Выбрать главу

Mi si avvicinarono, perché li avevo spaventati. Ero stato trop­po chiassoso, folle, invasato. Si fermarono accanto a me, le loro braccia intorno a me, le candide braccia umane di Dora, le più calde, le più dolci di tutte, e la fronte scura di David che premeva sul mio viso.

«Se mi permetti di bere, lo scoprirò...» si azzardò a dire Ar­mand, le dita che salivano fino al mio colletto.

«No, tutto quello che scoprirai è che credo a ciò che ho visto, tutto qui!» ribattei.

«No», insistette lui. «Riconoscerò il sangue di Cristo, se lo assaggio.»

Scossi la testa. «Allontanatevi da me. Non so nemmeno come apparirà il velo. Sembrerà qualcosa con cui mi sono asciugato il sudore di sangue nel sonno, mentre sognavo? Allontanatevi.»

Obbedirono. Formavano vagamente un triangolo. Davo la schiena al muro così da poter vedere la neve sulla mia sinistra, anche se adesso dovevo voltare la testa per farlo. Li guardai. La mia mano destra armeggiò sotto il panciotto, estrasse lo spesso involto, e io sentii qualcosa, qualcosa di minuscolo e insolito che non potevo spiegare a loro tre o esprimere a parole nemmeno per me stesso, sentii la tessitura, quella tessitura della stoffa, quella tessitura antica!

Tirai fuori il velo, senza guardarlo, e lo sollevai come se fossi stato Veronica che lo mostrava alla folla.

Il silenzio calò sulla stanza. L’immobilità era totale.

Poi vidi Armand inginocchiarsi.

E Dora emettere un lungo grido lamentoso.

«Dio santo», sussurrò David.

Tremando, abbassai il velo, sempre tenendolo ben teso, e lo voltai in modo da poterne vedere il riflesso nel vetro scuro che spiccava contro la neve, come se si trattasse della Gorgone in procinto di uccidermi.

Il suo viso! Il suo viso fiammeggiava nel velo. Abbassai lo sguardo. Dio Incarnato mi guardava nei suoi dettagli più minu­scoli, impresso a fuoco nel tessuto, non dipinto o colorato, cuci­to o disegnato, bensì impresso a fuoco nelle fibre stesse, il suo vi­so, il viso di Dio in quell’istante, rigato dal sangue dovuto alla sua corona di spine.

«Sì», sussurrai. «Sì, sì.» Caddi in ginocchio. «Oh, sì, così completo, fino all’ultimo dettaglio.»

Sentii Dora prendere il velo. Se uno degli altri due avesse pro­vato a farlo, glielo avrei strappato di mano. Invece lo affidai alla piccola mano di lei, che lo sollevò girandolo e rigirandolo, in modo che tutti noi potessimo vedere gli occhi scuri di Dio che bril­lavano nel tessuto!

«È Dio!» esclamò. «È il velo di Veronica!» Il suo grido di­venne trionfante e poi si colmò di gioia. «Papà, ci sei riuscito! Mi hai dato il velo !»

E cominciò a ridere, come chi avesse avuto tutte le visioni che può sopportare, ballando in tondo, reggendo il drappo ben in al­to, cantando quelle due sillabe più e più volte.

Armand era a pezzi, distrutto, in ginocchio, le lacrime di san­gue che gli colavano lungo le guance, orrende striature sulla pel­le bianca.

Umiliato e confuso, David si limitava a osservare. Studiò at­tentamente il velo mentre si muoveva nell’aria, le mani di Dora che continuavano a tenerlo teso. Studiò il mio viso. Studiò la fi­gura accasciata, distrutta, singhiozzante di Armand, il bambino smarrito con lo splendido vestito di velluto e pizzo adesso chiaz­zato dalle sue lacrime.

«Lestat!» gridò Dora, piangendo copiosamente. «Mi hai portato il volto del mio Dio! Lo hai portato a tutti noi. Non capi­sci? Memnoch ha perso! Memnoch è stato sconfitto. Dio ha vin­to! Dio ha usato Memnoch per i suoi scopi, lo ha condotto nel labirinto progettato da Memnoch stesso. Dio ha trionfato!»

«No, Dora, no ! Non puoi crederlo», urlai. «E se non fosse la verità? E se si fosse trattato solo di una serie di trucchi? Dora!»

Lei mi oltrepassò correndo lungo il corridoio e fuori della porta. Noi tre restammo allibiti. Sentimmo l’ascensore scendere. Lei aveva il velo!

