David si voltò lentamente, la luce che giocava con le ombre del suo viso. Chiese: «Lestat, il sangue di Dio potrebbe essere davvero dentro di te?»
«Non cominciare a crederlo!» gridai. «Non tu! No. Non crederci. Mi rifiuto di giocare. Mi rifiuto di prendere posizione! Ho riportato il velo solo perché tu e lei credeste a ciò che dicevo, non ho fatto altro, ed è accaduta questa follia!»
Persi i sensi.
Per un attimo vidi la luce del paradiso, o ebbi quell’impressione. Vidi Dio fermo accanto alla balaustrata. Sentii quel foltissimo, orrendo odore che si era levato così spesso dalla terra, dai campi di battaglia, dai pavimenti dell’inferno.
David era inginocchiato accanto a me, stringendomi le braccia.
«Guardami, non scomparire adesso!» m’implorò. «Voglio che usciamo da qui, dobbiamo andarcene. Capisci? Torneremo a casa. E poi voglio che tu mi racconti di nuovo tutta la storia, che me la detti, parola per parola.»
«A che pro?»
«Nelle parole scopriremo la verità, nei dettagli e nella trama scopriremo chi ha fatto cosa e per chi. Scopriremo se Dio ti ha usato o se lo ha fatto Memnoch! Se Memnoch ti ha mentito sin dall’inizio! Se Dio...»
«Ah, ti fa dolere la testa, vero? Non voglio che tu scriva la storia. Esisterà solo una versione, se la scrivi, un’unica versione, e ce ne sono già talmente tante... Cosa ha detto Dora dei visitatori notturni che le portarono il velo, dei demoni benigni che gliel’hanno donato? E hanno preso i miei vestiti! E se ci fossero dei tessuti della mia pelle su quegli abiti?»
«Avanti, prendi i libri, ecco, ti aiuto io; tieni, qui ci sono tre sacchetti ma te ne bastano due, infila il tuo fagotto in questo e io prenderò l’altro.»
Obbedii ai suoi ordini. Avevamo infilato i libri nei due sacchetti, potevamo andarcene.
«Come mai li hai lasciati qui quando hai rimandato indietro le altre cose?»
«Lei voleva che li avessi tu», spiegò. «Te l’ho già detto. Mi ha chiesto di fare in modo che fossero affidati a te. E ti ha lasciato tutto il resto. Ha tagliato i ponti col passato. Questo è un movimento che attira fondamentalisti e fanatici, cristiani ecumenici e cristiani provenienti dall’Oriente e dall’Occidente.»
«Devo cercare ancora di avvicinarmi a lei.»
«No. Impossibile. Vieni. Tieni. Ho un cappotto pesante. Devi infilartelo.»
«Hai intenzione di prenderti cura di me per sempre?» chiesi.
«Forse.»
«E se andassi da lei adesso, in chiesa, e bruciassi il velo? Potrei farlo. Potrei riuscirci col mio potere mentale, potrei annientare il velo.»
«Allora perché non lo fai?»
Rabbrividii. «Io... io...»
«Va’ avanti. Non sei nemmeno obbligato ad andare in chiesa. I tuoi poteri ti precedono. Forse non riusciresti a bruciarlo. Sarebbe interessante se non bruciasse, vero? Ma supponi che tu ci riesca, supponi che si annerisca e bruci come il legno su una graticola, quando lo accenderai col potere telecinetico della tua mente. E a quel punto?»
Scoppiai in lacrime. Non potevo fare una cosa del genere. Non potevo. Non lo sapevo con sicurezza! Non lo sapevo. E se ero stato lo zimbello di Dio, era questo che Dio voleva per ognuno di noi?
«Lestat!» David mi guardò in cagnesco, o forse dovrei dire che mi fissò col suo sguardo autoritario. «Te lo sto dicendo ancora una volta, ascolta le mie parole. Non avvicinarti mai più così tanto a loro! Non fare altri miracoli per loro. Non c’è nient’altro che tu possa fare. Lascia che lei narri a modo suo il racconto sul suo angelo messaggero. È già passato alla storia.»
«Voglio parlare ancora una volta coi giornalisti.»
«No!»
«Stavolta parlerò sottovoce, te lo prometto, non spaventerò nessuno, te lo giuro, David...»
«Col tempo, Lestat, se ancora lo vorrai... Col tempo...» Si piegò per lisciarmi i capelli. «Adesso vieni con me. Ce ne andiamo.»
