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Non c’era nessun buco. Solo un bernoccolo delle dimensioni di una pallina da golf.

Il suono cessò.

Pen aprì gli occhi. Il corridoio era appena rischiarato dal riflesso delle prime luci del mattino.

Giaceva a stomaco in giù sul pavimento, la guancia contro il tappeto. Si tirò su appoggiandosi a mani e piedi, strinse forte gli occhi mentre una fitta di dolore le dilaniava la testa.

Fortuna che non ti sei ammazzata, da come…

Rumori dalla porta d’ingresso. Qualcuno tentava di forzare la maniglia? Un leggero grattare e il clic di metallo contro metallo.

Pen liberò i piedi dal cordone e si alzò. Corse in camera e afferrò il coltello sul comodino. Le batteva la testa. La nuca bruciava a ogni passo quando di corsa scavalcò il cordone, balzò nel corridoio fino in soggiorno.

La porta d’ingresso era aperta!

Solo di pochi centimetri, ma abbastanza da lasciar passare una mano.

La mano stringeva lo schienale della sedia, scuotendola, nel tentativo di allontanarla da sotto la maniglia.

6

«Sbrigati!»

«Sto provando.»

«Lascia fare a me.»

«Quasi fatto.»

«Andiamo!»

Con la mano sinistra sulla maniglia esterna, Bodie spinse la porta con il braccio destro. La sedia all’interno scivolò di poco. Lui la tirò. Era sicuro di poterla scostare, ma si chiedeva che cosa Melanie gli avrebbe chiesto di fare con la catena di sicurezza. Aprire la porta con un calcio e staccare il supporto dal muro?

Poi sentì un rumore di passi pesanti. Qualcuno caricava dall’altra parte dell’uscio.

«Bastardo!»

Bodie si ritrasse contro Melanie, abbassò il braccio. Dalla fessura spuntò fuori una lunga lama. Lui indietreggiò barcollando il più rapidamente possibile mentre la lama si avvicinava. La punta gli scalfì quasi un fianco.

I suoi piedi incontrarono quelli di Melanie. Bodie cadde contro la ragazza. Le sbarre della balconata mandarono un tintinnio quando Melanie le colpì.

Un braccio coperto da una felpa blu agitò un coltello tagliando l’aria.

«Pen!» farfugliò Melanie.

Il braccio si fermò. La lama si inclinò verso l’alto. Il braccio si ritrasse dall’apertura. Dopo un momento una mezza faccia apparye nella fessura, un occhio sbirciò fuori attraverso alcune ciocche di capelli biondi. E più basso, un seno nascosto dalla stessa felpa.

«Melanie?»

La mezza faccia e il seno si ritirarono. La porta si chiuse. Bodie sentì la catena contro la porta, poi l’uscio si spalancò.

Questa sarebbe la playmate dell’anno? Si chiese Bodie. La sorella bellissima?

Meno male che aveva posato il coltello. Con le dita tremanti lei scostò i capelli dalla faccia. «Mio Dio, avrei potuto ucciderti!» mormorò.

«È solo una ferita di striscio», brontolò Bodie, e reggendosi il fianco si rialzò.

Pen si sporse e guardò attorno per vedere se qualcuno aveva assistito all’aggressione. «Entrate», bisbigliò.

Bodie lasciò entrare prima Melanie. Pen chiuse la porta alle sue spalle. E si appoggiò all’uscio. Sembrava confusa, mortificata. «Io non… Mi dispiace tanto… Non so che cosa dire.»

«Che succede?» volle sapere Melanie.

Pen si strinse nelle spalle. Aveva i jeans sbottonati, si vedeva la pelle sopra le mutandine bianche. Parve accorgersene nello stesso momento in cui se ne accorse Bodie. Tirò su la lampo e allacciò il bottone alla cintura. «Ho avuto dei guai», mormorò, sfregandosi la nuca. «Venite, prendiamo una benda.»

Bodie e Melanie la seguirono in un breve corridoio. Passando davanti alla camera da letto, Bodie vide un cordone teso sul fondo della porta.

Che accidenti succede? Si domandò.

Pen lo pregò di sedersi in bagno e di levarsi la camicia. Lui abbassò il coperchio del water e sedette. Mentre si sfilava la camicia, Pen prese un disinfettante e una scatola dall’armadietto dei medicinali. Inumidì una garza nel lavabo.

