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Investito da un’auto. Pen pensò all’episodio di poco prima sul viale, ma nella sua mente Bodie non era riuscito a fermarla e l’auto l’aveva colpita alle ginocchia.

Papà.

Una grave ferita alla testa.

Chirurgia.

Se non altro non è morto, si disse. Se non altro non era morto quando aveva lasciato il Pronto Soccorso.

La donna l’avrebbe saputo se fosse morto più tardi? Forse no. O forse lo sapeva, ma preferiva che fosse qualcun altro a dare la notizia.

Sbucarono dal corridoio in un atrio. Le doppie porte a vetri si affacciavano sul Pico. Una donna sedeva alla scrivania delle informazioni.

«Cercherò di sapere che cosa succede», decise Bodie. «Voi due perché non vi sedete?»

Pen annuì. Guidò Melanie verso un divano vicino alla parete e sedettero.

Bodie parlò con la donna alla scrivania. Lei fece una telefonata e gli disse qualcosa. Lui andò a sedersi accanto a Melanie. «Fra poco viene un medico a parlare con noi.»

Aspettarono.

Pen si sfregò le mani sudate sui pantaloni.

Mi dispiace, abbiamo fatto quanto era umanamente possibile.

Un uomo uscì da una porta in fondo all’atrio. Camminava direttamente verso di loro. Non era il vecchio medico che Pen si era aspettata. Appariva giovane, non più di trent’anni, di bell’aspetto ed energico. Aveva scarpe da tennis bianche, ma indossava pantaloni grigi e una giacca bianca slacciata, una camicia a scacchi e una cravatta verde, allentata. Teneva in mano una cartella clinica.

Pen cercò di leggere la sua espressione. Impassibile. Il viso non tradiva niente.

Bodie si stava già alzando.

Anche Pen si costrinse ad alzarsi, Melanie esitò, poi la imitò.

«Sono il dottor Gray», si presentò il medico e strinse la mano a Bodie. «Sono il neurochirurgo che ha operato il signor Conway.» Aveva una voce gradevole, un sorriso simpatico.

«Come sta?» chiese Melanie in un bisbiglio soffocato.

«Le condizioni di suo padre sono stabili.»

Le parole del dottore dissiparono la nebbia nella mente di Pen.

Papà sta bene.

Le salirono le lacrime agli occhi. Mio Dio, lui è vivo, non è morto. «Possiamo vederlo?» domandò balbettando. Balbetto, non me ne importa.

«Certamente. Ma prima dobbiamo parlare. Da questa parte, prego.»

Parlare.

Non è tutto a posto.

Il dottor Gray li guidò in un ufficio. Sedettero sulle poltroncine, lui sullo spigolo della scrivania, di fronte.

«Vostro padre ha subito ciò che noi chiamiamo un ematoma sottocutaneo. L’impatto dell’incidente ha provocato la rottura dei vasi sanguigni nel cranio. Lo abbiamo operato immediatamente dopo il ricovero di ieri notte per aprirgli il cranio e allentare la pressione del sangue all’interno, e per fermare l’emorragia. L’intervento è andato bene. Tuttavia vostro padre ha subito un certo danno al cervello, il che è quasi inevitabile, considerando il trauma subito.» Con la fronte corrugata, il dottor Gray si sfregò la guancia come se controllasse le basette. «Ho visto pazienti in condizioni peggiori di quelle di vostro padre raggiungere una guarigione completa. Altri non sono stati così fortunati. Ma vostro padre è in ottima forma per un uomo della sua età, perciò possiamo essere moderatamente ottimisti. Al momento, però, è in stato comatoso.»

«È in coma?» ripeté Bodie.

«Non ha ripreso conoscenza dal momento dell’incidente. Tuttavia non corre pericolo immediato. Lo teniamo in vita e le sue condizioni sono controllate costantemente. Dà buoni segni di vitalità.»

«Crede che ne verrà fuori?» volle sapere Bodie.

«Non si può dire. Potrebbe uscire dal coma oggi stesso o la settimana prossima…»

«O mai», concluse Melanie.

«Esiste anche questa possibilità. Ma noi faremo tutto il possibile.»

