«Uno alla volta,» disse Shandy.
Con un colpo furioso della mano Venner zittì Skank. «La Jenny non andrà da nessuna parte finché Vane non sarà qui,» dichiarò.
«Salperà per la Giamaica questo pomeriggio,» disse Shandy. Anche se aveva un sorriso largo e gentile sulla faccia, con la coda dell’occhio stava misurando iarde e pollici e domandandosi con quale rapidità avrebbe potuto raggiungere la sciabola di Skank.
«Non sei più il suo comandante,» proseguì stridulo Venner, la faccia ancora più scura.
«Sono ancora il suo capitano,» disse Shandy.
Gli uomini intorno si agitarono e borbottarono, ovviamente indecisi da che parte volevano stare. Shandy colse un frammento di una frase: «…maledettamente ubriaco per un capitano…»
Poi Woefully Fat fece un passo avanti. «Jenny andrà in Giamaica,» disse col tono di un profeta del Vecchio Testamento. «Si parte adesso.»
Gli uomini erano sorpresi, perché neppure Skank si era accorto che il bocor di Davies in quest’occasione era alleato di Shandy; e sebbene questi non staccasse gli occhi dalla faccia di Venner, poté sentire la loro fiducia spostarsi verso di lui.
Venner e Shandy si fissarono l’un l’altro per diversi secondi, poi Skank sguainò la sciabola e la lanciò a Shandy, che la afferrò per l’impugnatura senza distogliere lo sguardo da Venner. Alla fine Venner guardò la lama nella mano di Shandy, e Shandy capì che Venner aveva deciso che lui non era abbastanza ubriaco da potergliela strappare di mano. Quindi Venner guardò gli altri uomini, e la sua bocca divenne una linea stretta e amara mentre, chiaramente, realizzava che la marea emotiva si era rivolta contro di lui quando Woefully Fat aveva parlato.
«Beh,» borbottò Venner, «vorrei che tu… ci tenessi meglio informati su queste cose, capitano… Io…» Fece una pausa, poi ricominciò, espellendo le parole come se gli facessero dolere i denti mentre passavano. «Certo… non intendevo urtarti.»
Shandy sogghignò e gli diede una pacca sulla spalla. «Nessun problema!»
Si voltò ed esaminò la sua ciurma — e fece attenzione a non far apparire sul volto il disappunto e l’apprensione che provava. Questa ciurma, pensò, è una testimonianza dell’efficacia della tattica di Woodes Rogers: i soli ad arruolarsi adesso per un’azione piratesca sono quelli che sono troppo stupidi, sanguinali o indolenti per potersela cavare in una situazione in cui regna la legge. E potrà benissimo rivelarsi un viaggio piratesco questo, se non riusciremo a trovare il Carmichael — queste canaglie chiederanno un bottino.
Qui termina il mio perdono, molto probabilmente, pensò. Ma forse è meglio essere un fuorilegge con uno scopo piuttosto che un cittadino senza.
«Skank,» disse, decidendo che il giovane era il più affidabile di loro, «tu sei il quartiermastro.» Notò, ma non lo diede a vedere, il cipiglio fugace di Venner. «Conducili tutti a bordo. Partiremo prima che i ragazzi della Navy possano immaginare le nostre intenzioni.»
«Signorsì, capitano.»
E venti minuti dopo la Jenny, senza alcuna fanfara, ma con qualche occhiata incerta degli ufficiali a bordo della H.M.S. Delicia, salpò per l’ultima volta dal porto di New Providence.
CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO
Chiazze di mattutina luce solare tappezzavano il balcone rivolto a sud di una delle case più maestose sulla collina sopra Spanish Town, e quando i rami degli alberi del pepe agitati dalla brezza lasciavano trapelare il sole direttamente sull’elegante uomo barbuto seduto al tavolo della colazione, lui istintivamente si schermava il volto, poiché era importante per lui conservarsi senza rughe e giovanile per quanto gli era possibile. Innanzi tutto, gli investitori sembravano ritenere che un uomo più giovane dovesse saperne di più sui mercati correnti e gli sviluppi più recenti dei prezzi e del valore delle monete; e in secondo luogo, lo scopo di raggiungere la ricchezza veniva a mancare se colui che se lo prefiggeva era già vecchio.
