Mio Dio, aveva pensato Bodie.
Mentre le dita di lei scivolavano, lui le aprì la cerniera dei pantaloni.
Che, nel frattempo, finirono sotto di lei. Bodie non lo sapeva. Intontito si era ritrovato sopra la ragazza, dentro di lei ma solo in parte, trattenendosi per non farle male sebbene lei gli avesse conficcato le dita nelle natiche, chiedendogli di penetrare più a fondo. «Più forte… Dentro… Spingi!» E finalmente lui aveva spinto. Irrigidendosi, Melanie si era lasciata sfuggire un suono soffocato. «Oh!» aveva gridato, ma si era inarcata contro di lui. Bodie era entrato completamente e non era riuscito a frenarsi.
Lei lo aveva tenuto stretto, gli aveva accarezzato i capelli. Non lo lasciava andare. Lui aveva borbottato pigramente qualcosa sul fatto che c’era il pericolo che la schiacciasse, ma lei gli aveva sussurrato di non preoccuparsi.
Bodie si era addormentato. Quando si era svegliato, era ancora sopra e dentro Melanie. Si sentiva incollato alla ragazza. «Credo che siamo rimasti attaccati», aveva detto.
«Bene.» Lei aveva sorriso e lo aveva baciato sulla punta del naso.
«Credo che siamo proprio incollati.»
«Qualcosa deve essersi asciugato.»
Si era liberato il più gentilmente possibile, ma le aveva fatto male. Melanie aveva serrato le labbra per il dolore.
Bodie aveva abbassato lo sguardo. «Non è uno spettacolo divertente.»
Melanie si era messa seduta e aveva guardato a sua volta. «Già.»
«Sarà meglio fare una doccia.»
Avevano fatto la doccia insieme, Melanie, Bodie e i pantaloni di velluto. Compiuta l’operazione, soltanto i pantaloni erano ancora macchiati di sangue. «Non saranno più gli stessi», aveva commentato Bodie.
«Neppure io», aveva sorriso Melanie.
Lei fa parte di me, che ti piaccia o no. I suoi problemi sono anche i miei. È andata così e adesso eccomi qui a guidare nel deserto di notte con una malata di mente sul sedile posteriore.
«Mi dispiace», gli sussurrò lei all’orecchio.
Lui provò un impeto di affetto.
«Mi perdoni?» insistè Melanie.
«Avevi il diritto di essere sconvolta.»
Lei si infilò davanti fra i sedili e appoggiò la mano sulla coscia di Bodie. Lui la guardò. Il braccio nudo saliva verso una spalla nuda. Sotto la spalla il rigonfiamento di un seno. Un seno piccolo con il capezzolo largo e scuro. «Perché non cerchiamo un posto dove uscire dall’autostrada?» suggerì lei.
«Ne sei sicura?»
Per tutta risposta Melanie gli fece scivolare la mano sull’inguine.
Bodie cercò un’uscita.
5
Dopo una rapida doccia per liberarsi dell’odore di vino, Pen si asciugò con un asciugamano pulito. Si mise un cerotto sulla coscia graffiata, calzò i mocassini e indossò la vestaglia. Poi raccolse il bicchiere vuoto e la bottiglia di vino.
Non pensarci più, chissà che tu non possa dormire.
Dormirai, sarai morta per il mondo, ma forse non è un’idea grandiosa.
Potresti avere un visitatore.
Non pensarci nemmeno.
Invece farei meglio a pensarci. Lui ha il mio numero di telefono, perciò deve avere anche l’indirizzo. E sull’elenco telefonico. La segreteria telefonica è spenta, perciò lui sa che sono in casa. E se decide di venire di persona?
Non lo fanno mai, ragionò, e aprì la porta del bagno. Si avviò a passo rapido verso la cucina e mise la bottiglia sul frigorifero. Poi lavò il bicchiere nel lavello.
I maniaci non fanno visite.
Chi lo dice?
I poliziotti. Nei libri, alla TV, nei film. Quello è soltanto un maniaco che telefona, signora. Non c’è bisogno di allarmarsi. Questi individui che telefonano alle donne, sono timidi come topi. Per questo usano il telefono, perché è anonimo e sicuro. Non deve preoccuparsi.
