— Huh — disse Anna.
— Sta succedendo qualcosa? — domandò lui.
— Non voglio parlarne.
Matsehar tacque per un po’, mentre faceva strada per una serie di corridoi che ad Anna non sembravano familiari. — Nicky è nei guai?
— Sì.
— Che genere di guai?
— Non posso dirglielo.
— Devo tornare indietro a chiederglielo?
Anna ci pensò un momento. — Non vuole che lei sia coinvolto.
— Allora è una cosa seria. Tornerò indietro non appena l’avrò accompagnata dove vuole andare.
Raggiunsero un ascensore. Li condusse a zero G, per cui entrarono nello shuttle fluttuando, osservati da un paio di hwarhath dell’equipaggio ancorati al pavimento con i sandali. Anna trovò un sedile e vi si assicurò.
Matsehar disse: — Arrivederci. Spero che il suo problema, quale che sia, si risolva facilmente.
Se ne andò e Anna sentì una porta chiudersi.
Uno dei hwarhath dell’equipaggio disse: — Avremmo dovuto dirglielo, signora Perez. C’è un altro passeggero.
25
Ho controllato Gwarha. Era ancora svenuto, il che era preoccupante. Ormai doveva essersi ripreso. Poi mi sono aggirato per la stanza, cercando di non pensare al futuro. Sapevo che non avrei accettato l’opzione. Era stata disponibile per tutto il tempo che ero stato in prigione… oltre tre anni… e non mi era mai sembrata minimamente attraente, anche se l’alternativa era stata una vita trascorsa in dodici stanzette con sei uomini dell’equipaggio della Free Market Explorer. Militari di carriera. Era simile a una bolgia dell’inferno di Dante, o alla commedia di quel come-si-chiama, il filosofo francese.
Una voce ha detto: — Nicky.
Matsehar. Era nell’anticamera.
— Perché sei tornato?
— Anna ha detto che stava succedendo qualcosa.
— Si sbaglia. Non si sente bene. È tutto a posto.
— Esci — ha detto. — Lo sai che mi piace guardare le persone con le quali parlo.
Merda, sì, lo sapevo, e sapevo anche che Mats era capace di essere ostinato come un mulo. C’erano buone probabilità che non se ne andasse finché non l’avesse avuta vinta. — Aspetta. — Ho raggiunto Gwarha. Era ancora svenuto. I nodi erano stretti e il polso era forte e regolare.
Sono uscito nell’anticamera, velocemente, perché Mats non avesse la possibilità di guardare dentro.
Era in piedi, le spalle diritte, e aveva l’espressione che aveva sempre quando discuteva con attori e musicisti: spietata determinazione unita alla sensazione di essere nel giusto. Mats non vede il mondo in sfumature di grigio tranne… a volte… quando scrive una commedia. — Non ti credo. Non sono un esperto in umanità, ma Anna sembrava in buona salute, e non credo che sia una bugiarda.
Il bugiardo ero io, come tutti sapevano. La mia reputazione!
— Anna si sbaglia, Mats. Te lo prometto.
Lui ha mantenuto l’espressione di spietata determinazione.
— Il primo difensore non è di buon umore, oggi. — Una leggera attenuazione della verità. — Credo che faresti meglio ad andartene, prima che si arrabbi.
Mats ha lanciato un’occhiata alla porta dell’ufficio del generale. — È là dentro.
— Sì.
— Vorrei vederlo.
— Perché? Non hai niente a che fare con lui, e voi due non siete mai stati di alcuna utilità l’uno per l’altro.
— Sono assegnato al suo comando. Ho il diritto di vederlo. Lo voglio.
A quel punto, mi sono ricordato del dispositivo di sorveglianza nell’anticamera. Molto probabilmente, nessuno stava guardando, tranne un programma del computer. Ma se il programma decideva che stava accadendo qualcosa di strano, avrebbe allertato una persona, e io mi sarei trovato nei guai. Non che non ci fossi già.
Accidenti al Popolo e alla loro mania di sapere tutto l’uno dell’altro. Perché non ero stato capace di farmi coinvolgere da una specie meno paranoica? O un sesso meno paranoico?
