Sii a bordo, pregò Chandagnac, sii a bordo e agita il braccio. Io non voglio essere coinvolto in questa faccenda. Gli venne in mente, in quel momento, che era più contento di stare su quella fredda scogliera che a casa, poiché il giorno prima quella terribile domestica nera aveva cominciato a fare i preparativi per la magia: bruciare insetti e serpenti nel focolare — incurante dei loro morsi — per poi raccoglierne con cura le ceneri e spargerne un paio di cucchiaiate sul mucchio di foglie e radici che sarebbero state la cena della ragazza prigioniera; accordare e collaudare almeno una dozzina di fischietti di latta; sussurrare dentro svariate bottiglie vecchie e sporche e immediatamente tapparle, come per imprigionarvi le parole sussurrate. Ma la cosa peggiore di tutte era stata quella che aveva spinto Chandagnac a uscire in tutta fretta per recarsi all’appuntamento molto prima del necessario: la domestica si era aperta una vena con un rasoio nel polso ossuto e ne aveva lasciato scorrere parte del contenuto in una tazza, ma ciò che ne era uscito non era stato sangue, o qualche sorta di fluido, bensì una fine polvere nera…
Rabbrividì al ricordo. Sì, pensò, sii a bordo, Ulysse, così potrai essere colui che eseguirà la tua dannata stregoneria, ed io potrò fare tutti i preparativi per la cena di stanotte. E sarà molto meglio per te se avevi ragione quando mi hai assicurato che tutti i tuoi strumenti magici saranno sgomberati dal giardino prima delle tre, quando arriveranno i servi per sistemare tutto.
Scrutò di nuovo attraverso il telescopio. Il cielo era più luminoso e la nave più vicina, e lui poté vedere che si trattava proprio dell’Orfeo Risalito… che appariva un po’ malconcio, ma procedeva abbastanza speditamente.
Fin qui tutto bene, pensò con acuta soddisfazione. Nel giro di mezzora starò correndo verso est, verso Spanish Town… pranzerò e berrò qualcosa al club, e mi terrò ben lontano da casa finché Ulysse non avrà terminato il suo spaventevole affare… quindi farò arricciare la mia parrucca e mi assicurerò che tutti i miei abiti siano immacolati. Forse schiaccerò un pisolino. È essenziale che io scacci dalla mia mente tutte queste spiacevolezze in modo da poter fare una buona impressione a questo Edmund Mordila.
Anche nella sua parziale solitudine Chandagnac aveva sentito parlare di Mordila — quell’uomo di grossa corporatura, calvo e dalla faccia liscia, ricchissimo, che aveva attraccato nel Porto di Kingston alla fine di novembre e del quale si diceva che aveva fatto sostanziosi investimenti in ogni genere di attività caraibica, dallo zucchero alle terre e agli schiavi. E Mordila la settimana precedente aveva davvero scritto a Joshua Hicks, proponendogli una società per l’acquisto di un terreno. Chandagnac aveva risposto dichiarando un entusiastico assenso, poiché vedeva Mordila come un possibile strumento per affrancarsi da Ulysse Segundo. E quando Mordila aveva a sua volta replicato con una lunga lettera amichevole, nella quale menzionava il suo desiderio di sposare qualche giovane donna vivace, preferibilmente coi capelli castani, Chandagnac era così ansioso di ingraziarselo che nella sua lettera successiva aveva menzionato la giovane donna «con appena un accenno di febbre cerebrale» che soggiornava nella sua casa. Nella medesima lettera aveva invitato Mordila alla sua cena natalizia, e rimase così compiaciuto quando Mordila gli rispose accettando l’invito che non si lasciò preoccupare dal poscritto di Mordila, nel quale quell’uomo ricchissimo dichiarava di essere fortemente interessato a incontrare la giovane donna.
