Bodie si chiese se Pen avesse ricollegato i telefoni.
«Hai deciso che cosa fare per la scuola?» chiese Melanie.
Lui scosse la testa.
«Non sei obbligato a restare, sai. Tutto questo… non è un problema tuo.»
«Stai cercando di liberarti di me?» fece lui con un largo sorriso.
«Voglio solo che non ti senta obbligato a restare. Hai ottenuto quei corsi e… Non si sa che cosa succederà con papà.»
«Può darsi che ti faccia una sorpresa e guarisca.»
«Sì, certo.»
«Mi fermerò qualche giorno. E poi voglio aiutarti ad andare sino in fondo in questa storia di Joyce e Harrison.»
«Per questo non ci vorrà molto.»
«Hai in mente un piano?»
Lei si strinse nelle spalle.
«Potresti sempre picchiare Joyce con un tubo di gomma per farle spiattellare ogni cosa», suggerì Bodie.
«Buona idea.»
Bodie svoltò e salì lentamente la stretta strada fino alla casa.
«Credi che potremmo mangiare qualcosa, prima che svenga?» chiese Bodie quando furono entrati.
«Certo.»
Melanie trovò degli hotdog e dei panini nel frigorifero. Mise il tutto nel microonde. Intanto che si scaldavano, riempì due bicchieri di Pepsi e trovò un sacchetto di patatine aperto. Bodie mangiò qualche patatina mentre aspettava. Erano un po’ stantie e avevano uno strano sapore che gli ricordava l’acqua di una canna per innaffiare.
Melanie mise i panini e gli hotdog sui piatti. Bodie aggiunse un po’ di senape ai panini. Poi sedettero al tavolo in cucina.
«Dovresti preparare la roba di Pen, quando avremo finito.»
Melanie continuò a masticare.
«Vuoi che ti aiuti?»
«Ti piacerebbe, eh?» replicò lei.
Eccome mi piacerebbe, pensò lui. «Allora posso aspettarli qui.»
E chiamare Pen?
Senza parlare, solo respirare.
Sarebbe per il suo bene.
Ma quando finirono di mangiare, fu Melanie ad avvicinarsi al telefono. La ragazza compose il 411.
«A chi telefoni?»
«All’Ufficio Informazioni.»
«Questo l’avevo capito.»
«Santa Monica», disse lei nel ricevitore. «Harrison Donner. Ventunesima Strada.»
Bodie s’irrigidì.
Melanie premette il tasto per togliere la comunicazione e cominciò a comporre un altro numero.
«Che accidenti vuoi fare?» sbottò Bodie.
«Vedrai.»
«È proprio quanto temo.»
«Pronto, Harrison? Sono Melanie Conway… Bene, grazie. Papà ne è uscito… Sì, chiamo dall’ospedale. È appena uscito dal coma… Non è fantastico? A ogni modo ti ho chiamato per dirti che deve parlarti… No, non so di che cosa, ma suppongo che sia abbastanza importante. Potresti venire subito? Magnifico. Allora ci vediamo fra qualche minuto.» Melanie riappese.
Bodie la fissò.
«Andiamo», suggerì lei.
«Che cosa…»
«Andiamo a dare un’occhiata alla sua Porsche», spiegò Melanie.
«Cristo, Mel!»
Pen sedeva sul divano con la pesante scatola contenente il fucile sulle ginocchia. L’aprì e sollevò l’arma. Il legno e l’acciaio luccicavano alla luce che entrava dalla finestra dietro di lei. C’era un vago odore di lubrificante.
Non aveva mai sparato con un fucile da caccia. Solo una volta Paul, un amico, l’aveva portata sulle colline vicino a Valentia, e si era divertita un mondo a sparare ai barattoli con la rivoltella e il fucile automatico di lui. Era un fucile automatico calibro 30 con azione a leva. Pen ricordava come le schiacciava la spalla, quando sparava. E che rumore assordante.
Il fucile da caccia probabilmente era uguale.
Lo sollevò, lo appoggiò sulla spalla, e guardò attentamente lungo la stretta striscia di acciaio che correva per la lunghezza della canna fin a un punto sull’imboccatura.
Il fucile di Paul aveva un mirino telescopico. Con quello lei aveva centrato innumerevoli barattoli.
