— Be’, è ovvio — commentò Stella sconcertata. — Leisha, ti prego, alzati!
— Le cose cambiano — ripeté Leisha, come una ragazzina. — Non si tratta soltanto di cambiamenti di grado. Ci sono cambiamenti di genere. Anche per noi. Dopo tutto. Dopo tutto. Dopo tutto.
Erano trentasei, trasferiti in volo con un aereo governativo da Washington: l’intera faccenda era durata più di quanto chiunque, a parte Leisha, ex avvocato, non si fosse aspettato. Ventisette "Superintelligenti": Miri, Nikos, Allen, Terry, Diane, Christy, Jonathan, Mark, Ludie, Joanna, Toshio, Peter, Sara, James, Raoul, Victoria, Anne, Marty, Bill, Audrey, Alex, Miguel, Brian, Rebecca, Cathy, Victor e Jane. Nomi così comuni per persone così fuori dal comune. Con loro c’erano quattro bambini Insonni "Normali": Joan, Sam, Hako e Androula. C’erano inoltre cinque genitori che apparivano, fondamentalmente, più tesi dei loro bambirri. Fra i genitori c’era Ricky Sharifi.
I suoi occhi scuri erano stati resi pazienti dal dolore, e lui si muoveva con esitazione, come se non fosse certo di avere il diritto di camminare sulla Terra. Quando Leisha si rese conto del perché le sembrasse tutto normale, sorrise. Richard, che ormai appariva più giovane del figlio, aveva avuto quell’aspetto nei mesi successivi al processo di Jennifer.
Il primo processo di Jennifer. I membri del Consiglio del Rifugio si trovavano tutti in prigione a Washington.
— Mio padre è qui? — chiese Ricky a Leisha con pacatezza, durante il primo pomeriggio di permanenza.
— No. Lui, se n’è andato, Ricky.
Ricky annuì, non era sorpreso. Sembrava quasi che si fosse aspettato quella risposta. Forse era proprio così.
Miranda Sharifi, "Miri", prese il comando fin dall’inizio. Dopo il trambusto per l’arrivo, la sistemazione dell’equipaggiamento, delle valigie, delle reti di sicurezza e l’elaborata organizzazione delle stanze di Stella, Miri si recò con suo padre nello studio di Leisha. — Grazie per averci permesso di venire qui, signorina Camden. Siamo intenzionati a studiare una forma di pagamento per l’affitto delle camere non appena i nostri beni saranno stati dissequestrati dal vostro governo.
— Chiamami Leisha. È anche il tuo governo. Ma non è necessaria alcuna forma di affitto, Miri. Siamo contenti di avervi qui.
Gli occhi scuri di Miri la esaminarono. Erano occhi strani, pensò Leisha, non per particolari caratteristiche fisiche, ma perché sembravano vedere cose che nessun altro vedeva. Restò leggermente scioccata nel rendersi conto che, a dispetto dell’ammirazione che già provava per Miri, gli occhi della ragazzina la mettevano a disagio. Quante cose vedeva di lei quello sguardo diretto? Quante cose capiva quel cervello potenziato, diverso, migliore dell’animo profondo di Leisha?
Doveva essere quello che un tempo aveva provato Alice nei suoi confronti, e Leisha non lo aveva mai saputo, non se ne era mai resa conto.
Miri sorrise. Il sorriso le trasformò l’intero volto, lo aprì e lo illuminò. — Grazie, Leisha. È molto generoso. Ma è molto di più: io penso che tu ci consideri parte della tua comunità e per questo ti ringraziamo profondamente. La comunità è un concetto davvero importante, per noi. Preferiremmo tuttavia pagarti. Siamo yagaisti, sai?
— Lo so — rispose Leisha, chiedendosi se fra le cose che il miglior cervello di Miri potesse meglio comprendere ci fosse anche l’ironia. Aveva solo sedici anni.
— C’è… c’è ancora Drew Arlen? O è ritornato in tournée?
— È ancora qui. Ti ha aspettato.
Miri arrossì. "Oh, oh" pensò Leisha. "Oh…" Leisha mandò a chiamare Drew. Lui sollevò lo sguardo verso Miri dalla carrozzella elettrica, con il suo bel volto apertamente interessato, e le porse la mano.
— Salve, Miranda.
