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«Non lo sapevo», disse Harrison.

«Relitti della società», aggiunse Pen, citando probabilmente suo padre.

«A ogni modo, poiché pioveva, lui mi ha lasciato fuori dal ristorante. Gli ho detto che poteva farsi portare la macchina dal ragazzo del locale. Pioveva, si sarebbe inzuppato. Ma lui ha replicato: ‘La pioggia si asciuga. Non ho nessuna intenzione di affidare la mia macchina a quel cretino’. Comunque, io sono uscita e sono rimasta ad aspettarlo sotto la pensilina. Lui aveva parcheggiato dietro la banca. È proprio all’angolo. La banca, non il parcheggio. Questo è sul retro. Credo che non abbia voluto andare fino all’angolo e usare il passaggio pedonale perché era fuori strada. Così ha attraversato. Il semaforo all’angolo era rosso e non c’erano auto. Non in senso contrario, comunque. Poi all’improvviso questa macchina lo investe.» Joyce serrò le labbra in una linea sottile e fissò la tazzina del caffè che teneva sulle ginocchia. Quando riprese a parlare, la sua voce era più acuta di prima e tremava. «Non ho visto l’auto finché non lo ha colpito. Mi pare che stessi guardando da un’altra parte. L’ho visto scendere dal marciapiede, non c’era traffico, e poi ho sentito un colpo spaventoso, ho guardato e lui stava rotolando sopra questa macchina sportiva. L’auto non ha neppure rallentato dopo averlo investito. Whit… giaceva sulla strada, era scattato il verde, altre auto cominciavano ad avanzare verso di lui. Sono corsa fuori e… nessuna lo ha colpito. Io agitavo disperatamente il braccio.»

«Dio santissimo!» mormorò Pen.

«Nessuno nelle altre auto ha visto quando è stato investito?» domandò Bodie.

«Non lo so. Le prime hanno rallentato, mi sono passate di fianco e hanno proseguito. Tre o quattro. Poi qualcuno si è fermato, ma non aveva visto niente.»

«E l’addetto al parcheggio o il portiere del ristorante?» chiese Pen.

«Non hanno visto. Il portiere stava facendo entrare alcuni clienti e i ragazzi del parcheggio erano occupati a sistemare le vetture. A ogni modo, qualcuno ha chiamato la polizia, credo. Sono arrivati, gli agenti e un’ambulanza.» Joyce sospirò profondamente. Rimase silenziosa per qualche secondo fissando la tazzina del caffè, poi disse: «È così difficile credere che una cosa simile sia potuta accadere!»

«Come?» insistè Melanie. «Quell’auto che sbuca dal nulla…»

«Indubbiamente ha fatto una curva dal Cañon», ragionò Harrison, «e il conducente l’ha visto quando era troppo tardi.»

«Bastardo», sussurrò Melanie. «Non se la caverà.»

9

«Lui… o lei», osservò Harrison. «Può darsi che perda il sonno per questa faccenda, sempre che non sia stato troppo ubriaco per accorgersi di quanto succedeva, ma se qualcuno non ha preso il numero di targa, se la caverà tranquillamente. Mi sono occupato di parecchi casi che si riferivano ad auto pirata. Senza il numero di targa, si fa un buco nell’acqua.»

«Non m’importa chi è stato», confessò Joyce. «Voglio dire, m’importa, ma…»

«Dovrebbe importarti», la interruppe Harrison. «A parte le conseguenze penali e il ritiro della patente, stiamo parlando di un caso di proporzioni sensazionali. Ammettendo che il guidatore fosse assicurato…»

«Come fai a pensare in termini legali in questo momento? Whit giace in una stanza d’ospedale, mezzo…» La donna non finì la frase.

Mezzo morto, concluse Bodie per lei. O per tre quarti? Sette ottavi? La frase gli si rigirò nella mente.

«Scusami», disse Harrison. «Non avrei dovuto parlarne. È un punto discutibile, comunque. Probabilmente non sapremo mai chi era il conducente.»

Joyce si portò la tazzina alle labbra e bevve un sorso di caffè. Chiaro che la bevanda era diventata fredda, ormai. La donna fece una smorfia, si alzò dalla sedia e andò a posare la tazzina sul tavolo. Tornando al suo posto, riuscì a sorridere e si rivolse a Melanie: «Spero che tu non voglia tornare subito a scuola».