«David, cosa intende fare? David, aiutami.»

«Chi può aiutarci, adesso?» chiese lui, ma senza convinzione né amarezza, solo quel meditare, quell’incessante meditare. «Ar­mand, ricomponiti. Non puoi arrenderti a una cosa simile», dis­se. La sua voce era così mesta.

Ma Armand era smarrito. «Perché?» chiese. Adesso era solo un bambino inginocchiato. «Perché?»

Ecco che aspetto doveva aver avuto secoli prima, quando Marius era andato a liberarlo dai suoi aguzzini veneziani, un ragazzino tenuto prigioniero per soddisfare la lussuria altrui, un ragazzino condotto nel palazzo dei Non Morti.

«Perché non posso crederlo? Oh, mio Dio, ci credo. È il vol­to di Cristo!»

Si alzò faticosamente, come un ubriaco, e poi si allontanò, un passo dopo l’altro, per seguire Dora.

Quando raggiungemmo la strada, lei era ferma davanti al por­tale della cattedrale, urlando.

«Aprite le porte! Aprite la chiesa. Ho il velo.» Prese a calci la doppia porta di bronzo col piede destro. Tutt’intorno a lei si ra­dunarono dei mortali, mormorando.

«Il velo, il velo!» Lo fissarono, mentre lei s’immobilizzava per girarsi e mostrarlo ancora una volta. Poi tutti cominciarono a bussare sulla porta.

Il cielo venne schiarito dal sole in arrivo, lontano, molto lon­tano nelle fauci dell’inverno, ma che comunque sorgeva imboc­cando il suo inevitabile sentiero, per far cadere su di noi la sua luce bianca, fatale se non avessimo cercato un riparo.

«Aprite le porte!» gridò lei.

Da ogni direzione arrivavano degli umani, che, non appena vedevano il velo, cadevano in ginocchio, boccheggiando.

«Andate, cercate un riparo prima che sia troppo tardi», disse Armand. «David, portalo via.»

«E tu cosa farai?» chiesi.

«Fungerò da testimone. Resterò qui con le braccia allargate e, quando sorgerà il sole, la mia morte confermerà il miracolo», gridò.

La possente porta venne finalmente aperta. Le figure vestite di nero si ritrassero, sbalordite. Il primo raggio di luce argentea illuminò il velo, e poi giunsero le più calde luci elettriche dall’in­terno, le luci delle candele, la raffica di aria riscaldata.

«Il volto di Cristo!» gridò lei.

Il prete cadde in ginocchio. L’uomo più anziano vestito di ne­ro, fratello, padre, o comunque lo si volesse chiamare, rimase im­mobile a bocca aperta, a guardarlo dal basso.

«Dio santo, Dio santo», gemette, facendosi il segno della cro­ce. «Che nel corso della mia vita, Dio... è il velo di Veronica!»

Gli umani ci superarono di corsa, inciampando e facendo a gomitate per seguire Dora dentro la chiesa. Sentii i loro passi echeggiare nell’immensa navata.

«Non abbiamo tempo», mi disse David all’orecchio. Mi ave­va costretto a rialzarmi, forte come Memnoch, solo che non c’era la tromba d’aria, solo l’alba invernale, la neve che cadeva e sem­pre più grida e strepiti e urla mentre uomini e donne raggiunge­vano la chiesa a frotte, e le campane nei campanili soprastanti co­minciavano a suonare.

«Sbrigati, Lestat, vieni!»

Corremmo via insieme, già accecati dalla luce, e dietro di me sentii la voce di Armand che risuonava al di sopra della folla.

«Siate testimoni, questo peccatore muore per Lui!» Il profu­mo del fuoco giunse con una violenta esplosione! La vidi lam­peggiare sulle pareti di vetro delle torri, mentre correvamo. Sen­tii le urla.

«Armand!» gridai. David mi tirò a sé, giù per scalini metalli­ci, che echeggiavano e tintinnavano come le campane della catte­drale.

Fui assalito dalle vertigini e mi arresi a lui, rinunciai alla mia volontà. Straziato dal dolore, gridando: «Armand, Armand». Poi cominciai a distinguere la figura di David nel buio. Ci trovavamo in un luogo umido e gelido, uno scantinato sotto uno scan­tinato, sotto l’alta cavità di un edificio vuoto e scosso dal vento. Lui stava scavando nel terriccio.