— Mats, sono nel bel mezzo di una discussione con il primo difensore. Si tratta di una discussione privata. Vorrei poterla finire senza interruzioni.
Adesso lui è sembrato in dubbio. — È così? Una delle vostre liti? Perché non l’hai detto ad Anna? Sembra preoccupata. Credo che sia preoccupata. Non è sempre possibile esserne certi con gli umani.
— Lo sai cosa pensano gli umani del comportamento decente. Se faccio qualcosa per ricordarle cosa sono la metto a disagio.
Ha aggrottato la fronte, un’aria infelice. — Non mi piace pensare che sia di vedute limitate come il resto della sua specie.
— Nessuno è perfetto.
(Gwarha, se riesci a trovare il modo, di’ a Matsehar che questa era una menzogna. Non voglio che pensi male di Anna.)
— Avresti dovuto escogitare qualcosa per impedirle di preoccuparsi, soprattutto se è ammalata. Perché doveva sapere che si trattava di una lite tra amanti? È qualcosa di più di una discussione.
— Hai ragione, avrei dovuto, ma non l’ho fatto, e devo tornare nell’ufficio. Avrai certamente qualcosa di meglio da fare che restare nell’anticamera di Ettin Gwarha.
Lui ha fatto segno di sì con la testa. — Domani e domani.
— Cosa?
— Nicky, cosa c’è che non va? Dovresti riconoscerlo. È il Macbeth. Sei sicuro di star bene?
— Non crederesti alla discussione in cui mi trovo. Ma tocca a me gestirla. Dipanarla.
Lui se n’è andato e io sono tornato nell’ufficio.
Il generale era in piedi presso il tavolo, una mano sull’intercom. Mi ha guardato, poi ha sollevato l’altra mano. Stringeva il pugnale: l’emblema del suo ufficio, tagliente come un rasoio.
Mi sono fermato e ho fatto il gesto di presentazione e di riconoscimento. La porta si è chiusa alle mie spalle.
Il generale ha spento l’intercom. — Era la sicurezza. Volevano sapere se dovevano controllare la situazione nella mia anticamera. Ho detto di no. Siediti, Nicky.
Mi sono seduto su una delle sedie di fronte al tavolo e mi sono appoggiato allo schienale, allungando le gambe e accavallandole. Una posizione difficile dalla quale uscire, e un segnale che non avevo altri progetti violenti.
— Non sei mai stato bravo nei particolari pratici — ha detto. — Quando leghi qualcuno, non legarlo attorno agli stivali. Non è possibile stringere bene i nodi. E non lasciare la persona in una stanza con un coltello.
Ho chinato la testa. Lui era senza scarpe. — Non avrei dovuto lasciare la stanza; ma è arrivato Mats e dovevo liberarmi di lui.
— È coinvolto? Hai coinvolto nel tradimento il più grande commediografo? È una cosa disprezzabile.
— Lui non ha idea di quello che succede. Matsehar non farebbe mai niente per tradire il Popolo.
Ha posato il pugnale ma vi ha tenuto la mano vicino. — Adesso, dov’è Anna?
— Scoprilo.
Ha acceso l’intercom e ha chiamato la sicurezza. Hanno impiegato un paio di minuti. Anna era sullo shuttle, e lo shuttle era a metà strada verso la nave umana, la quale sapeva che Anna era in arrivo. Ancor peggio, c’era un altro umano sullo shuttle con Anna: Etienne Corbeau.
— Un corriere — ha detto l’intercom. — Gli umani avevano chiesto per domani un passaggio sulla nave per quella persona su un viaggio regolare dello shuttle. Abbiamo detto loro che lo shuttle stava per fare un viaggio speciale oggi.
Lui ha emesso un sibilo di rabbia e ha rovesciato la mano sul tavolo vicino al pugnale. Io ho tenuto lo sguardo fisso sui miei piedi.
La persona nell’intercom ha detto: — Non ho capito il tuo ultimo ordine, Primo Difensore.
— Passami il pilota dello shuttle.
L’hanno fatto e il generale ha chiesto di Anna. Dopo di che, per un po’ c’è stato silenzio, rotto soltanto dal rumore di fondo della curvatura.