Alle sei avevano finito.
Restava un’ora e mezzo prima di partire per l’ospedale.
Joyce salì al piano superiore a fare un bagno e a cambiarsi d’abito.
Nel soggiorno, Pen sedette su una poltrona, Melanie e Bodie presero posto sul divano, seduti vicini. Melanie posò la mano sulla gamba del suo ragazzo. Chiacchierarono. Ma nessuna allusione a Joyce, Harrison o papà, come se fossero argomenti tabù.
Il disagio di Pen aumentò con il passar del tempo. Trovava difficile restare immobile, sentiva una stretta al petto che rendeva precario anche il respiro. Finalmente si alzò dalla poltrona e si accovacciò sul pavimento, le ginocchia sollevate. Così andava meglio.
«Ti senti bene?» le chiese Bodie.
«Sono solo i nervi», rispose Pen.
«Forse dovresti prendere un Valium o qualcosa del genere», suggerì Melanie.
«Non credo.» Pen si sfregò la faccia. «Potrei bere un bicchierino, però.»
«Hai bevuto abbastanza», le fece notare sua sorella.
«Non mi pare, solo qualche bicchiere.»
«Pen è convinta di non poter scrivere se non si ubriaca…»
«Non sono un’ubriacona. Stasera, però, preferirei essere sbronza.»
«Che cosa te lo impedisce?»
«Voglio risparmiarvi la vista di una che entra barcollando in ospedale.»
Joyce entrò in soggiorno. Indossava un pullover bianco che sembrava di cashmere, giacca grigia in tinta con la gonna e scarpe con il tacco alto.
Joyce e Melanie con la gonna, io in jeans bianchi. Fantastico, pensò Pen.
Avrebbe dovuto chiedere a Bodie di accompagnarla a casa a cambiarsi.
Chi se ne infischia? Si domandò. Chi sono io per impressionare le infermiere? Papà non se ne accorgerà neppure. E se lo nota…
Se lo immaginava sveglio, seduto nel letto che respirava da solo, senza tubi e fili.
Non sperarci troppo. Avrebbero chiamato.
«Ti senti bene?» s’informò Joyce guardandola. «Sì, sto bene.»
«Troppo vino», decretò Melanie.
«Non abbastanza.» Pen si drizzò. «È ora di andare?»
«È un po’ presto», rispose Joyce. E rivolgendosi a Bodie soggiunse: «Vorrei guidare io».
«Benissimo.»
Joyce parcheggiò la Lincoln Continental in uno spazio libero in Pico Boulevard e scesero.
Pen, notando che non avrebbero dovuto attraversare la strada, ripensò all’auto che quel mattino per poco non l’aveva investita. Una Porsche. Un’auto sportiva.
Un’auto sportiva aveva investito papà.
La stessa che quasi sbatteva giù anche me?
Pazzesco, concluse Pen. Solo una coincidenza. Non cercare di lavorarci sopra.
L’aria della sera penetrava nella camicetta. Con un brivido, strinse le braccia sul petto e serrò i denti.
Melanie, davanti a lei, camminava rigida con le spalle abbassate, ma si appoggiava al fianco di Bodie, che le teneva un braccio attorno alla vita.
Il calore nell’atrio dell’ospedale era piacevole.
Entrarono nell’ascensore, Bodie premette il bottone. La musica nella cabina era una versione per orchestra di Bridge Over Troubled Water. Pen si chiese se la musica era stata scelta per ironia.
Quando emersero dall’ascensore, Joyce fece strada fino alla sala delle infermiere. Una di loro li guidò nel corridoio e aprì la porta della camera di papà.
Lui non era sveglio, non era seduto e non respirava per conto suo.
Sembrava come prima.
Sembrava morto.
Pen guardò il monitor. La linea sullo schermo si frastagliava a ogni battito del cuore. Ciascuna alterazione della linea era accompagnata da un bip.
Joyce si avvicinò al letto e strinse la mano del malato.
Il ritmo del cuore non cambiò.
Lui non sa nemmeno che siamo qui, pensò Pen.
«Sono Joyce. Mi senti? Capisci quello che dico?» Joyce aspettò una risposta. «Ci sono anche le tue figlie. Melanie è venuta da Phoenix per stare con te. Guarirai.» La donna tacque per un momento. Poi guardò gli altri. «Potrei restare sola con lui per qualche minuto?»
