Meirelles abbassò la voce, in modo da renderla appena udibile sopra il tintinnio dei bicchieri e il brusio di altre conversazioni. — Come faccio a sapere che posso fidarmi?
— Non potete — rispose Ng. — Dovete fidarvi oppure no. Io non posso garantire nulla.
— Capisco — disse Meirelles.
Ma alla fine s’accordarono. Ora il giorno era giunto e lui si sentiva sopraffatto da un nervosismo che minacciava di tradirlo. La polizia militare aveva occhi dappertutto.
Quando risuonò l’ultimo fischio, Meirelles sollevò lo sguardo, quasi con costernazione. I canali più profondi della miniera erano già invasi dalle ombre. La parete occidentale era buia e il cielo si tingeva di blu di china. All’interno delle tende dei garimpeiros brillavano già le lampade. Lui scrollò la testa: il tempo l’aveva giocato.
Presto dovrai decidere, pensò.
Si arrampicò a fatica su per le rampe di scale e si sottopose ancora una volta alla perquisizione, prima di uscire dalla zona recintata. La paura, questa volta, non poteva difenderlo. Una guardia dall’aria bovina lo scrutò negli occhi e gli ficcò le mani nei vestiti mentre i colleghi guardavano e facevano commenti osceni. — Va bene — gli disse infine la guardia, con disprezzo. — Vai pure.
Lui si diresse subito alla baracca, salendo a gambe rigide su per la collina. Con mano tremante tolse il foglio di lamiera ondulata che gli serviva da porta.
La pietra era ancora là, dentro il materasso.
Meirelles la tirò fuori e la fissò con aria irritata. Era stata la pietra a metterlo in quella situazione impossibile. Doveva incontrare Ng in un bar della città vecchia: l’avrebbe trovato? Oppure avrebbe incontrato, al suo posto, la polizia?
Era disposto a rischiare la sua vita per quella di Pia. Senza pensarci due volte. Ma se la polizia lo prendeva, che cosa ne sarebbe stato di lei?
Quel dannato pezzo di roccia, pensò. E proprio allora, tenendolo in mano, avvertì parte del suo mistero arrivare fino a lui. Per un attimo fu sopraffatto dal ricordo della bambina che gli correva incontro dalla porta della loro casa di Cubatao… e gli venne in mente che era stata la pietra a mantenerlo onesto per tutta la durata degli ultimi tre anni trascorsi a Pau Seco. Un altro uomo, o meglio un uomo senza pietra, avrebbe finito per dimenticare il passato e costruirsi una nuova vita. Si sarebbe crogiolato nel lusso di poter dimenticare. Meirelles non aveva avuto tale privilegio.
Confuso, avvolse la pietra in un pezzo di tela cerata e se la nascose nei pantaloni.
Fuori era buio. Le colline erano punteggiate di fuochi, e dalla città vecchia cominciava a giungere un crescendo di voci e di suoni.
Era ora di andare all’appuntamento con Ng.
Il bar non aveva nome. Del resto, anche tutti gli altri bar della città vecchia di Pau Seco non l’avevano. Erano intercambiabili, svolgevano la medesima funzione, dunque non c’era ragione di distinguerli con un nome o con altro. Meirelles riconobbe quello che cercava perché si trovava all’incrocio tra la strada della miniera e il lurido sentiero che costeggiava i barrios. Esitò ancora per un attimo sulla porta. Ora la sua paura era ancora più profonda.
Per arrivarci, aveva oltrepassato la collina dove si trovava la baracca di Ng, e proprio mentre guardava in quella direzione, due militari corpulenti gli erano passati accanto quasi correndo. Tramortito dalla paura, lui si era voltato a guardarli un’altra mezza dozzina di volte, mentre si facevano strada su per la collina, fendendo il buio con le luci elettriche ad alta pressione. Meirelles non aveva dubbi sul luogo cui erano diretti. Stavano cercando Ng. Sapevano il suo nome e dove viveva.
Il vietnamita poteva esserne al corrente oppure no. In entrambi i casi, pensò, era possibile che l’omino fosse ancora al bar. In attesa. Pronto a concludere l’affare. Lui pensò al denaro e si passò la lingua sulle labbra.
