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Leisha esaminò Drew. Aveva sedici anni, e a dispetto della carrozzella, o forse proprio per quello, si allenava freneticamente, mantenendo la parte superiore del corpo in condizione superba. Non aveva alcuna difficoltà a credere che fosse un combattente letale. I suoi lineamenti da adolescente non erano ancora ben amalgamati: naso troppo grosso, mento troppo piccolo, pelle macchiata di acne nei punti in cui non era più arrotondata dal grasso infantile. Solamente i suoi occhi erano belli, di un verde vivido e circondati da folte ciglia nere, con uno sguardo concentrato che riusciva ancora a far pensare a tutti che Drew si trovasse completamente affascinante. Leisha costituiva un’eccezione. Durante gli ultimi due anni era cresciuto dell’antagonismo fra loro, mitigato periodicamente da goffi tentativi da parte di lui di ricordare quanto le dovesse e da parte di lei di ricordare che bambino accattivante fosse stato.

Quella era la quarta scuola che lo aveva espulso. La prima volta Leisha era stata indulgente: era un piccolo Vivo menomato, e le richieste intellettuali di una scuola piena di bambini Muli, nella maggior parte dei casi alterati geneticamente in quanto a intelligenza e salute fisica, dovevano essere state sconvolgenti per lui. La seconda volta era stata meno indulgente: Drew era stato bocciato in ogni singola materia, poiché aveva semplicemente smesso di recarsi alle lezioni, passando ore in solitudine con la sua chitarra semiautomatica o con i giochi su computer. Nessuno lo aveva disturbato. La scuola si aspettava che i propri studenti, la maggior parte dei quali un giorno avrebbe governato il paese, fosse automotivata.

Leisha, quindi, lo aveva inviato alla scuola meglio strutturata che era riuscita a trovare. A Drew era piaciuta immediatamente: aveva scoperto il programma teatrale. Era la celebrità della sua classe di recitazione. — Ho trovato il mio destino! — aveva detto durante una telefonata a casa. Leisha si era irrigidita, Alice si era messa a ridere. Quattro mesi dopo, tuttavia, Drew era tornato a casa, amareggiato e cupo. Non era riuscito ad avere una parte né in Morte di un commesso viaggiatore né in Luci del mattino. Alice gli aveva chiesto gentilmente: — È stato forse perché non volevano un Willy Loman o un Kelland Vie sulla carrozzella?

— È stata politica da Muli — aveva sputato Drew. — E lo sarà sempre.

Perciò Leisha aveva cercato strenuamente una scuola con un programma accademico leggero e un programma artistico impegnativo, una giornata scolastica strutturata e con la più alta percentuale possibile di studenti provenienti da famiglie senza grossi appoggi politici, importanti collegamenti finanziari o storie illustri. Ne aveva trovata una che sembrava adatta a Springfield, nel Massachusetts. Pareva che a Drew la scuola piacesse, e Leisha aveva pensato che le cose stessero andando bene. Eppure eccolo lì di nuovo.

— Guarda l’espressione che hai — disse Drew in modo cupo. — Perché non lo dici ad alta voce? "Ecco di nuovo Drew, il fottuto Drew che pensa che diventerà qualcuno ma che non riesce a portare a termine niente. Che cacchio dovremmo fare con il povero piccolo Vivo Drew?"

— Che cosa faremo? — ribatté Leisha in modo crudo.

— Perché non mi abbandonate semplicemente a me stesso?

Alice disse: — Oh, no, Drew.

— Non tu, Nonna Alice. Lei. Lei che insiste che la gente deve essere meravigliosa oppure non esistere.

Leisha replicò: — Invece di pensare che sia meravigliosa solo perché esiste, ma non fa nulla per realizzare la sua esistenza?

Alice schioccò: — Adesso basta, voi due!

Non bastava, però, per Leisha. La battuta di Drew aveva ferito parti di lei che non sapeva che esistessero ancora. Disse: — Adesso che sei a casa, Drew, vorrai vedere Eric. Lui si è sistemato magnificamente e sta facendo dei reali progressi nello studio dei diagrammi atmosferici. Jordan è immensamente orgoglioso di lui.