«Non subito», rispose Melanie. «Voglio restare finché…» La ragazza scrollò le spalle. «Non abbiamo ancora deciso, ma non posso certo andarmene con papà in queste condizioni. Forse Bodie dovrà rientrare, ha ottenuto una supplenza…»

«Posso fare in modo che qualcuno si occupi delle mie classi», disse lui. «Per alcuni giorni, almeno.»

«Qui ci sono tante stanze», suggerì Joyce.

Bodie ripensò all’invito di Pen. Avrebbe preterito fermarsi a casa sua, non c’era dubbio. «Non saprei», disse.

«Nessun disturbo, credetemi. Non potete andare in un motel. Sono sicura che Whit non lo permetterebbe, se fosse qui. Finché restate in città, questa è casa vostra. D’accordo?»

«D’accordo», acconsentì Melanie. «Grazie.»

Pen abbassò gli occhi. Sembrava offesa di essere stata ignorata, ma non lo disse.

Bel colpo, Mel.

«Avete mangiato?» s’informò Joyce.

«Abbiamo fatto colazione da Pen», rispose Bodie.

«Voi due dovete essere esausti. Forse volete rinfrescarvi.»

«Io non vedo l’ora di dormire», dichiarò Melanie.

«Bene, allora perché non andate a riposare? Avete con voi la vostra roba?»

«Fuori, nell’auto», disse Bodie.

«Okay. Harrison, perché non dai una mano ai ragazzi a portare i bagagli? Io vado a prendere lenzuola e asciugamani puliti.»

«Pen, tu rimani?» domandò Bodie.

«Be’…»

«Non c’è bisogno di scappar via», intervenne Joyce. «E poi sono sicura che avrai un sacco di cose da raccontare a tua sorella.»

Pen esitò.

«Non vorrai restare sola», le ricordò Bodie.

«No, suppongo di no.» Pen annuì a Joyce. «Se non ti dispiace, vorrei riposare anch’io. È stata una notte difficile.»

«Siamo d’accordo, dunque», approvò Joyce con un cenno del capo.

«Vi do una mano per i bagagli», si offrì Harrison.

«Non occorre», replicò Bodie. «Non abbiamo portato molta roba.»

«Allora io vado», decise Harrison.

Bodie si aspettava che Joyce protestasse. Sembrava che la donna volesse trattenere tutti nella casa. Ma lei si alzò quando Harrison lo fece e disse: «Grazie di tutto. Non so che cosa avrei fatto».

«Chiama, se hai bisogno di me.»

«Lo farò. Grazie ancora.»

«Tornerai a trovare Whit, stasera?» domandò Harrison.

Joyce annuì.

«Tienimi informato.»

«Certamente.»

«Sono sicuro che tutto si risolverà. Lui non è tipo da arrendersi per così poco.»

Si salutarono tutti e Harrison si voltò. Joyce non lo accompagnò alla porta.

Joyce sporse la testa dalla porta della camera da letto. «Ho messo gli asciugamani puliti in bagno. Se avete bisogno di qualcosa che non riuscite a trovare, fatemi un fischio.»

«Grazie», disse Bodie.

Joyce se ne andò. «Questa era la tua camera?» domandò Bodie.

«Un tempo, però i mobili sono nuovi.»

«Bene. Scommetto che tu non avevi un letto così.» Era un letto strano, diverso da quelli che Bodie aveva visto, un letto a una piazza con uno spazio sotto per un secondo letto. Avevano tirato fuori il letto gemello. Joyce aveva mostrato loro come dovevano fare per sollevarlo a livello del primo. «Meno male che non ha pensato di farci dormire separati.»

«Lei sa che vivo con te.»

«Però, certe persone…»

«Joyce non è mia madre.»

«È simpatica.»

Melanie inarcò un sopracciglio. Prese un sacchetto di pelle dalla valigia e annunciò: «Torno fra un minuto».

Bodie sedette sul letto, si sfregò la faccia. Si sentiva debole, con un po’ di nausea. Con il sonno tutto sarebbe passato. E dopo avrebbe affrontato con calma quella faccenda. Stavano succedendo tante cose. Troppe, voleva pensarci con la mente riposata.