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Più tardi non seppe spiegarsi perché avesse deciso di rubarla. Il furto era difficile e pericoloso, inoltre non c’era un mercato pronto su cui un uomo come lui potesse contare. Senza dubbio, fu un atto irrazionale. Pensò alle blande assicurazioni di Claudio e all’uomo che gli aveva procurato un occhio nero. Pensò alla moglie e alla figlia, Pia, che tossiva nell’aria gialla e malsana della sua città natale. Una giornata intera nelle buche e nei labirinti della miniera a volte producevano in Meirelles una specie di sognante confusione, come se quelle cose aliene sotto la superficie influenzassero la sua mente rendendo il passato più reale e il presente meno pressante. Così, con Claudio e sua figlia nella mente, quasi come in sogno, tolse con il pollice l’argilla che ricopriva la pietra, l’avvolse nelle ghette di cotone e se la legò alla caviglia. Quando si rimise in piedi, il bordo dei pantaloni da lavoro ricadde naturalmente nascondendo il rigonfiamento.

Si voltò e scoprì che lo stesso Claudio, a qualche metro di distanza, stava guardando dalla sua parte. Meirelles si sentì gelare. Il panico lo prese allo stomaco e i testicoli gli rientrarono contro il corpo. Ma da parte di Claudio si trattava solo di un sospetto generico che lui nutriva nei confronti di tutti i suoi dipendenti. — Sbrigati — gli disse, agitando una mano in un cenno di disgusto. — È ora di andare.

Alla barriera di uscita Meirelles era ormai stravolto dalla tensione. Gli girava la testa, e un sudore freddo gli scendeva copioso dalla fronte. Incominciò a battere i denti. Era certo che la paura l’avrebbe tradito.

Invece, fu proprio la paura a salvarlo. Era il periodo in cui l’epidemia per il virus di Oropouche aveva raggiunto il culmine, per cui le guardie stavano alla larga dalle formigas, specialmente da quelle che mostravano qualche sintomo di malattia. Meirelles, con la fronte imperlata di sudore e i denti che battevano, probabilmente li spaventò. Fu perquisito da un militare giovane e pallido che lo toccò con lo stesso entusiasmo con cui avrebbe toccato una teglia rovente, quindi gli fu permesso di arrampicarsi indisturbato su per la collina fangosa cosparsa di rifiuti fino alla sua baracca, dove nascose immediatamente la pietra nel materasso.

La pietra divenne un simbolo della sua indipendenza da Claudio, l’incarnazione tangibile del suo orgoglio, della sua speranza, del suo futuro.

Meirelles era nato a Cubatao, un posto in cui secondo le statistiche solo un bambino su cinque arrivava alla pubertà.

Cubatao era una vecchia città industriale. Nel ventesimo secolo si era distinta come una delle zone più inquinate sulla faccia della terra, con le fabbriche che vomitavano nell’aria della vallata biossido di zolfo, monossido di carbonio e bifenili policlorinati. I veleni avevano denudato le colline e ucciso i bambini. Nel primo decennio del secolo successivo le industrie erano state nazionalizzate; per quanto obsolete, continuavano a rappresentare una buona fonte di guadagno, grazie ai bassi costi di manodopera e manutenzione. Nel mondo c’erano dei posti considerati molto peggiori, ma la Mogi River Valley continuava a rimanere pericolosa. Le fabbriche, modificate ma mai rimodernate del tutto, vomitavano nuovi veleni: cianuro, composti dell’arsenico, xylene e una nuova sostanza chiamata TCA.

Meirelles aveva un posto in fabbrica, e per tutto il giorno vuotava solventi all’interno di grossi catini antiruggine. Lavorava con un uomo che si chiamava Ribeiro, un patriota che difendeva le fabbriche tutte le volte che Meirelles osava dire che erano antiquate e pericolose. — Sono necessarie per l’economia del Brasile — affermava categorico.

— No — replicava Meirelles. — La vera ricchezza del Brasile sono le pietre esotiche.

— Le pietre — ribatteva Ribeiro — finiscono nelle mani degli stranieri.

— In cambio di denaro — insisteva Meirelles. — E non si potrebbe usare il denaro per modernizzare le fabbriche?

