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— Ascolta — le disse Stewart — ti chiamo perché ho un’informazione che penso dovresti conoscere. Sosterrai gli esami per l’abilitazione alla professione la settimana prossima, vero? E poi hai un posto in prova presso Morehouse, Kennedy Anderson.

— Come fai a sapere tutte queste cose, Stewart?

— Pettegolezzi da lavandaie. Be’, non proprio. Ma la comunità legale di New York, quanto meno quella parte, è più ristretta di quanto non pensi. E tu sei un elemento piuttosto in vista.

— Già — commentò Leisha in modo neutrale.

— Nessuno ha il minimo dubbio che tu possa non passare l’esame. Vengono tuttavia avanzati dei dubbi sul lavoro con Morehouse e Kennedy. Ci sono due soci anziani, Alan Morehouse e Seth Brown, che hanno cambiato idea dopo quel… casino. "Pubblicità negativa per la compagnia", "far diventare la legge un circo", bla, bla, bla. Conosci la storia. Ma hai anche due potenti sostenitori, Ann Carlyle e Michael Kennedy, il vecchio in persona. È una gran mente. Comunque, volevo che fossi al corrente per capire esattamente com’è la situazione e sapere su chi contare nella lotta senza quartiere.

— Grazie — fece Leisha. — Stew, perché ti interessa che io ottenga o no il lavoro? Perché dovrebbe importarti?

All’altro capo del filo ci fu silenzio. Stewart disse quindi a voce molto bassa: — Non siamo tutte teste di cavolo qui fuori, Leisha. La giustizia importa ancora ad alcuni di noi. Così come il merito.

Leisha si sentì pervadere da una luce, una bolla di luce di allegria.

Stewart continuò: — Hai grande sostegno, qui, anche per quella stupida battaglia del piano regolatore riguardante il Rifugio. Potresti non accorgertene, ma é così. Ciò che stanno cercando di mettere in piedi quelli della Commissione dei Parchi… ma vengono solamente usati come fronte. D’altra parte, lo sai già. Comunque, quando si arriverà in tribunale, avrai tutto l’aiuto di cui ci sarà bisogno.

— Il Rifugio non è affatto opera mia. Per niente.

— No? Be’, allora per voi, come gruppo.

— Grazie. Dico davvero. Come stai?

— Bene. Sono diventato papà.

— Sul serio? Maschio o femmina?

— Una bambina. Una magnifica piccola civetta di nome Justine che mi fa impazzire. Mi piacerebbe che tu conoscessi mia moglie, Leisha.

— Piacerebbe anche a me — rispose Leisha.

Passò il resto della notte a studiare per gli esami di abilitazione. La bolla rimase dentro di lei. Riconobbe esattamente che cos’era: gioia.

Sarebbe andato tutto bene. Il contratto, non ancora scritto, fra lei e la sua società, la società di Kenzo Yagai, la società di Roger Camden, avrebbe tenuto. Con dissensi e lotte e, sì, anche con odio. Pensò improvvisamente ai mendicanti di Spagna di Tony, infuriati contro i forti perché loro non lo erano. Già, ma avrebbe tenuto.

Lo credeva fermamente.

Davvero.

7

Leisha sostenne gli esami per l’abilitazione alla libera professione in luglio. Non le sembrarono difficili. In seguito, tre compagni di corso, due uomini e una donna, si sentirono in dovere di parlare con Leisha in modo falsamente casuale finché lei non fu salita al sicuro su un taxi il cui conducente evidentemente non conosceva né lei né i cartelli di stop. I tre erano tutti Dormienti. Un paio di matricole, giovanotti biondi e ben rasati dai visi lunghi e la sciocca arroganza della stupidità dei ricchi, adocchiarono Leisha e sogghignarono. La compagna di corso di Leisha sogghignò di rimando.

Leisha aveva un volo per Chicago la mattina successiva. Alice l’avrebbe raggiunta lì. Dovevano ripulire la grande casa sul lago, disporre delle proprietà personali di Roger e mettere in vendita l’immobile. Leisha non aveva avuto tempo per farlo prima.

Ricordò suo padre nella serra, con un antico cappello piatto che aveva recuperato da qualche parte, mentre invasava orchidee, gelsomini e fiori della passione.

