Выбрать главу

Bodie bevve un sorso. La birra era fredda e squisita. Sedette al tavolo e continuò a bere.

Povero diavolo, quei due ti hanno cornificato, Whit. Il tuo socio e la tua cara moglie. Avrai delle brutte sorprese, se mai guarirai.

Ma sono stati loro a investirti? Ecco la questione.

Sarebbe bello fargliela pagare, se sono stati loro.

E come? Harrison era abbastanza furbo da non usare la sua auto. Perciò come la mettiamo?

Suppongo che non dobbiamo far niente. Melanie ha già lanciato il sasso nello stagno. Dobbiamo solo restar seduti e guardare che cosa succede.

Bodie capì improvvisamente.

Posò la bottiglietta della birra sul tavolo e sospirò.

«Melanie», mormorò. «Oh, Cristo!»

Uscì nella strada. Il furgone era sparito.

16

Pen scese le scale con il cesto della biancheria da lavare, passò davanti alla piscina nel cortile. L’edificio era silenzioso e lei non vide nessuno. Un tipico pomeriggio di domenica. Gli inquilini era usciti, oppure se ne stavano tappati in casa.

Imboccò il breve passaggio fra il cortile e il vicolo. La porta di servizio comune era socchiusa: invece avrebbe dovuto essere chiusa per impedire atti di vandalismo e l’uso non autorizzato del macchinario. Alicia, che abitava nell’appartamento all’angolo, le aveva detto che una volta aveva visto una donna entrare a fare il bucato con un carrello per la spesa, un tipo poco raccomandabile che si era agitata mettendosi a sbraitare come una pazza, quando Alicia l’aveva affrontata.

Pen posò il cesto e spalancò la porta. Sbirciò nella penombra. Poiché non vide nessuno, allungò il braccio e accese la luce. La stanza sembrava deserta. Le due lavatrici e le due asciugatrici erano silenziose. Raccolse il cesto ed entrò nello stanzone.

Le lavatrici si caricavano dall’alto. Le aprì e guardò dentro. Vuote.

È un giorno fortunato, pensò Pen.

Pen aveva separato la biancheria prima di scendere. Si chinò sul cesto e tirò fuori un mucchio di panni bianchi. Un calzino cadde a terra mentre stava per gettarlo nella macchina. Pen si chinò per raccoglierlo.

«All’inferno.»

Si ritrasse di colpo, girò la testa di scatto con tanta rapidità che provò un gran dolore al collo.

Sulla porta stava Manny Hammond, l’inquilino del 202. Aveva giocato a football nell’USC e solitamente indossava una tuta sportiva per ricordare a tutti i suoi giorni gloriosi. Quel pomeriggio non portava la tuta, solo un paio di short da ginnastica sbiaditi. Estremamente attillati.

«Mi hai spaventata», disse Pen. Raccolse il calzino e lo mise nella lavatrice.

«Dovresti essere più rilassata.»

«Me lo ricorderò.»

Accidenti, da dove è sbucato?

«Non c’è una partita alla TV?» s’informò lei.

«Perché dovrei guardare una partita quando posso guardare te?» L’uomo si appoggiò allo stipite della porta, incrociò le caviglie e piegò le braccia poderose sul petto.

Con un sospiro, Pen si chinò a prendere il detersivo. Si sentiva addosso lo sguardo di lui. Si alzò. La sua mano tremava quando riempì il misurino.

«Siamo nervosi, eh?»

«Non devi piombarmi alle spalle a quel modo», ribatté lei senza guardarlo mentre lasciava cadere il detersivo nella lavatrice. Poi chiuse il coperchio e accese la macchina. Sentì l’acqua entrare.

«Perché non butti dentro anche il resto?» suggerì lui con un gran sorriso. «Anche l’altra roba è da lavare.»

«Un’altra volta.»

«Ma oggi è giorno di bucato, tesoro. Tutto deve essere pulito.»

Lei lo fissò, il rossore le si diffuse sulla faccia. «Perché non vai a fare una passeggiata, Manny?»

Lui sogghignò. «Scommetto che l’hai suggerito a un sacco di uomini.»