Ecco che cosa dicono i poliziotti nei film e alla TV. E subito scopri che il timido topolino sguscia in casa della ragazza con un coltello da macellaio, deciso a sgozzarla.
Pen chiuse il rubinetto, posò il bicchiere sul lavello. Mentre si asciugava le mani, guardò attraverso la cucina. Nella zona pranzo c’era il tavolo circondato da quattro pesanti sedie dallo schienale alto.
Ne portò una in soggiorno, spostò l’ombrello e piegò la sedia contro la maniglia della porta.
«Questa rallenterà i suoi movimenti», mormorò.
Non aveva bisogno di controllare le finestre, erano chiuse con il chiavistello dall’ultimo week-end. Con quel sistema non si potevano aprire dall’esterno.
Il vetro, pensò Pen.
Se lui vuole entrare…
Avrebbe dovuto essere pazzo. C’erano altri quindici appartamenti nel complesso, tutti con le finestre che si affacciavano sul cortile e la piscina. Se spacca una finestra, se io grido, qualcuno sentirà.
Qualcuno sarebbe venuto in aiuto?
Probabile. Manny Hammond, per esempio. È uno che non vede l’ora di salvarmi. Sarebbe stato meraviglioso. Meglio lui che nessuno, credo.
Pen tornò in cucina. Il ceppo da macelleria sul banco conteneva otto coltelli. Prese i due più grandi e li portò in camera da letto. Ne posò uno sul comodino, poi si inginocchiò e mise l’altro sul tappeto appena sotto il bordo del letto.
Nel caso finissimo sul pavimento.
Dici sul serio? si chiese.
Per forza.
Capì che non voleva lasciare il coltello sul comodino in piena vista. Prese una copia del Publishers Weekly dal portariviste e l’aprì sopra l’arma.
Bene, ora sei in buona compagnia.
Sempre che essere paranoici sia una buona compagnia. Ti comporti come una pazza.
Sì? Meglio mettersi al sicuro che… La sua mente riandò a una foto del coroner, la donna nuda a faccia in giù sul tavolo dell’autopsia, con le natiche color porpora.
Un altro coltello, decise, e tornò in cucina a prenderlo. Posò il coltello sul pavimento sotto l’altro bordo del letto.
Di nuovo in soggiorno staccò la spina dello stereo e rimosse il filo. In ginocchio davanti alla porta della camera da letto, fece passare un’estremità del filo attraverso l’apertura fra la porta e l’intelaiatura, sul cardine più basso. Fece un nodo e tirò. Il nodo resse. Pen lo fece passare attraverso la porta e legò l’altro capo attorno alla gamba posteriore del cassettone.
In piedi, ammirò il suo lavoro.
«Fa’ buon viaggio», borbottò.
Che altro poteva…?
Non basta? Potrebbero dichiararmi pazza.
Basta così, decise.
Spense la luce in camera da letto.
Le altre luci nell’appartamento erano ancora accese, ma così il cordone era chiaramente visibile.
Non serve, se lui lo vede.
Pen scavalcò il filo e si fece strada nell’appartamento.
Avrebbe voluto lasciare tutte le stanze illuminate, ma con il buio lui avrebbe trovato maggiori difficoltà.
Davvero ti aspetti che si faccia vedere?
No, non proprio. E va bene, sì. Credo che lui verrà. Forse.
Era già stata violentata una volta, e non aveva intenzione di ripetere l’esperienza.
Forse dovrei andarmene da qui.
Scavalcò il cordone e sedette sul bordo del letto.
Potrei andare a casa di papà e trascorrervi la notte. O andare da un’amica. Da Abby, Loretta o Jane, qualsiasi amica sarebbe contenta che mi fermassi da lei. Però non posso piombare in casa loro. Dovrei prima telefonare. Riattaccare un telefono, chiamare, vestirmi, correre fuori con la pioggia.
Che cosa risolvo? Si chiese.
Mi farebbe passare la notte tranquilla.
Ma domani notte, e dopodomani?
«All’inferno», borbottò.
Se proprio deve venire, lascialo venire.
Si alzò e spense la luce. Si sfilò la vestaglia, l’appoggiò su una sedia, si levò i mocassini e si infilò nel letto. Le lenzuola fresche e lisce erano meravigliose. Lei le scaldò con il calore del corpo e affondò la faccia nel cuscino.