25
L’orfanotrofio era freddo. Le spesse pareti di mattoni, prive di qualsiasi materiale isolante, trattenevano il freddo e rendevano l’interno più gelido dell’inverno fuori. A quanto pareva, me lo rammentavo dalla volta precedente. Perché lei lo aveva lasciato a me? Perché? Mi aveva ceduto l’atto di proprietà, e tutte le reliquie di Roger. Cosa significava? Solo che lei aveva attraversato il cielo come una cometa.
Esisteva un Paese sulla terra in cui i network giornalistici non avessero portato il suo viso, la sua voce, il suo velo, la sua storia?
Ma eravamo a casa; quella era la nostra città, New Orleans, il nostro piccolo territorio, e li non c’era neve che cadeva, solo il tenue profumo dei dolci ulivi e i liriodendri nel vecchio e trascurato giardino del convento che perdevano i loro petali gialli. Guardate, petali gialli sul terreno.
Era tutto così tranquillo, lì. Nessuno sapeva di quel posto. Così adesso la Bestia poteva avere il suo palazzo e ricordare la Bella, e chiedersi in eterno se Memnoch stesse piangendo all’inferno o se tutti e due — i Figli di Dio — stessero ridendo in paradiso!
Entrai nella cappella.
Mi ero aspettato di trovare tendaggi e cumuli di oggetti e scatole di cartone e casse. Invece sembrava un santuario appena completato. Tutto era debitamente sistemato al suo posto, disimballato e ben spolverato, immerso nella semioscurità. Statue di sant’Antonio, santa Lucia con gli occhi su un vassoio, il Bambin Gesù di Praga coi suoi abiti spagnoli, e le icone appese alle pareti, tra una finestra e l’altra, in modo ordinato.
«Ma chi ha fatto tutto ciò?»
David se n’era andato. Dove? Sarebbe tornato. Non aveva importanza. Io avevo i dodici libri. Mi serviva un posto caldo in cui sedermi, magari sui gradini dell’altare, e avevo bisogno di luce. Con un solo occhio, avevo bisogno di qualcosa di più della luce della notte che filtrava dalle alte finestre di vetro istoriato.
Una figura era ritta nel vestibolo. Priva di odore. Vampiro. Un mio novizio. Sicuramente. Giovane. Louis. Inevitabile.
«Sei stato tu a fare tutto questo?» chiesi. «A sistemare in modo così splendido gli oggetti qui nella chiesa?»
«Sembrava la cosa giusta da fare», rispose. Si avvicinò a me. Lo vidi chiaramente, anche se fui costretto a girare la testa perché il mio unico occhio potesse metterlo a fuoco e a smettere di aprire un occhio sinistro che non c’era. Alto, pallido, un poco affamato. Capelli neri piuttosto corti. Occhi verdi molto dolci. L’andatura aggraziata di chi non ama fare rumore, fare confusione o farsi vedere. Sobri abiti neri, come quelli degli ebrei di New York che si erano radunati davanti alla cattedrale, osservando lo spettacolo, e come quelli degli amish venuti in treno, abiti sobri e semplici, come l’espressione sul suo viso.
«Vieni a casa con me», propose. Una voce così umana, così gentile. «C’è tutto il tempo di tornare qui a riflettere. Non preferiresti essere a casa, nel quartiere francese, tra le nostre cose?»
Se qualcosa al mondo avesse davvero potuto consolarmi, quel qualcosa sarebbe stato lui... con l’accattivante inclinazione della testa o il modo in cui continuava a guardarmi, proteggendomi con calma confidenziale da ciò che temeva per me, e per lui, e forse per tutti noi. Il mio vecchio e familiare amico gentiluomo, il mio allievo tenero e tollerante, istruito dal galateo vittoriano più autenticamente di quanto io lo avessi educato su come essere un mostro. E se Memnoch si fosse appellato a lui? Perché Memnoch non lo faceva?
«Cosa ho fatto?» chiesi. «Era la volontà di Dio?»
«Non lo so», rispose. Posò la sua mano morbida sulla mia. La sua voce suadente era un balsamo per i miei nervi. «Vieni a casa. Ho ascoltato per ore la radio, la televisione, la storia dell’angelo della notte che ha portato il velo. Gli abiti laceri dell’angelo sono stati consegnati a preti e scienziati. Dora sta imponendo le mani. Il velo ha curato degli ammalati. La gente si sta riversando a New York da ogni parte del mondo. Sono felice che tu sia tornato. Ti voglio qui.»