— Dopo vorrei parlarle del sogno lucido — disse Miranda senza alcuna grazia, arrossendo ulteriormente. — Sugli effetti neurochimici che ha sul cervello. Ho portato avanti alcuni studi, e lei potrebbe essere interessato ai risultati, un’opportunità di considerare la sua arte dal punto di vista scientifico… — Leisha riconobbe lo sproloquio della ragazzina per quello che era: un regalo. Stava offrendo a Drew quello che riteneva fosse la parte migliore di sé: il proprio lavoro.
— Grazie — fece con espressione seria Drew. Gli occhi gli scintillarono. — Mi piacerebbe.
Leisha restò sbalordita di sé. Si era chiesta se non avrebbe provato una breve, debole fitta di gelosia per l’abbandono di Drew a favore di Miri, era stato anche troppo evidente quanto lui fosse pronto ad abbandonarla, ma quello che provò non fu né breve né di debole intensità. Né si trattò di gelosia. Un sentimento protettivo le avvampò dentro come un fuoco di paglia. Se Drew stava usando quella straordinaria ragazzina solamente per arrivare al Rifugio, lo avrebbe distrutto. Completamente. Miri si meritava di più, aveva bisogno di più, era migliore di cosi.
Sbalordita per il sentimento, Leisha restò in silenzio.
Miri sorrise una seconda volta. Teneva ancora la mano in quella di Drew. — Lei ha cambiato le nostre vite, signor Arlen. Gliene parlerò dopo.
— Grazie. E chiamami Drew.
Leisha vide un ragazzino sudicio di dieci anni con impudenti occhi verdi e maniere raccapriccianti: "Io possederò il Rifugio, io". Guardò nuovamente Miranda: i capelli scuri della ragazzina le ricadevano in avanti per nascondere il volto arrossito e la testa malformata. Il fuoco di paglia infuriò. Miranda ritirò la mano da quella di Drew.
— Io penso — disse Ricky Sharifi — che Miri abbia presto bisogno di mangiare di nuovo. Il suo metabolismo differisce dal nostro, Leisha, saremo un vero salasso per le tue risorse. Lasciaci pagare. Non hai nemmeno visto che cosa riusciranno a fare Terry, Nikos e Diane al tuo equipaggiamento di comunicazione.
Anche Ricky aveva osservato Miranda e Drew. Guardò Leisha e sorrise mestamente. Leisha si accorse che Ricky aveva paura del potere di sua figlia, come Leisha aveva avuto paura del sogno lucido di Drew, e che ne era altrettanto orgoglioso.
— Vorrei che tu avessi conosciuto mia sorella Alice — disse Leisha direttamente a Ricky — È morta l’anno scorso.
Lui sembrò comprendere in quella semplice frase tutto ciò che lei aveva avuto intenzione di dirgli. — Anche io l’avrei voluto.
Miri tornò alla questione riguardante il pagamento. — E non appena il vostro… il nostro… governo si sarà soddisfatto a sufficienza da liberare i nostri beni, saremo tutti ricchi secondo i vostri standard. A dire il vero, avevo intenzione di chiederti se non saresti stata interessata a svolgere il lavoro legale necessario per aiutare un certo numero di noi a fondare industrie registrate nel Nuovo Messico. La maggior parte di noi ha condotto affari o ricerche commerciali, sai, ma qui siamo minorenni. Avremo bisogno di strutture legali che ci permettano di continuare i nostri affari in veste di impiegati part-time di entità industriali in cui ci siano adulti in qualità di amministratori delegati.
— Non è mai stato il mio campo — rispose Leisha misurando le parole. — Ma ti posso suggerire una persona che potrebbe occuparsene. Kevin Baker.
— No. Era il tramite del Rifugio.
— È stato sempre onesto? — chiese Leisha.
— Sì, ma…
— Lo sarebbe anche con voi. — E volentieri: Kevin smaniava sempre per andare là dove si trovava l’affare.
Miri disse: — Esaminerò la cosa con gli altri. — Leisha l’aveva già notata insieme con gli altri Superintelligenti a scambiare sguardi di cui lei era certa di perdersi gran parte del significato; interi volumi carichi di significato che non avrebbe mai visto. E quanto altro significato che non avrebbe mai visto c’era nei globi di stringhe che costruivano l’uno per l’altro, o nei globi di stringhe che avevano nelle loro menti aliene?