— È venuto per sapere com’è andato l’incontro.
— Naturalmente. Le ho detto che non posso mai considerarmi davvero solo e adesso sono seriamente arrabbiato con i Lugala. Non lascerò che mi mettano da parte.
Anna finì il vino. Il bicchiere di Nicholas era su uno dei tavoli, non toccato. Lei lo prese, lo portò in cucina e ne vuotò il contenuto nel recipiente dal quale, poco prima, lo aveva versato.
22
Il generale non era nel suo ufficio, perciò ho aspettato, guardando l’intricata giungla che riempiva una delle pareti della stanza. Cose volanti sfrecciavano tra le ombre. Animali come grosse cimici strisciavano sui tronchi degli alberi. Conoscevo il posto: un inferno che il Popolo era finalmente riuscito ad abbandonare sebbene odiasse… odiare è la parola giusta… perfino ammettere d’esservi stato sconfitto. Ettin Gwarha c’era stato per trattare la ritirata non con gli indigeni… il Popolo non era mai stato in grado di stabilire dei contatti con loro… ma con vari ufficiali anziani frustrati che se la prendevano l’uno con l’altro.
Durante quei negoziati, un giorno che ero particolarmente nervoso, ero andato a fare quattro passi ai margini del nostro accampamento e avevo incontrato una delle formidabili armi biologiche che gli indigeni avevano creato o che erano già lì. La cosa mi aveva quasi ucciso.
Perché il generale stava guardando uno dei più grandi fallimenti della sua specie? Sebbene si fosse comportato bene su quel pianeta. I vari ufficiali anziani erano stati convinti a collaborare. La ritirata aveva avuto luogo con ordine. Il generale aveva ottenuto una promozione e io ero diventato più attento a quello che toccavo.
La porta si è aperta. Ho guardato il generale poi di nuovo la giungla.
— Quasi certamente non erano intelligenti — ha detto lui.
— Quali specie?
— Tutte. Quella che pensavamo fosse collaborazione era simbiosi. — Si è girato per mettersi davanti a quella giungla color porpora. Qualcosa con molte zampe stava strisciando sul terreno. A occhio e croce, era lunga un paio di metri. — Pensavo, forse non è possibile combattere con un’altra specie, certamente non con qualcosa come le creature del pianeta. Si possono uccidere come animali. E perché preoccuparsene? Non c’era nulla sul pianeta di cui avessimo potuto aver bisogno, tranne un nemico, e quel nemico non comprendeva le regole della guerra. — Si è seduto alla sua scrivania, indicando l’unica altra sedia della stanza. L’ho presa e gli ho parlato dell’incontro tra le donne e Anna.
— È una leggenda di cui non ho mai sentito parlare — ha detto, dopo che ho finito di metterlo al corrente. — Molto probabilmente appartiene a una delle culture studiate. Per quello che ne so, le mie zie non hanno parlato con Tsai Ama Ul. E avrebbero dovuto. Tsai Ama Ul pensa alla procreazione il che significa che pensa a delle alleanze. È una storia interessante. Si dipana in molte forme diverse. — Ha guardato oltre me, alla giungla, e i suoi occhi si sono spalancati. Mi sono voltato sulla sedia.
C’era qualcosa di nuovo nella radura: un corpo rotondo bilanciato su sei altissime zampe. Sovrastava il centipede che si era fermato. Due ulteriori arti si sono dispiegati, si sono allungati fino al suolo e hanno cominciato a colpire il centipede prima sulla testa, poi sulle mandibole a tenaglie.
— Sta procurandosi il cibo. Ricordo che uno dei rapporti diceva che molti animali con tante zampe producono una sostanza come miele. — Mi ha guardato per essere sicuro di aver usato l’esatta parola inglese. — L’animale rigurgita poi la sostanza se ci si avvicina nel modo giusto.
Dopo una pausa riprese a parlare: — La nostra situazione si è complicata. Lugala Tsu non è più un problema. Per essere un frontista bisogna saper trattare con i frontisti. Ma le donne! Hah! — Ha taciuto, evidentemente riflettendo ma incapace di dire altro. Ci sono uomini hwarhath che si lamentano delle loro parenti femmine, alcuni a voce alta e in continuazione. Il generale pensa che questa sia la peggiore delle cattive maniere, per non parlare del carattere debole che rivela in chi lo fa. — Ho come l’impressione — ha ripreso, cauto — che potrebbero aver avuto qualche discussione con Lugala Minti e che abbiano negoziato con Tsai Ama Ul in patria. Non avevano alcun bisogno di fare tanta strada.
