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Lei proseguì pazientemente: — Ma si deve rendere conto che quando sono coinvolti miliardi, sono coinvolti anche i ladri. Ha già avuto modo di constatarlo. Mi ha detto, inoltre, che non ha ancora presentato richiesta di brevetto perché non voleva che il direttore Lee scoprisse quello a cui stava lavorando. — Un istante dopo aggiunse: — Giusto? — Non serviva a nulla fare supposizioni con quell’uomo.

— Giusto.

— Bene. Allora quello di cui deve altresì rendersi conto è che la gente che ruberebbe milioni potrebbe anche… non dico che succederà ma che potrebbe succedere… potrebbe anche…

Non riuscì a terminare la frase. Il dolore che provava allo stomaco era tornato, e lei incrociò le braccia sopra l’addome. "Richard che la stringeva nella camera da letto trascurata di Evanston, lei quindicenne, che incontrava per la prima volta un compagno Insonne e che era piena di esultanza come fosse luce…"

Walcott chiese: — Intende dire che i ladri potrebbero anche cercare di uccidermi? Me e Timmy? Anche senza la parte finale della ricerca?

— Scriva tutto. Adesso. Qui — rispose Leisha.

Gli mise a disposizione un computer isolato e un ufficio privato. Lui vi restò dentro solamente venticinque minuti, il che la sorprese. Ma, poi, quanto occorreva per scrivere qualche formula e qualche considerazione? Non era come una deposizione legale.

Si accorse di essersi aspettata che l’uomo cincischiasse sul lavoro perché era un Dormiente.

Fece otto copie cartacee dei documenti sulla piccola fotocopiatrice isolata che utilizzava per informazioni riservale cliente-avvocato, resistendo al desiderio di leggerle. Probabilmente non le avrebbe capite comunque. Gli consegnò una copia oltre al supporto magnetico. — Per evitare equivoci, dottore. Queste sette copie finiranno in svariati caveau. Una nella cassetta di sicurezza che ho qui, una andrà alle Imprese Baker, la ditta di Kevin Baker, che le assicuro è inespugnabile. — Walcott non mostrò segno di sapere chi fosse Kevin Baker: non era possibile per alcun ricercatore genetico non sapere chi fosse Kevin Baker.

— Dica a tutte le persone che desidera che esistono molteplici copie del suo attuale progetto di ricerca anonimo e che sono nelle mani di più persone. Io farò la stessa cosa. Quante più persone sapranno, tanto meno lei sarà un bersaglio. Le consiglio, vivamente, inoltre di dire al direttore Lee quello che stava facendo e di richiedere il brevetto per il suo lavoro a suo nome. Io dovrei essere presente quando parlerà con Lee, se vogliamo rivendicare una proprietà personale per una parte del lavoro, indipendentemente dalla Samplice.

— Bene — disse Walcott. Si passò una mano fra i capelli trascurati. — Lei è stata così franca… sento di dovere essere franco anche io.

Qualcosa nel tono dell’uomo fece sollevare bruscamente lo sguardo a Leisha.

— Il fatto è che io… la ricerca che ho appena scritto per lei… — Si passò l’altra mano fra i capelli e si mise in equilibrio su un solo piede, un’imbarazzata gru in miniatura.

— Sì?

— Non c’è tutto. Ho lasciato indietro l’ultimo pezzo. Il pezzo che non hanno nemmeno i ladri.

L’uomo, allora, era più cauto di quanto lei non avesse sospettato. Nel complesso, Leisha approvò: i clienti spericolati erano peggiori di quelli malfidenti, anche se la persona di cui non si fidavano era il loro stesso avvocato.

Walcott guardò oltre di lei, fuori dalla finestra. Era ancora in equilibrio su un solo piede. La forza intermittente in modo inquietante gli tornò nella voce. — Ha detto anche lei di non sapere chi ha rubato la prima copia ma che è potenzialmente molto preziosa da replicare. O da non replicare. E lei è un’Insonne, signorina Camden.

— Capisco. È tuttavia importante che lei scriva anche l’ultimo pezzo, dottore, per sua protezione. Se non qui, allora in un qualsiasi altro luogo completamente sicuro. — E dove sarebbe mai potuto esistere? si chiese lei. — Dovrebbe anche dire al maggior numero di persone possibile, questo è un punto importante, che tutta la ricerca esiste in qualche altro posto oltre che nel suo cervello.

