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Quelle altre nazioni assunsero posizioni diversificate. Le più strettamente legate agli Stati Uniti emisero comunicati ufficiali condannando i "ribelli" per atti di terrorismo, ma si rifiutarono di attuare forme di embargo commerciale. La Casa Bianca non insistette su quel punto. I commentatori stranieri sottolinearono, mostrando vari stadi di candore, che l’insistenza della Casa Bianca avrebbe potuto condurre a una divulgazione troppo palese di quanto pesantemente gli alleati americani dipendessero dall’invasiva finanza internazionale e dalla ricerca sulla modificazione genetica controllate dal Rifugio.

I paesi a quell’epoca non alleati con gli Stati Uniti emisero comunicati che condannavano entrambe le parti, giudicandole formate da barbari morali, privi di rispetto perfino per le proprie leggi e i propri cittadini, una linea politica così scontata e familiare che destò ben poca attenzione. Solamente l’Italia, ancora una volta socialista, con il suo solito particolarissimo caotico e fatalistico esibizionismo del socialismo italiano, riuscì a prendere una posizione originale. Roma annunciò che gli Insonni erano i capi di una nuova liberazione delle classi lavoratrici oppresse dal dominio dei media americani, e che il Rifugio avrebbe guidato il mondo in una nuova era di uso responsabile degli olocanali al servizio del lavoro. Quella sconcertante affermazione restò largamente inascoltata, eccetto che in Italia.

Una navetta che trasportava una coalizione internazionale scientifica venne lanciata verso Kagura. Dimostranti, negli Stati Uniti, cominciarono subito a gridare che non le venisse concesso di ritornare sulla Terra.

Un Insonne che viveva solo a New York, un innocuo ometto che aveva evitato gli altri Insonni per cinquant’anni, venne trascinato fuori dal proprio appartamento e picchiato a morte.

Il Rifugio lanciò un altro messaggio agli Stati Uniti: "Nessun uomo ha il diritto di governarne un altro uomo senza il consenso di quest’ultimo. — A. Lincoln".

— Questa era per te — disse infuriata Stella. — La citazione di Lincoln… è la guerra sbagliata. Hanno storpiato la Rivoluzione, non la Guerra Civile. Jennifer ha inserito quella frase di Lincoln soltanto perché tu sei una studiosa di Lincoln!

Leisha non rispose.

— Per noi prendere possesso della stazione orbitale, semplicemente prenderne il possesso, senza preavviso… sarebbe negativo quanto per il Rifugio rilasciare senza preavviso il virus sulla Terra — disse Nikos. Inviò il suo programma di stringhe agli altri tre edifici in cui si erano radunati i Super. La stringa era sorprendente, per essere di Nikos, il quale pensava generalmente con stringhe ardite, dotate di forti e chiari riferimenti incrociati. Quella stringa era delicatamente equilibrata, l’etica, la storia e la solidarietà alla comunità vi erano attentamente bilanciate, ponendo in contrapposizione valori quasi uguali che rendevano la forma complessiva fragile per la tensione interna. Era una stringa quasi più caratteristica di Allen che non di Nikos. Miri la studiò attentamente. Ne approvò la delicata pressione.

Significava che Nikos non era fortemente motivato nell’opporsi a lei.

Christy propose: — E se dessimo loro un avvertimento?

L’idea era balzata fuori un’ora prima. La stringa di Christy, tuttavia, denotava nuovi elementi tratti da giustificazioni di tipo militare: attacchi preventivi contro alternative a taglio netto. Il fardello della colpa nei tribunali di guerra controbilanciato dalle opzioni studiate per la pace. Il peso dello sforzo morale al limite riconosciuto della forza permissiva: Pearl Harbor. La patria di Israele. Hiroshima. Il generale William Tecumseh Sherman. Lo Stallo paraguaiano. Le stringhe dei Super includevano raramente la storia militare: Miri non aveva immaginato che la memoria di Christy avesse catalogato quegli atti militari, tanto da potervi costruire delle stringhe.