— Sciocchezze! Il denaro serve a pagare il debito nazionale. Non rimane niente per le fabbriche.

— Allora il Brasile non ha ricchezza.

— Senza le fabbriche non l’avrà mai! — riconcludeva Ribeiro con orgoglio. — Le fabbriche sono necessarie per l’economia del Brasile.

Era una sicurezza che Meirelles avrebbe voluto condividere. Ma era sposato. Aveva una moglie e una figlia. Nel corso dell’ultimo anno Pia si era ammalata due volte di bronchi, e lui sapeva che non sarebbe arrivata a compiere dieci anni se non fosse andata a vivere in un ambiente più sano. La maggior parte della gente che Meirelles conosceva era rassegnata come Ribeiro. È la volontà di Dio, dicevano. Ma lui aveva una diversa considerazione di se stesso, e sapeva che era giunto il momento di fare qualcosa.

Naturalmente, non aveva denaro. Avrebbe potuto raccogliere le sue misere cose e andarsene, semplicemente, ma aveva sentito raccontare storie terribili sui campi per profughi di Rio e di San Paolo. Dunque, aveva bisogno di soldi. E c’era un unico modo per fare soldi in fretta, secondo quanto si diceva in giro.

Pau Seco.

Era la leggenda dei bassifondi. Sembrava che laggiù la ricchezza si trovasse sottoterra. Dicevano che proveniva dallo spazio e che era lì perché la gente la trovasse. Tutti ci credevano, anche se erano in pochi a crederci abbastanza da tentare l’avventura. Inoltre, quelli che erano partiti non erano più tornati. Una mattina Meirelles si svegliò e trovò Pia ancora una volta con la difterite. Respirava a fatica ed era cianotica. Quel pomeriggio spese gli ultimi risparmi per comperarle le medicine, poi raggiunse la strada maestra, con la speranza che un autocarro gli desse un passaggio. Date le circostanze, non poteva più esitare.

Nell’arco della giornata, Meirelles fece parecchi viaggi su e giù per le ripide pareti della miniera, trasportando nelle borse il materiale incoerente, dal luogo degli scavi fino alle grosse macchine di legno sulla cima. Le macchine avrebbero separato l’argilla dalle eventuali pietre, per poi scaricare i residui in un burrone. Meirelles lavorò fino allo stremo, quando i crampi alle gambe lo costrinsero a fermarsi. Aveva il respiro sibilante. I suoi polmoni non erano più quelli di un ragazzo. Non era una formiga efficiente come altre, e questo lo preoccupava. C’era il rischio che Claudio decidesse di liberarsi di lui. L’avrebbe semplicemente licenziato o l’avrebbe consegnato all’autorità militare? Meirelles non lo sapeva, e non aveva nessuno a cui chiederlo. Le persone, lì, arrivavano e sparivano come fantasmi. La competitività era estrema, e l’amicizia un bene raro.

L’unico amico di Meirelles a Pau Seco era Ng. Se di amico di poteva parlare. Era uno straniero, e aveva vissuto una vita molto diversa dalla sua. Meirelles aveva saputo che Ng cercava una pietra di profondità, così lo aveva avvicinato in un bar della città vecchia. Non avevano parlato della pietra. Entrambi ci pensavano, si capisce, altrimenti non avrebbero perso tempo l’uno con l’altro. Ma era necessario preparare il terreno, pensava Meirelles, e Ng sembrava capirlo. Parlarono della miniera, si scambiarono vecchi ricordi.

Si incontrarono molte volte, e Meirelles giunse alla conclusione che il piccolo vivace vietnamita era in qualche modo simile a lui. Si era staccato dalla famiglia, come Meirelles. Avrebbe potuto tornare in patria dopo la guerra, e intraprendere la carriera militare, ma aveva scelto di rimanere in Brasile. Quando lui gli chiese perché, Ng si strinse nelle spalle. Era una cosa che non si poteva spiegare a parole. Meirelles lo capì.

— Siete un contrabbandiere — gli disse alla fine.

Ng socchiuse gli occhi sottili. — Sì, tra le altre cose.

— Dicono che volete comperare una pietra.

— A patto che sia quella giusta.

— Dicono che l’offerta è interessante.

— Sì — confermò Ng. — Molto interessante.