. Barbanera sogghignò mentre si avviava verso poppa, in direzione della scaletta del ponte dei cannoni dell’imbarcazione. Pare, pensò, che avere sparato a Israel Hands sia servito a due cose. Ho anche ottenuto che il resto di loro abbia paura di discutere con me.
Il suo sogghigno divenne più un trasalimento — su una faccia più mansueta avrebbe dato un’impressione di falsa tristezza — quando ricordò la riunione di due notti prima nella sua minuscola cabina. Da Tobias Knight, l’esattore della Dogana, era giunta notizia che il governatore Spotswood della Virginia sapeva che Barbanera si stava aggirando da quelle parti e aveva organizzato una sorta di spedizione per catturarlo. Israel Hands aveva immediatamente cominciato a fare piani per abbandonare quell’ancoraggio nella Laguna di Ocracoke.
Barbanera si era sporto in avanti, mantenendo la faccia inespressiva nella luce della lampada, e aveva riempito nuovamente diverse coppe sul tavolo rozzo. «Sei tu a decidere cosa facciamo, Israel?» aveva chiesto.
«Se non lo fai tu, Ed, allora sì, lo faccio io,» aveva replicato allegramente Hands. I due avevano navigato assieme ai tempi dei corsari, e poi ancora come pirati sotto il vecchio ammiraglio bucaniere Ben Hornigold, e Israel Hands osava essere confidenziale con Barbanera più di chiunque altro. «Perché? Vuoi rimanere e tentare di combattere con l’Avventura?» Aveva assestato due colpi sprezzanti alla paratia e al basso soffitto. «Non è nient’altro che una dannata corvetta, uomo, poco più di un guscio di tartaruga! Torniamo dove abbiamo lasciato la Vendetta della Regina Anna e riprendiamo il mare! All’inferno la schiuma e le secche — voglio sentire un vero ponte sotto i miei piedi, che si solleva sopra un vero mare.»
E mosso da un’improvvisa ondata di affetto per il suo vecchio e leale compagno di crociere, Barbanera aveva d’impulso deciso di fare un’azione misericordiosa che non sarebbe mai stata riconosciuta come tale. «Farò in modo,» disse, sottovoce, «che tu viva per navigare ancora, Israel.»
Quindi, sfilò due pistole sotto il tavolo, si chinò in avanti, spense la lampada con un soffio, incrociò le pistole e fece fuoco.
I due scoppi simultanei proiettarono un guizzo di luce gialla attraverso le crepe e i buchi nel tavolo, e Israel Hands fu scagliato via dalla sedia e mandato a sbattere contro la paratia. Quando il conseguente vociare e annaspare si fu calmato abbastanza perché qualcuno pensasse di riaccendere la lampada, Barbanera vide che la sua mira era stata perfetta — una palla si era piantata, innocua, nel ponte, e l’altra aveva trasformato in uno scempio sanguinolento il ginocchio di Israel Hands.
Gli uomini nella stretta cabina, tutti in piedi adesso, avevano fissato Barbanera con timore e stupore, ma Israel Hands, accovacciato contro la paratia e intento a fermare il sangue che gli fluiva dalla gamba rovinata, alzò lo sguardo sul vecchio compagno con un’espressione di sofferenza — e anche di delusione per l’amicizia tradita — sulla faccia improvvisamente scarna. «Perché… Ed?» riuscì a chiedere, attraverso i denti serrati.
Incapace di dirgli la verità, Barbanera gli aveva semplicemente detto, arcigno, «All’inferno… se di tanto in tanto non sparassi a uno come te dimentichereste chi sono io.»
Hands era stato portato via dal vascello la mattina dopo, febbricitante e smanioso di vendetta. Ma, pensò Barbanera mentre scendeva giù sul ponte dei cannoni dal basso soffitto, almeno tu domani sarai vivo, Israel — non sei qui.
«Eccone un’altra,» disse a Miller, che aveva già riempito una dozzina di bottiglie con proiettili e polvere, e, dopo aver ficcato una miccia lenta nel collo di ognuna, le aveva appoggiate con cura su una coperta. «Tutto pronto?»
Miller sogghignò, storcendo ancora di più la faccia già sfregiata. «Quando tu vorrai, capitano,» replicò, felice.
«Ottimo.» Con una debole eco del sentimento che aveva provato per Israel Hands, Barbanera desiderò per un momento di aver trovato una scusa per mandare via tutta la sua ciurma, e incontrare da solo i cacciatori di pirati di Spotswood. Ma più sangue sarebbe stato versato quel giorno, meglio avrebbe funzionato la sua magia, e, sentimento a parte, qualsiasi sfortuna toccata ad altri che fosse andata a suo vantaggio sarebbe stata una contropartita accettabile. «Nessuna misericordia,» disse. «Più sale-di-sangue che sale-di-mare nell’oceano, oggi, eh?»
«Maledettamente giusto,» convenne Miller, ridacchiando mentre versava la polvere con un imbuto nella bottiglia vuota.
«Maledettamente giusto,» echeggiò Barbanera.
«Le micce sono là sopra, capitano,» fece notare Miller. «Appena il sole sarà in alto, scommetto che vorrai immediatamente intrecciarle nei capelli.»
«No,» disse pensieroso Barbanera, «credo che non ne porterò nessuna oggi.» Si voltò verso la scaletta, poi si fermò per un attimo e, senza guardare indietro, fece un cenno con la mano al di sopra della spalla verso Miller e gli uomini chini sulle culatte dei cannoni. «Uh… grazie.»
Di nuovo sul ponte vide che il giorno era davvero sopraggiunto. Il debole rosa dell’est si era diffuso in un chiarore grigio che attraversava il cielo. Una fila di pellicani passò svolazzando a poche iarde dalla sabbia, e alcuni uccelli trampolieri stavano diguazzando avanti e indietro, indaffarati, sulla spiaggia dell’isola di Ocracoke, a cento iarde dalla prua, verso babordo.
«Eccoli che arrivano, capitano,» disse Richards, tetro.
Le vele delle due corvette della Navy erano adesso spiegate e gonfie, e gli stretti scafi stavano avanzando sull’acqua calma e argentea, lentamente a causa delle molte secche.
«Mi domando se hanno un pilota che conosce la laguna,» rifletté Richards.
Una delle corvette si fermò con uno scossone che fece flettere l’albero; un momento dopo anche l’altra fece la stessa cosa.
«No,» disse Barbanera, «non ce l’hanno.» Spero, pensò tetro, che tutto questo sia servito a qualcosa. Spero che questi uomini della marina non siano degli idioti incompetenti.