Walcott finalmente abbassò sul pavimento il piede che teneva sollevato. Annuì. — Ci penserò. Lei ritiene davvero che io possa trovarmi in reale pericolo di vita, signorina Camden?

Leisha pensò al Rifugio. Le tornò la nausea: non aveva nulla a che fare con quello che era o non era successo a Walcott. Incrociò le braccia sopra lo stomaco.

— Sì — disse. — Ritengo di sì.

10

Jordan Watrous si versò un altro drink al secrétaire Hepplewhite, allestito come mobile bar nel salotto di sua madre. Il terzo? Quarto? Forse nessuno li stava contando. Dalla pedana d’ingresso con travi a sbalzo che dava sull’oceano fluttuava un suono di risate. Alle orecchie di Jordan le risate apparivano nervose, ed era possibilissimo. Che diavolo stava dicendo Hawke adesso? E a chi?

Lui non aveva voluto portare Hawke. Era il cinquantesimo compleanno del suo patrigno: Beck aveva desiderato dare una festicciola in famiglia, ma la madre di Jordan aveva appena terminato di arredare la nuova casa e desiderava esibirla. Per vent’anni, Alice Camden Watrous aveva vissuto come se non avesse denaro, senza toccare l’eredità lasciatale dal padre eccetto che, Jordan lo aveva scoperto in seguito, per pagare l’istruzione, i computer e le attività sportive sue e di Moira. Aveva trattato il proprio denaro come se fosse stato un cane grosso e pericoloso che le era stato affidato ma al quale non voleva avvicinarsi. Al quarantesimo compleanno, poi, apparentemente era accaduto qualcosa nell’intimo di sua madre, qualcosa che Jordan non aveva capito. Tuttavia non lo aveva nemmeno sorpreso. Gran parte dei comportamenti umani gli sfuggivano.

Sua madre aveva fatto costruire improvvisamente quella grande casa sull’oceano a Morro Bay, dove, a pochi chilometri di distanza, le balene grigie sollevavano le code immense e passavano proiettando spruzzi. Aveva arredato la casa con mobili antichi in stile inglese, costosi ma poco appariscenti, acquistati a Los Angeles, New York e Londra. Beck, sicuramente l’uomo dal carattere più dolce che Jordan avesse mai conosciuto, aveva sorriso in modo indulgente anche se sua moglie aveva assunto un diverso costruttore, non Beck, per edificare la casa. In qualche occasione Jordan, arrivando all’appezzamento di terra con sua madre, aveva trovato Beck a lavorare insieme con i carpentieri del sindacato e i loro robot a inchiodare assi e allineare travetti. Quando la casa era stata completata, Jordan aveva atteso con apprensione i nuovi lati di sua madre che sarebbero potuti emergere. Scalata sociale? Chirurgia plastica? Amanti? Alice, però, aveva ignorato i vicini snob, aveva lasciato che la propria tozza figura rimanesse tale e aveva borbottato allegramente sui suoi pezzi di antiquariato e il suo amato giardino.

— Perché inglese? — le aveva chiesto una volta Jordan, passando le dita sullo schienale di una poltrona Sheraton. — Perché pezzi di antiquariato?

— Mia madre era inglese — aveva risposto Alice, ed era stata la prima e l’ultima volta che lui l’avesse mai sentito menzionare sua madre.

La festa di compleanno per Beck era stata anche un party per l’inaugurazione della nuova casa. Alice aveva invitato tutti gli amici suoi e di Beck, i suoi colleghi del Gruppo dei gemelli, i compagni di classe e i professori di Moira, Leisha Camden e Kevin Baker e un’Insonne sulla quale Jordan non aveva mai posato gli occhi prima di allora, una graziosa giovane dai capelli rossi di nome Stella Bevington che Alice aveva abbracciato e baciato come se fosse stata un’altra Moira. Calvin Hawke si era invitato da solo.

— Non penso proprio sia il caso, Hawke — aveva detto Jordan nell’ufficio della fabbrica nel Mississippi e, per chiunque altro, sarebbe stato argomento concluso.