«Faccio io», intervenne Melanie.

La ragazza si accucciò accanto a Bodie, gli ripulì il sangue e premette la garza bagnata sul taglio. Con il braccio alzato, Bodie osservava. Lei mise via il batuffolo. Sotto l’ultima costola c’era un bel graffio. Il sangue sgorgava. Melanie tornò a coprire la ferita.

Pen svolse una benda. «Non capisco», disse con voce smarrita. «Come mai siete qui?»

«Ho avuto una visione», spiegò Melanie.

«Di me?» fece Pen corrugando la fronte.

«Non ne sono sicura.» Melanie sollevò il batuffolo di garza e spruzzò il disinfettante sulla ferita. Bodie non poté fare a meno di ritrarsi. Mentre il sangue riprendeva a spillare, Melanie prese la benda dalla mano di sua sorella e la premette sul taglio. «Fatto», annunciò.

«Grazie.»

«Siete venuti da Phoenix… a causa di una visione?»

«Esatto.» Melanie si rialzò. «Ah, questo è Bodie, fra l’altro.»

«Mi dispiace di averti ferito, Bodie», disse Pen. Appariva così mortificata che lui credette stesse per piangere.

«Non preoccuparti.»

«Credevo che fosse… qualcun altro.»

«Chi?» volle sapere Melanie.

«Non lo so. Ieri sera ho ricevuto delle telefonate oscene.» Pen si voltò, infilò la mano nell’armadietto dei medicinali e prese una boccetta di pillole. Poi si accorse di aver sbagliato prodotto e strinse con le dita il ripiano. Aspirina. Dopo aver riempito un bicchiere d’acqua, inghiottì quattro pastiglie. «Sono a pezzi», mormorò. «Ho sbattuto la testa.»

Melanie e Bodie si scambiarono un’occhiata. «Vedi, te l’avevo detto.» Melanie si rivolse alla sorella. «Sapevo che eri in un guaio terribile. La mia visione… Era come quella che ho avuto quando la mamma è annegata.»

«Be’, io non sono morta, comunque. Sebbene sarebbe stato preferibile, da come mi sento ora.» Pen fece un sorriso che somigliava a una smorfia. Si sfregò la faccia e chiese: «Avete mangiato?»

«Siamo venuti qui direttamente», rispose Bodie. Tranne per un’ora fermi su una strada desolata, una fermata che, sospettava, aveva a che fare con il fatto che Melanie lo voleva completamente soddisfatto prima dell’incontro con la sua bellissima sorella.

«Volete che vi prepari la colazione?» offrì Pen.

Mentre si dirigevano verso la cucina, Melanie notò il cordone attraverso la porta della camera da letto. «Che cos’è quello?» chiese.

«Una precauzione. Ero… Mi ero convinta che sarebbe entrato in casa. Stanotte.»

«Quello che telefona?»

«Sì.»

«Era qualcuno che conosci?»

«Non mi pare.»

Entrarono in cucina.

«Solo un anonimo maniaco che fa telefonate oscene?»

«Già.»

«Di solito sono innocui», commentò Melanie.

«Così ho sentito dire.»

«Come ti sei ferita?» s’informò Bodie.

«Ho inciampato nel cordone. Sono caduta nella mia stessa trappola», aggiunse Pen con un secco sorriso. «Uova e bacon?»

«Fantastico. Muoio di fame.»

Melanie annuì, si accovacciò per tirar fuori un tegame dalla credenza.

Pen prese una caffettiera.

«Faccio io il caffè», si offrì Bodie. «Perché non ti siedi e ti rilassi?»

«Sedermi non serve, temo. Quello che mi ci vuole sono dodici ore di sonno.» Con la mano tremante Pen versò del caffè sul banco, mentre riempiva il filtro. «Sono così stanca.» La ragazza corrugò la fronte. «Anche voi due dovete essere esausti. Avete viaggiato tutta la notte e…» La sua voce svanì come se il resto della frase non valesse la pena di essere pronunciato.

«Prima mangiamo qualcosa», suggerì Melanie. Cominciò a preparare alcune fettine di bacon sistemandole nella padella. «Perché non ci racconti che cosa è successo?»

Pen versò un contenitore d’acqua nella macchinetta del caffè. Poi si appoggiò al banco e si sfregò la nuca. «Come ho detto, ho ricevuto queste telefonate oscene.»