«Solo ai rompiscatole.» Imbarazzata e furibonda, Pen raccolse il cesto e gettò il contenuto nell’altra lavatrice.

«Non sarai mica lesbica per caso?»

«Piantala.»

«Voglio dire, sarebbe un gran peccato, una ragazza come te. Una vera perdita per il genere maschile.»

Lei non si curò di misurare il detersivo, lasciò cadere la polvere nella macchina e mise da parte il cesto.

«Sì, credo che tu sia lesbica.»

Pen sbatté giù il coperchio e si girò di scatto. «Non sono lesbica e tu sei un pezzo di m…»

Lui sembrava divertito. «Che maniera di parlare. Mi fa piacere sapere che non sei lesbica, però. Allora che cos’è, sei solo frigida?»

Furente, Pen tornò a voltarsi. Avviò la lavatrice e raccolse il cesto vuoto. Con mano tremante vi mise dentro la scatola del detersivo. Tenne il cesto contro il ventre e affrontò Manny.

«Non te ne andrai già…» L’uomo si piazzò in mezzo alla porta.

«Per favore, scostati», ordinò lei.

«Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto l’amore?»

«Fuori dai piedi.»

«Questo deve essere il tuo problema. E io sono proprio l’uomo in grado di aiutarti.» Manny abbassò la mano e si diede un colpetto sul davanti degli short. Dal rigonfiamento, era chiaro che aveva un’erezione. «Sono bene equipaggiato per risolvere quel problema, bellezza. Vuoi vedere?» Sogghignando abbassò i calzoncini di un centimetro.

«Piantala.»

«Stai a sentire: perché non butti dentro anche questi con la tua roba? Tutta la tua roba. Capisci quel che voglio dire? E io ti insegnerò che cosa vuol dire…»

«Spostati», disse Pen e avanzò verso di lui, il cesto davanti a sé.

«Ehi, ma è la tua grande occasione.»

«Spostati!» gli gridò lei in faccia.

Lui sbatté le palpebre e si fece da parte.

Pen gli passò davanti, quasi aspettandosi che l’agguantasse.

Lui borbottò: «Scema», ma tenne a posto le mani.

Lei si affrettò a passare, uscì dalla penombra nella luce del sole. Tremava e faceva fatica a respirare. Ai piedi delle scale guardò dietro.

Manny, in piedi vicino all’angolo della piscina, alzò il dito medio e lo fece ruotare.

Pen si affrettò a salire le scale, proseguì a passo rapido lungo la balconata fino al suo appartamento e aprì la porta. Provava delle fitte al petto, le mancava l’aria. Sporco bastardo.

Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto l’amore?

Volevo parlarti del mio grosso cazzo e della tua calda fìga.

Le si piegarono le gambe. Scivolò lungo la porta e fissò davanti a sé.

Manny?

La voce non era la stessa, ma lui poteva averla contraffatta, quando aveva parlato al telefono.

Manny.

Appartamento 202. Con una chiara visuale della sua porta di ingresso e delle sue finestre. Sapeva chi riceveva e quando. Sapeva quando era in casa e quando era uscita, sapeva quando andava a coricarsi.

Sapeva quando era sola.

Manny.

Melanie doveva avercela fatta perché se dopo aver raggiunto la casa di Harrison avesse visto la Mercedes nel viale, avrebbe rinunciato e quindi sarebbe ritornata verso l’una e venti, l’una e mezzo al più tardi.

Perciò doveva aver battuto Harrison sul tempo, si era introdotta dalla porta di servizio e si era nascosta. Nell’armadio o magari sotto il letto.

Bodie guardò l’orologio. Erano passati solo due minuti. Ora mancavano cinque minuti alle due.

Se Melanie fosse tornata indietro sarebbe qui da mezz’ora.

Fissò la bottiglia di birra vuota rigirandola lentamente fra le dita.

E io che cosa ci faccio in questo strano evolversi degli eventi?

Per cominciare, beviamoci un’altra birra.

Si alzò, prese un’altra Corona dal frigorifero e l’aprì. Se la portò fuori. Si mise a sedere sulla sdraio, la leggera brezza impediva al sole di scottare troppo. Chiuse gli occhi e cercò di ricordare com’era Pen quando stava allungata sulla medesima sdraio.