«Oh.» Beth Hurwood si accasciò, con la speranza che svaniva dai suoi occhi. «Sì, è tutto a posto.»
C’erano tre teste di cane in quella stanza, così Hicks si raddrizzò in tutta la sua altezza e gesticolò, severo, verso le foglie e le erbe sparse per terra. «Avete di nuovo cercato di evitare i vostri medicamenti?» chiese. «Non posso permetterlo, lo sapete. Ulysse vuole che voi li prendiate, e quello che lui vuole, io lo impongo!» Smise di annuire virtuosamente verso la testa che era inchiodata sopra il letto.
«Mio padre è un mostro,» sussurrò lei. «Un giorno imporrete la vostra stessa immolazione!»
Hicks dimenticò le teste e si accigliò, inquieto. Nei primi giorni di prigionia della donna, aveva riso alla pretesa di Beth che Ulysse Segundo fosse suo padre, poiché lei aveva sempre sostenuto che il padre aveva un braccio solo, mentre Ulysse, in maniera lampante, ne aveva due. Ma alla visita successiva del pirata, Hicks aveva lanciato un’occhiata alla mano destra di quell’uomo: era senza alcun dubbio carne viva, ma era rosa e liscia come quella di un bambino, e non aveva la più piccola cicatrice.
«Beh,» disse, burbero, «fra meno di una settimana sarà Natale. Perlomeno, allora, mi sarò liberato di voi.»
La giovane donna gettò di lato le coltri, fece ruotare le gambe e cercò di alzarsi in piedi, ma non riuscì a bloccare le ginocchia e ricadde sul letto, ansimando. «Maledizione a voi e a mio padre,» disse con voce strozzata. «Perché non posso avere del cibo?»
«Come chiamate questa roba che avete lasciato in giro perché qualcuno ci inciampi?» domandò Hicks, chinandosi per raccogliere una foglia e poi agitandola con furia davanti al volto di lei. «Fatemi vedere come la mangiate,» disse Beth. Hicks fissò dubbioso quella porzione di vegetale, poi la gettò via con una sbuffata, come per intendere che non aveva tempo per quelle sfide infantili.
«Fatemi vedere come vi leccate le dita,» insistette Beth.
«Io… non devo provarvi alcunché,» disse lui.
«Cosa accadrà sabato? Una volta avete detto qualcosa a proposito di una “procedura”.»
Hicks fu lieto che fossero tirate le tende davanti alle finestre, perché poteva sentire la sua faccia che arrossiva. «Avreste dovuto prendere i vostri medicamenti!» sbottò. «Avreste dovuto essere…» Addormentata, terminò mentalmente; sonnambolica. Non perfettamente sveglia e pronta a rivolgere imbarazzanti domande. «Inoltre, vostro pa… Capitan Segundo, voglio dire, quasi certamente sarà qui prima di allora, e io non voglio fare… quello che intendo dire è che ve la vedrete con lui!»
Annuì, risoluto, e si girò sui talloni per andarsene, ma rovinò la sua uscita dignitosa emettendo uno strillo e ritraendosi, poiché la domestica nera era entrata silenziosamente nella stanza e stava proprio dietro di lui.
Beth Hurwood scoppiò a ridere, e la domestica si limitò a tenere lo sguardo fisso, alla sua solita maniera vacua e snervante, e Hicks scappò — domandandosi, mentre aggirava in fretta la domestica, perché l’abito della donna era sempre cucito piuttosto che abbottonato, e perché, se era così fissata col cucito, non riparava le sue tasche sfondate, e perché andava sempre a piedi nudi.
Inoltre, pensò mentre si rilassava sulle scale e pescava un fazzoletto dalla manica per detergersi la fronte, mi domando perché gli altri neri temono questa donna. Accidenti, il cuoco nero che lavorava qui le gettò un’occhiata e si lanciò dalla finestra del secondo piano! E così, dopo avere scoperto che i neri si sarebbero piuttosto fatti fustigare per tutto il giorno pur di non mettere piede in questa casa per un solo secondo, sono stato costretto ad assumere dei servitori, dei bianchi. E anche molti di loro se ne sono andati.
Tornò alla sua sedia sul balcone, ma la tranquillità della mattina era infranta, e lui svuotò del tè tiepido la tazza e la riempì di cognac. Che siano dannati Ulysse e la sua “aiutante”, pensò. Non sarei mai dovuto andarmene da Haiti e cambiare nome.
