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— Mi piacerebbe conoscere tua madre, Jordy. La maggior parte degli uomini non parlano altrettanto bene delle loro madri, né altrettanto spesso.

Jordan non poté farci nulla: si sentì arrossire. Da quando frequentava le elementari era stato passibile dell’accusa di essere un cocco di mamma, Hawke non aveva voluto sottintendere nulla… oppure sì? Successivamente, tutto quello che aveva detto Hawke aveva preso a pungere. Era colpa di Jordan o di Hawke? Jordan non poteva stabilirlo.

— È proprio una festa di famiglia, Hawke.

— Non avrei certo intenzione di intromettermi nelle cose di famiglia — aveva detto Hawke in tono mellifluo. — Ma non hai detto che era anche una grossa festa di inaugurazione della casa? Ho un regalo che vorrei dare a tua madre per la casa. Qualcosa che è appartenuto a mia madre.

— È molto generoso da parte tua — aveva detto Jordan, e Hawke aveva sogghignato. Le buone maniere che Alice aveva inculcato in suo figlio divertivano Hawke. Jordan era sufficientemente astuto da capirlo, ma non sufficientemente astuto da sapere come rimediare. Si irrigidì per parlare con schiettezza. — Non voglio che tu venga. Ci sarà mia zia. E anche altri Insonni.

— Capisco perfettamente — aveva detto Hawke, e Jordan aveva pensato che la questione fosse chiusa. Non si sa come, però, continuava a riaffiorare e, non si sa come, le frecciate peggioravano nelle frasi apparentemente innocenti di Hawke e, proprio perché erano innocenti, Jordan si sentiva in colpa per le risposte brusche che gli dava. E, non si sa come, in quel momento Hawke si trovava fuori sulla pensilina della casa di sua madre a parlare con Beck, Moira e un’ammirata folla dei compagni di college di Moira, mentre Leisha, completamente silenziosa, osservava Hawke con espressione vacua e. Jordan scivolava via per versarsi il terzo… quarto?… whisky nel bicchiere, così velocemente da farlo spillare sulla nuova moquette azzurra di sua madre.

— Non è colpa tua — disse una voce alle sue spalle. Leisha. Non aveva sentito i suoi passi.

Lui chiese: - Cosa si può fare per le macchie di whisky? Bicarbonato? O danneggia la moquette?

— Lascia perdere la moquette. Volevo dire che non è colpa tua se Hawke si trova qui. Sono certa che tu non lo volessi e sono anche certa che ti sia passato sopra come un rullo compressore. Non darti la colpa, Jordan.

— Nessuno può mai dirgli di no — commentò con espressione afflitta Jordan.

— Oh, Alice ci sarebbe riuscita, se avesse voluto. Non dubitarne. Lui è qui perché a lei stava bene, non perché ti ha costretto a invitarlo.

La questione lo aveva preoccupato per lungo tempo: — Leisha, pensi che la mamma approvi quello che faccio? L’intera storia del movimento Noi-Dormiamo?

Leisha restò a lungo in silenzio. Alla fine disse: — Non lo verrebbe a dire a me, Jordan. — Il che era ovviamente vero. Era stata una domanda sciocca, scioccamente spifferata. Lui passò con scarsa efficacia un fazzoletto sulla moquette.

Leisha continuò: — Perché non lo chiedi a lei?

— Noi non parliamo di Dormienti e insonnia.

— No, questo lo credo — commentò Leisha. — Ci sono moltissime cose di cui non si parla in questa famiglia, vero?

Jordan chiese: — Dov’è Kevin?

Leisha lo fissò con genuina sorpresa. - Non era un non sequitur, vero?

Lui si sentì in imbarazzo. — Non intendevo implicare…

— Non preoccuparti, Jordan… Smettila di scusarti in continuazione. Kevin aveva un appuntamento con un cliente su una stazione orbitante.

Jordan emise un fischio. — Non sapevo che ci fossero Insonni su nessuna delle stazioni orbitanti.

Leisha corrugò la fronte. — Non ce ne sono. Ma la maggior parte del lavoro di Kevin è per clienti internazionali che non sono necessariamente, e nemmeno solitamente, Insonni ma che…

— …che sono ricchi a sufficienza da potersi permettere di assumerlo — disse Hawke, arrivando alle loro spalle. — Signorina Camden, non mi ha rivolto la parola per tutta la sera.