— Sìììì — disse lentamente Nikos. — Sìììì…

Ludie, soltanto undici anni, disse: — Non posso minacciare mia madre. Nemmeno indirettamente.

"Io potrei" pensò Miri, e guardò Nikos, Christy, Allen e l’imprevedibile Terry.

— Sììì — disse Nikos. — E se…

Stringhe di probabilità si avvolsero, si annodarono e ruotarono vorticosamente.

— Will, c’è un altro gruppo di cittadini che chiede di entrare nella cupola del Consiglio — annunciò la consigliera Renleigh.

Sandaleros ribatté: — Come hanno fatto ad arrivare fin qui se c’era l’ordine di rimanere negli edifici?

— Come? — chiese la consigliera Barcheski con un briciolo di disgusto: nel Consiglio stavano cominciando a svilupparsi alcune tensioni. — Sono venuti a piedi. Quanti agenti pensi di avere là fuori? E quanta paura pensi che abbiano i nostri cittadini di quelli che hai?

Jennifer intervenne con voce tranquilla: — Nessuno vuole che la nostra gente abbia paura.

— Non ne hanno — replicò Barbara Barcheski. — Stanno chiedendo di entrare per parlare con voi.

— No — ribatté Sandaleros. — Quando tutto sarà finito, quando avremo ottenuto l’indipendenza dalla Terra, allora parleremo.

— Quando a nessuno interesserà più che cosa avete fatto per ottenerla — commentò Ricky Sharifi. Era la prima volta che apriva bocca in tre ore.

Caroline Renleigh disse: — Hanno con loro Hank Kimball. Ho lavorato con lui sui sistemi. Il campo di sicurezza attorno alla cupola del Consiglio potrebbe non reggere.

Cassie Blumenthal sollevò lo sguardo dal terminale. I suoi denti giallastri balenarono. — Resisterà.

Dopo qualche tempo i protestatari se ne andarono.

— Jennifer — avvisò John Wong — il Canale Quattro si sta battendo pesantemente per un singolo attacco chirurgico di tipo nucleare che faccia saltare in aria il Rifugio e i nostri "presunti detonatori" con un colpo secco.

— Non lo faranno. Non gli Stati Uniti — rispose Jennifer.

Ricky Sharifi commentò: — Stai confidando sull’onestà dei mendicanti perché vincano la tua guerra per te.

— Io penso, Ricky — ribatté Jennifer in modo composto — che, se tu ricordassi gli eventi che io e Will ricordiamo, non parleresti dell’onestà dei mendicanti. Penso, inoltre, che dovresti tenere per te le tue ulteriori opinioni.

Se la voce di lei si incrinò un poco, fu solo pochissimo, e nessuno oltre Ricky e la stessa Jennifer lo notò. Quanto meno, nessuno agì come se lo avesse notato.

Richard Keller era entrato così silenziosamente nella olocamera che gli altri, inizialmente, non si resero nemmeno conto della sua presenza. Si mise in piedi dietro Stella e Jordan, in fondo contro la parete, con gli occhi scuri sopra la folta barba, incavati e adombrati. Drew fu il primo a notarlo. A Drew non era mai piaciuto troppo Richard, che gli sembrava essersi arreso, essersi ritirato anche se lui non avrebbe saputo dire da cosa. Richard, dopo tutto, si era risposato, aveva avuto un altro figlio, aveva viaggiato per tutto il mondo, studiando e lavorando. Leisha, al contrario, non aveva fatto alcuna di quelle cose. Tuttavia, a Drew sembrava ugualmente che Leisha, rinchiusa nel deserto, non si fosse arresa e Richard sì.

Non aveva alcun senso, Drew lottò ancora per qualche istante con le astrazioni e poi, come al solito, abbandonò il tentativo di pensare in parole. Lasciò piuttosto le fredde forme che erano, e al tempo stesso non erano, Richard e Leisha scivolargli attraverso la mente.

Richard ciondolava contro la parete, ascoltando stridenti annunciatori degli olocanali che gridavano perché venissero messi a morte i figli che lui non aveva più visto da quarant’anni.