— Non puoi dire al Weaving che cosa deve fare.
— Questo lo so, Nicky. Adesso puoi andare. Voglio starmene da solo a guardare la mia giungla e a pensare.
Dalla porta, mi sono voltato. Le lunge zampe avevano finito quello che avevano intrapreso. La creatura le aveva ripiegate e si era allontanata. Il centipede era sul terreno, immobile. Sembrava dormisse.
— Va’ — ha ripetuto Ettin Gwarha.
23
Quella sera lui aveva un party. Sono rimasto nel mio ufficio a ripassarmi le registrazioni degli umani: le loro conversazioni private nelle stanze che credevano sicure. Non avevamo immagini, solo voci, voci che parlavano di tutto. E perlopiù di importanza strategica. L’intelligence hwarhath le aveva già sentite. Si trattava del doppio controllo.
A volte penso che gli umani parlino per la stessa ragione per cui le scimmie si spulcino. Non si tratta di comunicazione, ma di contatto. E quel contatto dice: "Sono qui. E sono amico. Non sei solo".
Forse è per questo che il Popolo sembra che chiacchieri meno degli umani. Il Popolo può spulciarsi. Non ha bisogno di parlare del tempo e di come va la squadra locale o, come in questo caso, di quanto si senta la mancanza della Terra… del gioco del cricket, di un giardino in Svezia, del cibo in India, di un teatro a New York.
Penso di poter sopportare la nostalgia, ma sembra maledettamente vicino al rimpianto.
Ho smesso e sono andato nei miei alloggi, mi sono fatto una doccia, preparato un sandwich e mi sono messo a leggere.
Alla fine dell’ottavo ikun mi ha chiamato Ettin Gwarha. — Nicky, vieni subito.
Voce di comando. Mi sono vestito e sono andato.
La puzza mi ha colpito prima che la porta si aprisse: l’aroma dolce amaro di halin misto a quello acido di corpi hwarhath che cercavano di liberarsi dalle tossine. Deve esserci stata un sacco di gente a un certo punto della serata. I tavoli erano ingombri di coppe di halin e boccali.
Tre erano rimasti. Hai Atala Vaihar mi ha guardato, sobrio e preoccupato. Shen Walha gli sedeva accanto, di fronte al generale. Lui aveva le spalle curve e la testa ciondoloni. Stringeva ancora una coppa di halin.
— Qui, Nicky. — Ha indicato il divano accanto a lui.
Mi sono seduto, guardandolo appena di sbieco mentre lo facevo, incontrando il suo sguardo. Aveva le pupille ristrette ma ancora visibili.
— Stavamo parlando di umanità. — Il generale ha parlato con cautela, attento ad articolare ogni sillaba correttamente. — Ho pensato che potesse interessarti. Wally…
Shen Walha ha sollevato la testa. I suoi occhi gialli erano vuoti. Sbronzo. Ho abbassato lo sguardo sul pavimento.
— Il primo difensore ha sollevato la questione. — Era più ubriaco di Gwarha ma parlava meglio. — Come combattere con gente che non comprende le regole della guerra? Come ottenere la pace se non possiamo interagire? Ho detto che non c’è modo. Ho detto che dobbiamo uccidere gli umani come animali.
— E ti ho fatto venire — ha detto Gwarha. La sua voce profonda era molto morbida.
— Forse questa non è una conversazione da ora così tarda, dopo un party — ho detto.
Wally ha vuotato la coppa d’un fiato e l’ha deposta sul tavolo davanti a lui. Si è sporto in avanti, appoggiando i gomiti sulle sue ampie cosce pelose. — Hai ragione, Nicky, non lo è. Ma sono sobrio e non dirò cosa penso, ma se non lo dico non servirò il primo difensore o il Popolo. Lo dico direttamente a Ettin Gwarha e a te. Gli umani non sono persone vere, e se pensiamo che lo siano, deluderemo noi stessi e ci cacceremo in una trappola pericolosa.