— Avrei dovuto farlo?

Lui si mise a ridere. — Certo che no. Perché mai Leisha Camden dovrebbe avere qualcosa da dire all’organizzatore sindacale di una sottospecie di deficienti che sprecano un terzo della loro vita in un’attività non produttiva da zombie?

Leisha rispose pacatamente: — Non ho mai considerato i Dormienti in questo modo.

— Davvero? Li ritiene forse uguali? Sa che cosa ha detto Abramo Lincoln sull’uguaglianza, signorina Camden? Ha pubblicato un libro sul punto di vista di Lincoln sulla Costituzione con lo pseudonimo di Elizabeth Kaminsky, non è vero?

Lei non rispose. Jordan disse: — Basta così, Hawke.

Hawke insistette: — Lincoln ha detto sull’uomo a cui viene negata l’uguaglianza economica: "Quando lo avete mortificato e gli avete reso impossibile essere di più delle bestie nei campi; quando avete estinto la sua anima in questo mondo e lo avete posto dove il raggio della speranza è spento come nell’oscurità della dannazione, siete sicuri che il demone che avete risvegliato non si rivolterà per ritorcersi contro di voi?".

Leisha rispose: — Sa che cosa ha detto Aristotele sull’uguaglianza? "Gli uguali si ribellano per poter divenire superiori. Questo è lo stato mentale che provoca le rivoluzioni."

Il volto di Hawke si fece più tagliente. A Jordan parve addirittura che le sue ossa divenissero più sporgenti: qualcosa si mosse dietro gli occhi di Hawke. Fece per dire qualcosa, evidentemente ci ripensò, e sorrise in modo enigmatico. Quindi si voltò e si allontanò.

Un istante dopo Leisha disse: — Mi dispiace, Jordan. È stato imperdonabile a una festa. Sono troppo abituata ai tribunali, immagino.

— Hai un aspetto terribile — disse improvvisamente Jordan, sorprendendo anche se stesso. — Hai perduto troppo peso. Hai il collo tutto raggrinzito e il volto tirato.

— Dimostro la mia età — rispose Leisha, improvvisamente divertita. Perché mai una cosa simile doveva divertirla? Forse non erano gli Insonni che lui non capiva: forse erano le donne. Lui voltò la testa verso l’esterno per lanciare un’occhiata alle piccole luci scintillanti con cui Stella Bevington aveva adornato i capelli rossi.

Leisha si sporse in avanti e lo afferrò per un polso. — Jordan, hai mai desiderato di diventare Insonne?

Lui la fissò negli occhi verdi, così diversi da quelli di Hawke: gli occhi di lei riflettevano indietro tutta la luce. Come una parcella rifiutata. Tutto a un tratto, la sua tipica incertezza lo abbandonò. — Sì, Leisha. Lo desidero. Lo desideriamo tutti. Ma non possiamo diventarlo. Ecco perché io lavoro con Hawke nell’organizzare una sottospecie di deficienti che sprecano un terzo della loro vita a dormire. Perché noi non possiamo essere voi.

Sua madre arrivò alle loro spalle. — Tutto bene qui? — chiese Alice guardando il figlio e poi la sorella. Sfoggiava, notò improvvisamente Jordan, la sua solita calda espressione e un abito veramente orrendo, un costoso vestito di seta verde che non faceva nulla per attenuare la sua goffaggine. Attorno al collo indossava il pendente antico che Beck le aveva regalato. Era appartenuto un tempo a una qualche duchessa inglese.

— Bene — rispose Jordan, e non riuscì a pensare a nulla altro da dire. Gemelle: erano gemelle. Si sorrisero tutti e tre a vicenda, in silenzio, finché Alice non parlò. Jordan restò sbalordito nel notare che sua madre era leggermente alticcia.

— Leisha, ti ho parlato del nuovo caso registrato nel nostro Gruppo dei gemelli? Gemelli allevati separati dalla nascita, ma, quando uno si è rotto un braccio, l’altro ha sentito dolore per settimane allo stesso braccio senza riuscire a capire il perché.

— Oppure ha creduto di provare dolore — ribatté Leisha — a posteriori.