8

Bodie stava ai piedi del letto. Melanie, accanto a lui, fissava suo padre, mentre Pen si era avvicinata all’uomo e gli teneva una mano.

Un lenzuolo copriva il petto del paziente. Dei tubi erano conficcati nelle narici e nelle braccia. La testa era avvolta nelle bende.

Il monitor che controllava il battito cardiaco mostrava una linea verde frastagliata e mandava suoni regolari come certi apparecchi alla televisione. Bodie li conosceva solo per averli visti in TV. Il respiratore mandava un suono stridulo mentre pompava aria nei polmoni dell’uomo.

Tutto molto interessante.

Non vedeva l’ora di uscire di lì.

Il dottore aveva parlato con ottimismo, come se il coma fosse solo un ostacolo minore, ma il vecchio bendato e intubato da tutte le parti, sembrava l’esperimento di Victor Frankenstein in una giornata storta.

«Papà, sono Penny. Il dottore dice che guarirai presto. C’è qui anche Melanie.»

«Ciao, papà», disse Melanie.

«Guarirai presto», ripeté Pen.

Il ferito sollevò e abbassò il petto, ma non batté ciglio. Il monitor mandava il suo bip con lo stesso ritmo.

Meno male che questo non è uno spettacolo televisivo, pensò Bodie, altrimenti la linea sullo schermo dell’apparecchio diventerebbe piatta e si sentirebbe quel lungo rumore monotono.

Finora tutto bene.

Lui, però, non voleva trovarsi lì quando sarebbe successo.

Parve che fosse trascorso parecchio tempo prima che il dottor Gray suggerisse loro di andarsene. «Potreste tornare stasera alle otto e vederlo per qualche minuto. Forse le sue condizioni saranno migliorate allora.»

Pen strinse la mano di suo padre. «Ci vediamo stasera, papà.» Gli lasciò la mano e si tirò indietro.

Melanie non disse niente, come se sapesse che era del tutto inutile.

Uscirono dalla stanza. Il dottor Gray li accompagnò all’ascensore e cercò ancora una volta di rassicurarli prima di congedarsi.

Quando le porte dell’ascensore cominciarono a chiudersi, una voce gridò: «Potete aspettare?» Bodie tenne le porte aperte. Un inserviente fece girare un lettino e lo spinse nell’interno. Sul lettino c’era una vecchia dalla faccia scavata, con i capelli unti. Bodie, che avrebbe preferito chiudere le porte, cercò di trattenere il respiro mentre l’ascensore scendeva.

Ospedali. Bei posticini.

Finalmente le porte si aprirono e lui si precipitò fuori. L’inserviente e la sua spettrale paziente rimasero nella cabina. Scendevano ancora. Che cosa c’era nel sotterraneo? Non era lì che gli ospedali tenevano i morti? Però la donna non era ancora morta.

Bodie proseguì con Melanie fino alle porte dell’atrio. E finalmente vide la luce del sole, respirò aria fresca. Be’, c’era un leggero odore di fumo proveniente dai tubi di scappamento delle auto che sfrecciavano sul Pico, ma era sempre meglio che l’aria dell’ospedale con i suoi odori di cera per pavimenti e di disinfettante, e peggio ancora, di quel latente odore di morte.

«È bello esser fuori di qui», osservò Pen.

Aspettarono all’angolo. Scattò il verde per i pedoni. Un autobus attraversò l’incrocio come se i semafori fossero installati solo per le auto. Bodie ripensò alla Porsche che aveva quasi inchiodato Pen.

Una città pericolosa.

Se le cose fossero andate diversamente, il dottor Gray avrebbe passato la mattinata a operare la testa di Pen.

Ho bisogno di dormire, pensava Bodie mentre attraversava la strada. «Forse dovremmo cercare un motel», disse a voce alta.

«Perché non restate a casa mia?» suggerì Pen. Aveva parlato con voce monotona. «Potete usare il mio letto. Io dormirò sul divano.»

Bodie provò una punta di eccitazione. «Per me sta bene.»

«Non so», disse Melanie. Anche lei parlava con voce stanca. «Forse è meglio un motel.»

«Non c’è fretta», tagliò corto Pen. «Potete decidere più tardi. Ora credo che dovremmo andare a trovare Joyce.»