Un altro gemito dal piano di sopra fece tremare la sua mano cosicché uno schizzo di tè cadde nel piattino invece che nella tazza di porcellana. Maledizione, pensò l’uomo che si faceva chiamare Joshua Hicks mentre stizzito metteva giù la teiera con un tonfo. Perché uno non può fare colazione in pace sul suo balcone senza tutti questi… lamenti? Sei giorni ancora, rammentò a se stesso, e poi avrò concluso il mio patto con quel dannato pirata. Lui farà quello che deve fare, la porterà via di qui e mi lascerà in pace.
Ma proprio mentre il pensiero passava per la sua mente, lo riconobbe come un vano desiderio. Non mi lascerà mai in pace, comprese, fin quando sarò uno strumento anche solo lontanamente utile per lui.
Forse dovrei porre fine alla mia utilità, come il povero Stede Bonnett ebbe il coraggio di fare quando si trovò in questo genere di situazione, con Barbanera… consegnarmi alle autorità, confessare… Per l’inferno, ho incontrato Bonnett un paio di volte quando i caprìcci del mercato dello zucchero lo spinsero a viaggi d’affari fino a Port-au-Prince, e lui non era né un eroe, né un santo…
No, pensò, guardando al di là della balaustra luccicante del balcone, e al di là delle fronde dei palmizi che ondeggiavano nella fredda brezza di montagna, le terrazze digradanti delle case bianche che costituivano la zona residenziale di Spanish Town, e, in distanza, appena visibile lungo il limite del mare azzurro, il rosso delle tegole della sopravvissuta propaggine di Port Royal nell’entroterra. Allungo una mano di lato, sollevò il tappo di una caraffa di cristallo e versò del cognac ambrato, che scintillava aureo nel sole mattutino, nel suo tè. No, comunque fosse, Bonnett era un uomo più coraggioso di me. Non potrei mai fare ciò che ha fatto — e anche Ulysse lo sa, dannazione a lui. Se devo vivere in una gabbia, ne preferisco una lussuosa, con sbarre che, sebbene più robuste del ferro, non si possano vedere o toccare.
Scolò il tè corretto e si alzò in piedi, assicurandosi di avere un sorriso calmo sulla faccia prima di voltarsi per fronteggiare il salotto… e la testa di cane impagliata appesa al muro come un meschino trofeo di caccia.
Attraversò l’ampio salotto fino al corridoio, ma conservò il sorriso, poiché c’era una testa di cane appesa anche là. Ricordò, con un brivido che fece vacillare il suo sorriso, il giorno di settembre, poco dopo il suo arrivo là, quando aveva coperto con un panno ogni testa di cane presente nella casa; ciò gli aveva dato una gradevole sensazione di intimità, ma nel giro di un’ora la spaventosa domestica nera era entrata, senza bussare naturalmente, aveva percorso ciabattando tutta la casa e aveva tolto i drappi. Non gli aveva mai lanciato un’occhiata, e naturalmente non avrebbe potuto parlare con la mandibola legata in quel modo, ma la visita lo aveva così sconvolto che non aveva mai più tentato di accecare le spie di Ulysse.
Rinvigorito dal brandy, e dalla consapevolezza che la domestica di solito non arrivava fino a metà mattina, Hicks salì pesantemente le scale e si mise ad ascoltare fuori dalla porta della camera dell’ospite. Non si udivano più gemiti, così tirò il chiavistello d’ottone, girò il pomello di legno e aprì la porta.
La giovane donna era addormentata, ma si svegliò con un grido quando, muovendosi in punta di piedi nella stanza in penombra, lui accidentalmente colpì con un calcio la cena intatta che lei aveva lasciato sul pavimento — la scodella di legno si capovolse a mezz’aria e cozzò contro la parete, spargendo la verdura sul tappeto. Lei si alzò a sedere sul letto e lo guardò stringendo gli occhi. «Mio Dio… John…?»
«No, maledizione,» disse Hicks, «sono io. Vi ho sentita gemere, e volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto. Chi è questo John? Mi avete scambiato per lui, prima.»