Con questo, se mai avesse dovuto usarlo, il suo bersaglio non si sarebbe trovato a più di tre o quattro metri di distanza. Non poteva fallire.
Azionò la pompa. Scivolava perfettamente. Mise il dito sul grilletto, ma non lo piegò.
Non è carico, si disse. Non dovrebbe. Ma se lo fosse, farebbe crollare il muro.
Posò il fucile sulle ginocchia e per alcuni minuti studiò il libretto delle istruzioni. Poi controllò la camera di scoppio.
Vuota. Tirò il grilletto. Clic. Infine aprì una scatola di munizioni e inserì quattro pallottole nel caricatore.
Lasciando l’arma con il cane abbassato, premette un tasto per attivare la sicura. Riprovò alcune volte finché l’operazione le fu familiare.
A posto, pensò.
Aveva già deciso qual era il miglior luogo per tenere il fucile. Lo portò in camera da letto e lo nascose sotto la coperta.
Poi si sdraiò sul letto.
C’è qualcuno.
Balzò dal materasso, afferrò il fucile, sollevò alta la canna e la puntò in direzione della porta.
«Pum!» sussurrò.
Pen scosse la testa. Si sentiva un po’ sciocca, come un bambino che giocava ai soldatini, ma rimise il fucile al suo posto. Stavolta si levò le scarpe e s’infilò sotto le coperte. Riprovò la manovra. Le coperte rallentavano i suoi gesti, ma non troppo.
Si esercitò altre volte, poi disfece il letto e posò lenzuola e federe sul pavimento.
Domenica, giorno di bucato.
Sei a casa, ora, non scappi, puoi fare le solite faccende come se niente fosse cambiato.
Bodie passò davanti alla casa di Harrison. La Mercedes non era più nel viale.
«Ha funzionato», osservò Melanie.
«Certo che ha funzionato. Ma che cosa succederà quando lui arriverà all’ospedale e scoprirà che hai mentito?»
«È chiaro che si stupirà, no?» Melanie non sembrava curarsi eccessivamente della cosa.
«Certamente», rispose Bodie che trovò da parcheggiare nello stesso spazio dove prima c’era la Lincoln Continental.
«Che ore sono adesso?» s’informò Melanie mentre si avviavano verso casa.
Bodie guardò l’orologio. «Le dodici e quaranta.»
«Bene.»
«Questa storia non mi piace, se vuoi saperlo», disse Bodie, affrettando il passo per restare accanto alla ragazza.
«Nessun problema. Ho telefonato alle dodici e trenta. Diciamo che abbiano impiegato cinque minuti per prepararsi. Dovrebbero impiegare un quarto d’ora per raggiungere l’ospedale, altri cinque minuti per scoprire che era un trucco e un altro quarto d’ora per tornare qui. Sempre che si muovano in fretta. Perciò dovremmo essere al sicuro fino all’una e dieci.»
«Giusto. Perciò controlliamo il garage e andiamo via puliti puliti. Solo che diavolo dirai a Harrison quando vorrà sapere perché gli hai telefonato?»
«Dipende dalle condizioni della sua Porsche, non ti pare?»
«Speriamo che sia fracassata.»
Il cancello del viale era chiuso a chiave. Bodie osservò il meccanismo. «Si apre con un telecomando», annunciò.
Melanie non esitò. Scavalcò il muretto e si lasciò cadere nel viale dietro il cancello.
Con un gemito di disperazione, Bodie la imitò. La seguì verso il garage.
Questa è una vera follia, pensava.
Il viale era costeggiato da un alto recinto, la casa vicina era a due piani. Si vedevano le finestre del piano superiore.
Se per caso qualcuno guardava giù…
Immaginò un’auto della polizia che imboccava il viale e lampeggiava davanti al garage.
Melanie tirò la maniglia cercando di alzare la porta del garage.
«Anche questa deve alzarsi con il telecomando», disse Bodie alla ragazza.
«Provaci.»
Non serve, pensò lui. Ma tirò forte la maniglia. La porta non si spostò.
La porta non aveva spioncini.
Un marciapiede girava attorno all’angolo del garage. Conduceva a una porta laterale con i pannelli di vetro.