Una lancia di rossa luce solare nell’angolo dell’occhio lo scosse dal suo sogno diurno, e quando lui sollevò il telescopio questa volta lo tenne sollevato, perché la nave stava passando davanti alla scogliera sulla quale era appollaiato, mostrandogli il profilo di babordo. Sembrava essersi presa la sua porzione di tempesta — diversi pennoni erano spezzati, e gran parte del sartiame era stata semplicemente recisa e slegata, e in qualche modo una delle vele inferiori del trinchetto si era lacerata e staccata, e ora formava una sorta di tenda intorno alla piattaforma delle crocette — ma lui poté chiaramente vedere degli uomini sul ponte. Li scrutò con ansia, appoggiando il fusto del telescopio sul ramo di un albero per tenerlo fermo, e dopo alcuni istanti fu certo di aver avvistato Segundo.
L’uomo stava in piedi vicino all’albero di trinchetto con la schiena alla riva, ma Chandagnac riconobbe la figura, gli abiti e i capelli bianchi… e poi Segundo si voltò per fronteggiare la scogliera, e Chandagnac scoppiò in una risata di sollievo, poiché non c’era possibilità di confondere quella faccia scoscesa e quello sguardo fisso. Mentre Chandagnac osservava, Segundo piegò il ginocchio sinistro e sollevò il piede su uno dei sostegni della battagliola, e, sebbene tenesse la mano destra nella tasca della giacca, fece ampi gesti con la sinistra, annuendo con fare rassicurante per tutto il tempo.
Chandagnac agitò il telescopio sopra la testa, anche se era improbabile che il gesto fosse visto, e non si accigliò neppure quando il cilindro scivolò dalle sue dita fredde e intorpidite e roteò via per andare a infrangersi sulle rocce sottostanti. Fischiettando allegramente, si voltò e si diresse con passo deciso verso la carrozza in attesa.
E Shandy, nascosto sulla piattaforma delle crocette dietro la vela inferiore del trinchetto, di botto si accasciò nell’imbracatura che lo teneva ancorato all’albero, mentre lo scintillio iridato dell’incoscienza, a lungo tenuto a bada, finalmente riempiva la sua visuale e lo sopraffaceva. Le sue mani scivolarono via dalla croce coperta di sangue del pupazzo che lui aveva realizzato, ed essa rimase in bilico per un momento sull’estremità del pennone, e poi cadde di lato e rimase appesa là, facendo assumere improvvisamente al pupazzo sul ponte sottostante una posizione sorprendente: il cadavere di Hurwood, sebbene tenuto ancora più o meno dritto dai fili come se fosse una marionetta, adesso era piegato all’indietro a un angolo di quarantacinque gradi, e sorrideva fiducioso verso il cielo, estendendo la gamba sinistra all’infuori e al di sopra della testa, come un danzatore congelato in un momento particolarmente dinamico.
Per diversi secondi i pirati guardarono con la bocca spalancata quel prodigio, e poi uno di loro si fece il segno della croce, sfilò la sciabola e tirò un fendente alla corda cucita alla spina dorsale di Hurwood, allo scalpo, agli arti e alla mano sinistra. La fune bruscamente allentata guizzò verso l’alto, colpendo Shandy sulla guancia, la testa di Hurwood si afflosciò all’indietro e il corpo si agitò rumorosamente e si abbatté con un tonfo sul ponte. Col sibilo della corda che scivolava rapidamente sull’estremità del pennone, la croce della marionetta venne giù e colpì il ponte un momento dopo. Il cadavere giacque scomposto come una bambola rotta, poiché il rigor mortis era già iniziato, e Shandy era stato costretto a operare con la sega prima di darsi da fare con ago e corda.
Destato dalla sferzata della corda, Shandy si guardò intorno sbattendo le palpebre e cominciò ad alzarsi e a togliere il suo peso dalla fune che gli passava sotto le braccia.
«Gettatelo fuori bordo,» disse Skank sul ponte sottostante, indicando il cadavere oltraggiato di Hurwood.
«No!» strillò Shandy, quasi riperdendo conoscenza per lo sforzo.
I pirati lo fissarono.
«Né… il suo corpo,» disse Shandy con voce stridula, ancora cercando di portare i piedi sull’estremità del pennone, «e neppure una goccia… maledizione a queste corde!… del suo sangue… devono finire in mare.» Coi piedi finalmente sotto di lui, si raddrizzò, trasse diversi respiri profondi, e quindi guardò in basso. «Mi avete capito? Dovrà essere cremato quando mi avrete portato a terra.»