Ma se la polizia sapeva di Ng, rifletté, non avrebbe tardato molto a trovarlo. C’erano militari dappertutto. Magari ce n’erano anche al bar, ad aspettare che lo scambio venisse effettuato, e in questo caso lui rischiava di essere arrestato insieme al vietnamita. Oppure Ng progettava di appropriarsi della pietra senza pagare. Meirelles si sentiva impotente, ma sapeva che la pietra era la sua unica arma.
Chiuse gli occhi e spinse la porta con le spalle sospirando.
Dentro c’era soltanto la penombra consueta e il clamore delle voci. Il puzzo della cachaca e della birra a buon mercato lo fece vacillare, e la pressione di corpi caldi lo costrinse contro il muro. Era acutamente conscio della presenza della pietra sotto i vestiti. In pochi secondi i suoi occhi si abituarono alla luce tremolante della lampada e lui girò lo sguardo verso il tavolo d’angolo dove si era incontrato con Ng il mese prima. Il vietnamita lo stava aspettando.
Era seduto al tavolo con altri tre. Indossava la solita maglietta lacera e i pantaloni da lavoro cenciosi. Gli altri erano vestiti in modo analogo, ma portavano cappelli a tesa larga calati sugli occhi alla maniera delle formigas più giovani, appena arrivate dalla città. Una specie di travestimento, pensò Meirelles, sebbene non troppo efficace. E anche scomodo, con quel caldo. Si fece strada verso il tavolo, dal momento che non c’era traccia di polizia militare. Si incuneò in una sedia e aspettò che fosse Ng a parlare.
— L’hai portata? — chiese l’omino in un soffio.
Meirelles si sentì quasi mancare. Era evidente, dal suo comportamento disinvolto e quasi divertito, che l’orientale non sapeva nulla del raid della polizia alla sua baracca, e non immaginava neppure lontanamente di essere ricercato.
Doveva dirglielo?, si chiese Meirelles.
Scrutò i compagni del vietnamita. Erano in tre. Due uomini e una donna. L’uomo sulla sinistra era alto, forse americano, con l’espressione attenta e un paio di occhi che indugiarono nei suoi forse un po’ troppo a lungo. Quello sulla sinistra era più basso e anche più nervoso, con i capelli lunghi, color bianco sporco. La donna che sedeva tra di loro era di una bellezza enigmatica, ma sembrava turbata: teneva le mani intrecciate e aveva la fronte corrugata.
È lei che vuole la pietra, pensò Ng.
— È qui — disse Meirelles, con la voce roca, in inglese. — È qui… l’ho portata.
Vide una luce sottile brillare negli occhi scuri di Ng.
— Dategli il denaro — suggerì il vietnamita.
— Non vedo la pietra — protestò l’uomo con i capelli bianchi.
La donna gli toccò la mano, come per comunicargli qualcosa, magari un avvertimento. L’americano alto si limitò a guardare.
L’uomo con i capelli bianchi sospirò, si mise una mano in tasca e ne tolse due pezzi di carta. Uno per Ng e uno per lui. Un oggetto così privo di consistenza, pensò Meirelles. Per un attimo, lo scambio sembrò ridicolo. L’oneirolita, una cosa solida, per quel pezzo di carta.
Lo stese e lo guardò abbastanza a lungo per capire che, almeno, sembrava regolare: un assegno della banca di Bradesco, con una cifra così alta, in cruzeiros, da fargli girare la testa. — D’accordo — udì la sua voce dire. — Va bene.
Ng intascò il suo assegno e sorrise.
Meirelles tirò fuori la pietra esotica avvolta nel pezzo di tela cerata. L’uomo dai capelli bianchi la guardò con sospetto. — Come facciamo a sapere che è proprio quella che vogliamo?
Ma la donna gli sfiorò di nuovo il braccio. — È quella giusta.
Lo sente, pensò Meirelles. È una sensitiva. La guardò allungare la mano verso la pietra e avvertì la sua esitazione, il rispetto per il mistero che nascondeva. — Prendetela — le disse. — Toccatela pure. Non vi farà effetto attraverso la tela cerata. — Lei non capì il suo portoghese, ma sembrò rassicurata dal suo tono di voce.