Gli occhi verdi di Drew balenarono. Leisha voltò le spalle. Provò, in modo improvviso e nauseante, una gran vergogna di sé. Aveva settantacinque anni, fatto incredibile di per se stesso, non si era mai sentita una settantacinquenne, e quel ragazzino aveva sedici anni. Non alterato geneticamente, un Dormiente, nemmeno estratto dalla classe dei Muli. Con l’avanzare dell’età, stava perdendo la compassione. Per quale altro motivo sennò si era alienata dal mondo in quella fortezza nel Nuovo Messico, ritirandosi da un paese che aveva sperato, un tempo, di migliorare per tutti? Sogni di gioventù.

Sogni che Drew non aveva nemmeno.

Alice disse con espressione stanca: — D’accordo Leisha. Drew, Eric mi ha detto di darti un messaggio.

— Cosa? — udì ringhiare Drew. Si trattava però di un ringhio addolcito: non poteva essere infuriato con Alice. Non con Alice.

Alice continuò: — Eric mi ha chiesto di dirti che, come parte dei suoi studi, ha camminato nel Pacifico e si è fatto pulire il culo. Che significa?

Drew scoppiò a ridere. — Davvero? Eric ha detto questo? Immagino che sia cambiato. — La meditabonda amarezza gli tornò nella voce.

Stella entrò di corsa nella camera con espressione eccitata. Aveva messo su peso e ormai assomigliava a un dipinto di Tiziano, con la carne soda e grassoccia sotto una giovanile chioma rossa. — Leisha c’è… Drew! Che ci fai a casa?

— È in visita — rispose Alice. — Cosa c’è, cara?

— C’è una visita per Leisha. A dire il vero sono in tre. — Stella sorrise, e il doppio mento le ondeggiò di, eccitazione. — Eccoli!

— Richard!

Leisha si catapultò attraverso la stanza per abbracciarlo. Richard la strinse, ridendo, e poi la lasciò andare. Leisha si voltò immediatamente verso la moglie di lui, Ada, una sottile ragazzina polinesiana che le sorrise timidamente. Ada aveva ancora dei problemi con l’inglese.

Quando Richard aveva portato Ada per la prima volta nella tenuta del Nuovo Messico, dopo vent’anni di pellegrinaggi solitali e privi di meta attorno al globo, Leisha era stata diffidente. Lei e Richard non erano mai più stati amanti: Leisha era inorridita al pensiero di andare a letto con il marito di Jennifer. Richard, inoltre, non glielo aveva mai chiesto. Aveva sofferto per anni per i suoi bambini perduti, Najla e Ricky, una sofferenza silenziosa e amara così insolita in un Insonne che Leisha non aveva saputo come reagire. Si era sentita sollevata quando lui aveva cominciato a compiere viaggi lunghi interi anni, scomparendo con il solo anello di credito e i vestiti che aveva addosso, in India, in Tibet, nelle colonie Antartiche, nel deserto sudamericano: sempre in luoghi tecnologicamente arretrati, prossimi al primitivo quanto poteva esserlo un mondo alimentato dall’energia di Kenzo Yagai. Leisha non gli aveva mai posto domande sui suoi viaggi, e lui non aveva mai fornito volontariamente informazioni. Lei sospettava che si facesse passare per un Dormiente.

Poi, quattro anni prima, era tornato per una delle sue poco frequenti visite portando Ada. Sua moglie. Era originaria di una delle riserve culturali volontarie del Pacifico del sud. Ada era magra e scura, con lunghi e lucidi capelli neri e l’abitudine di abbassare la testa ogniqualvolta le si rivolgeva la parola. Non parlava inglese. Aveva quindici anni.

Leisha le aveva dato il benvenuto, si era mesa a studiare il samoano e aveva cercato di nascondere di essere rimasta ferita nel profondo del cuore. Non era tanto perché Richard l’avesse rifiutata, quanto perché aveva rifiutato tutte le scelte dell’essere Insonne: la scelta della realizzazione, la scelta dell’ambizione, la scelta della mente.

Gradatamente, però, Leisha aveva compreso. Il punto fondamentale per Richard non era soltanto che Ada, con i suoi sorrisi timidi, la sua parlata inceppata e la sua giovane adorazione per lui, era così diversa da Leisha; Ada era così diversa da Jennifer Sharifi.

Richard, inoltre, sembrava felice. Aveva fatto ciò che Leisha non era riuscita a fare e aveva raggiunto una specie di pace con il loro passato Insonne. Se quella pace appariva come una resa, Leisha poteva forse sostenere che la propria soluzione, la moribonda Fondazione Susan Melling che l’anno precedente aveva avuto solamente dieci iscritti, fosse realmente migliore?