Quando il campanello della porta suonò, la ragazza sobbalzò: non riceveva quasi mai visite. Con ansia, accese il videocitofono: forse si trattava di Jonathan o Martha, tornati a Boston per farle una sorpresa, per festeggiare. Perché non aveva pensato in anticipo a una specie di festeggiamento?

Richard stava fissando in alto la telecamera. Aveva pianto.

Lei spalancò la porta. Richard non accennò nemmeno a entrare. Leisha vide che ciò che la telecamera aveva riportato come dolore in realtà era qualcosa d’altro: lacrime di rabbia.

— Tony è morto.

Leisha protese la mano, alla cieca. Richard non la prese.

— Lo hanno ucciso in prigione. Non le autorità: gli altri prigionieri. Nel cortile della ricreazione. Assassini, stupratori, saccheggiatori, la feccia della terra; hanno pensato di avere il diritto di uccidere lui perché era diverso.

A quel punto, Richard afferrò il braccio di Leisha con tale violenza che qualcosa, qualche osso, si mosse sotto la carnee le premette contro un nervo. — Non solo diverso, migliore. Perché lui era migliore, perché tutti noi lo siamo, solo che, maledizione, non ci ribelliamo e non lo gridiamo a causa di qualche sentimento mal riposto, per i loro sentimenti… Dio!

Leisha liberò il braccio e lo sfregò, intorpidito, fissando sbigottita il volto contorto di Richard.

— Lo hanno picchiato a morte con un tubo di piombo. Nessuno sa nemmeno come abbiano fatto a procurarsi un tubo di piombo. Lo hanno picchiato sulla nuca, poi lo hanno rivoltato e…

— Smettila! — intimò Leisha. La parola venne fuori in un gemito.

Richard la guardò. Nonostante le grida, la violenta presa sul suo braccio, Leisha ebbe la confusa impressione che quella fosse la prima volta in cui lui l’avesse realmente vista. Continuò a sfregarsi il braccio, guardandolo a occhi sbarrati, terrorizzata.

Lui disse pacatamente: — Sono venuto per portarti al Rifugio, Leisha. Dan Jenkins e Vernon Bulriss sono nell’auto qui davanti. Noi tre ti porteremo fuori a forza, se necessario. Ma tu verrai, vero? Lo capisci da sola, no? Non sei al sicuro, qui, con la tua importanza e il tuo fisico che dà nell’occhio. Sei un bersaglio naturale, semmai ne è esistito uno. Dobbiamo costringerti? O riesci finalmente a capire da sola che non abbiamo altra scelta? Quei bastardi non ci hanno lasciato altra scelta se non il Rifugio.

Leisha chiuse gli occhi. Tony, quattordicenne, in spiaggia. Tony, con occhi feroci e scintillanti, il primo ad allungare la mano verso il bicchiere di interleukin-1. Mendicanti in Spagna.

— Verrò.

Leisha non aveva mai conosciuto un tale furore. La terrorizzò, presentandosi a ondate durante tutta la lunga notte, ritirandosi e poi tornando sempre. Richard la tenne stretta fra le braccia; rimasero seduti tutti e due con le schiene appoggiate contro la parete della libreria, ma il fatto che lui l’abbracciasse non riuscì a fare alcuna differenza. In salotto, Dan e Vernon parlavano a voce bassa.

A volte, la rabbia esplodeva in grida, e Leisha udiva se stessa e pensava: "Non ti conosco". A volte, si trasformava in pianto, a volte, in racconti su Tony, su tutti loro. Né le grida né il pianto né il parlare riuscirono a sollevarla.

Il pianificare l’aiutò, un poco. Leisha parlò a Richard, con voce fredda e dura che non riconobbe, del viaggio per chiudere la casa di Chicago. Vi doveva andare per forza: Alice si trovava già lì. Se Richard, Dan e Vernon avessero messo Leisha sull’aereo e Alice la fosse andata a prendere al termine del volo con guardie del corpo del sindacato, non avrebbe corso eccessivi pericoli. Poi avrebbe potuto cambiare il biglietto di ritorno per Boston con uno per Conewango e recarsi con Richard al Rifugio.