Sorseggiò il brandy e aggrottò le sopracciglia, ricordando com’era stato convincente all’inizio Ulysse Segundo. L’uomo era arrivato a Port-au-Prince nella prima settimana di agosto, e aveva immediatamente cominciato a negoziare lettere di credito delle più rispettate banche europee. Aveva fatto una buona impressione: parlava francese benissimo, era colto, ben vestito, proprietario di una bella nave — che, tuttavia, teneva in un remoto ormeggio, apparentemente a causa di una donna a bordo che stava guarendo da una febbre cerebrale.
Hicks era rimasto impressionato per l’evidente ricchezza e indipendenza dell’uomo quando gli era stato presentato, e, pochi giorni dopo, quando Segundo aveva cenato con lui e gli aveva pacatamente offerto di partecipare a un paio di poco etici, ma lucrativi, investimenti era rimasto impressionato anche dalla sua intima conoscenza di quella ragnatela internazionale che era l’economia del Nuovo Mondo. Con tutta evidenza, nessuna scrittura legale o cessione o compera o frode era troppo antica od oscura perché Segundo non la conoscesse o non ne facesse spietato uso. Hicks aveva sempre pensato che uno avrebbe dovuto essere in grado di leggere la mente, o di parlare coi morti, per sapere alcune di quelle cose.
E poi, in una sera molto tarda di metà agosto, Segundo era venuto nella casa di Hicks con cattive notizie. «Temo,» aveva detto mentre Hicks batteva le palpebre per il sonno e ordinava a un servitore di portare un po’ di brandy, «che tu sia in pericolo, amico mio.»
L’uomo che adesso si faceva chiamare Hicks era sveglio solo da un minuto circa, da quando Segundo, a mezzanotte, si era messo a bussare alla porta, e all’inizio pensò che Segundo volesse dire che dei rapinatori o degli schiavi fuggiaschi si stessero avvicinando alla sua casa. «Pericolo?» disse, strofinandosi gli occhi. «Ho dieci servitori fedeli e una dozzina di pistole cariche… cosa…»
«Non mi riferisco al pericolo di essere ferito stanotte,» lo interruppe Segundo, sorridendo. «Mi riferisco al pericolo di un processo fra poco.»
Questo lo svegliò. Prese un bicchiere di brandy dal servo, lo sorseggiò, e poi fissò, cauto, Segundo. «Con quale accusa?»
«Beh,» disse Segundo con una risata mentre si sedeva su una delle sedie della sala da pranzo, «è difficile dirlo. Tu ed io abbiamo un… socio d’affari in comune, e temo che lui sia stato catturato, e stia cercando di ingraziarsi le autorità implicando tutti coloro coi quali ha avuto rapporti extra-legali… contrabbando e ricettazione, principalmente, credo. Ma lui era noto per aver fatto un altro genere di favori a certi uomini d’affari caraibici: rapimenti, assassini o incendi dolosi. Grazie,» aggiunse al servitore che gli porse un bicchiere.
Hicks si sedette all’altro lato del tavolo, di fronte a Segundo. «Chi?»
Segundo lanciò un’occhiata al servitore che sbadigliava, poi si sporse in avanti. «Lo chiameremo… Ed Thatch?»
Hicks scolò il bicchiere, fece per chiedere che fosse riempito di nuovo, poi disse al servo di lasciare la caraffa e uscire. «Di quali,» disse quando l’uomo fu andato via, «rapporti extra-legali ha parlato?» Dio sapeva che Barbanera lo aveva aiutato in svariate situazioni del genere, a cominciare dall’annegamento di una troppo bene informata zia nubile, quando lui aveva cominciato a fabbricare prove che convalidassero la storia che il fratello era morto.
«Beh, è difficile, vedi. Non so. Tutti quelli che riesce a ricordare, dobbiamo presumere.» Hicks gemette e abbassò il volto nelle mani, e Segundo si sporse e riempì il suo bicchiere. «Non disperarti,» gli disse. «Andiamo, ora, guarda me: anch’io sono implicato, almeno tanto terrìbilmente quanto te, e ti sembro abbattuto? C’è una via d’uscita da ogni disastro, eccetto quello definitivo.»