Uscirono nel corridoio e Pen chiuse la porta.
«Perché non ci vuole in camera?» sussurrò Melanie.
«È sua moglie», rispose Pen. «Desidera un po’ d’intimità con suo marito.»
«Lui è in coma.»
«Un po’ di intimità con una ragazza come Joyce potrebbe farlo uscire dal coma», sentenziò Bodie.
Melanie lo fulminò con lo sguardo.
«Scusa», borbottò lui. «La mia solita linguaccia.»
«Non preoccuparti di questo», disse Pen più a sua sorella che a Bodie.
«Mi chiedo che cosa faccia là dentro.»
«Gli parla, probabilmente», suggerì Pen. «Di cose che non riguardano né te né me.»
«Forse gli sta dicendo di morire.»
Melanie, così severa e vittoriana con il suo nastrino di velluto nero e la camicetta bianca sulla gonna nera, aveva detto ciò che non era neppure pensabile e fissava sua sorella come se Pen fosse una deficiente perché non capiva.
«Mio Dio, Mel», mormorò Pen.
«Se papà muore, lei si prende Harrison, l’assicurazione, l’eredità…»
«Sei impazzita?»
«Lei potrebbe perfino staccare la spina.»
«Scatterebbe l’allarme», bisbigliò Bodie. Aveva la fronte corrugata e scuoteva la testa. «Credo… che gli apparecchi siano collegati alla sala delle infermiere. Se succedesse qualcosa di simile…»
«Non lo farebbe mai», tagliò corto Pen.
«No?»
«Gesù, Melanie!»
Melanie spalancò la porta.
Guardando sopra la spalla di sua sorella, Pen vide Joyce voltare la testa, sorpresa. La donna stava china sul letto intenta a sistemare una coperta sulle spalle di papà. Gli premeva una mano sul petto e sorrideva nervosamente. «Mi avete spaventata.»
«Scusa», disse Pen. «Va tutto bene?»
«Bene. Stavo per chiamarvi.»
I tre entrarono nella stanza.
«Ha fatto qualche… cenno di risposta?»
«Temo di no.»
Pen seguì Melanie vicino al letto e inciampò in lei quando si fermò di colpo.
Melanie cominciò a gemere.
Joyce parve sconcertata, poi allarmata.
Melanie inarcò la schiena e improvvisamente vacillò. Si premeva i pugni alle tempie.
«Che cosa fa?» balbettò Joyce. «Mio Dio!»
Pen rimase impietrita mentre stava dietro sua sorella che si contorceva e gemeva.
«Non preoccupatevi», disse Bodie. Ma lui sembrava preoccupato. «E come l’ultima…»
Melanie barcollò contro Pen. Bodie le impedì di cadere. Con Bodie alle spalle, Pen strinse le braccia attorno al petto della sorella. Il corpo della ragazza era scosso da un tremito continuo, le spalle sussultavano. Pen tenne la faccia girata per evitare la testa che si muoveva a destra e a sinistra.
«La tieni?» chiese Bodie.
«Sì.»
«Non lasciarla cadere.»
«Posso aiutare?» chiese Joyce.
«No. Passerà», la rassicurò Bodie.
«Che cosa le è preso?»
Melanie piegò indietro la testa e colpì Pen appena sotto l’orecchio. Il dolore fu terribile. Lei strinse gli occhi, ma non la lasciò andare.
«Stai bene?» chiese Bodie.
Pen lo sentì attraverso un ronzio nell’orecchio.
«Abbassala. Cerca di abbassarla.»
Pen sentì le mani di Bodie sui fianchi che la tenevano mentre si lasciava cadere sul divano. Lo sforzo diminuì quando Melanie toccò il pavimento con il posteriore.
Di colpo, il suo corpo divenne inerte, la sua testa si inclinò in avanti. La ragazza respirava profondamente.
«Stai bene?» domando Pen.
La testa della sorella dondolò leggermente.
Bodie staccò le mani da Pen. Si avvicinò a Melanie e s’inginocchiò accanto a lei. «Come va?» le chiese con voce gentile.
«Bene, mi pare.»
«Un’altra visione?»