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Leisha disse: — Dottore, non riesce a parlare!

— Riesce a parlare — rispose il dottore seccamente, e subito le sue sagome tornarono a Drew: l’isterico eccitamento pompato che era paura, il trionfo di non mostrarlo. — Le scansioni del cervello non mostrano danni ai centri del linguaggio!

— Di’ qualcosa, Drew! — lo pregò Leisha.

— Sei bellissima.

Non se n’era mai reso conto prima: come aveva fatto a non accorgersene? Leisha china su di lui, coi capelli biondi da ragazzina, il volto segnato dalla forza decisa di una donna nel fiore degli anni. Drew vide le sagome che formavano quella forza: erano le forme dell’intelligenza e della sofferenza. Come aveva fatto a non vederlo prima? Il seno di lei era dolcemente arrotondato sotto il tessuto sottile della camicetta: il suo collo si ergeva come una calda colonna, incavi bianchi delicatamente sfumati di azzurro. Lui non se n’era mai accorto. Per niente. Quanto era bella Leisha.

Leisha indietreggiò leggermente, corrugando la fronte. Disse: — Drew… in che anno siamo? In che paese sei stato arrestato?

Scoppiò a ridere. La risata gli fece dolere il petto, e il giovane si rese conto per la prima volta di avere del cerotto sulle costole e le braccia immobilizzare dai lacci. Eric entrò nella stanza, restando in piedi al fondo del letto e, alla vista del volto rigido di Eric, altre sagome si affollarono nella testa di Drew. Vide perché Eric aveva fatto ciò che aveva fatto, tutto, fino dal giorno presso il pioppo nero, in cui due ragazzini avrebbero combattuto fino alla morte, se uno dei due fosse stato forte abbastanza da farlo. A seguire, arrivarono le forme per il padre di Drew, che picchiava i figli in preda alla rabbia provocata dall’alcol, e per Karl, trafitto e ustionato dalla bomba che non era riuscito a scagliare abbastanza in alto. Erano tutte, in effetti, la stessa forma, e così orrenda che Drew avvertì per la prima volta l’altro sé separato, il sé che osservava le forme, bruciato dalle stesse. Chiuse gli occhi.

— È svenuto! — disse Leisha, e il dottore schioccò di rimando: — No! — E perfino a occhi chiusi Drew vide le sagome che lui ed Eric avevano prodotto: quindi non aveva senso tenerli serrati. Li aprì. Ora sapeva qual era il punto. Quale sarebbe stato.

— Leisha… — La sua voce lo sorprese: uscì debole e indistinta. Tuttavia lui non si sentiva affatto fiacco. Tentò ancora: — Leisha, ho bisogno…

— Sì? Di cosa? Qualsiasi cosa, Drew, qualsiasi.

Gli venne in mente un altro giorno, quello in cui era rimasto infermo. Era stato steso sul letto proprio in quel modo, con il padre di Eric chino su di lui che gli diceva: "Faremo tutto quello che potremo… tutto" e lui aveva pensato "Adesso li ho in pugno". Le stesse forme. Sempre, nel corso della vita di un uomo, e più che nella sua sola vita, erano testimonianza di forme profonde che si agitavano dentro la mente, code sferzanti e lamelle ondeggianti, ma non si limitavano alla sua sola vita.

— Cosa, Drew? Di cosa hai bisogno?

— Di un proiettore di ologrammi programmabile Staunton-Carey.

— Un…

— Sì — sussurrò Drew, usando le ultime forze che gli erano rimaste. — Adesso. Ne ho bisogno adesso.

21

Miri aveva tredici anni. Da un anno guardava le trasmissioni dei Dormienti sia sui canali olovideo dei Vivi sia dei Muli. Per i primi pochi mesi, le olovisioni risultarono interessanti perché sollevavano moltissime domande: perché le corse di scooter erano così importanti? Perché i bellissimi uomini e le bellissime donne di Storie da letto cambiavano partner sessuali così spesso se sembravano davvero entusiasti di quelli che avevano già? Perché le donne avevano tutte seni così gonfi e gli uomini peni così grossi? Perché un’eletta al Congresso dello Iowa doveva tenere un discorso decisamente risentito sulle spese di un eletto al Congresso del Texas, quando, sembrava, la donna stava spendendo esattamente le stesse cifre e, in ogni caso, i due non erano nemmeno membri della stessa comunità? Quanto meno non sembravano definirsi tali. Perché tutti i canali olovideo lodavano i Vivi per la loro inattività, "ozio creativo", e menzionavano a mala pena le persone che lavoravano per mandare avanti le cose, quando saltava poi fuori che la gente che mandava avanti le cose mandava avanti anche le olovisioni?

Alla fine, Miri scoprì alcune risposte a quelle domande, sia tramite ricerche nelle banche dati sia parlando con suo padre o con sua nonna. Il problema era che le risposte non risultavano interessanti. Le corse degli scooter erano importanti perché i Vivi le consideravano importanti: era tutto qui? Non esisteva standard eccetto quello di ciò che piaceva al momento?

La sua mente creò lunghe stringhe dalla questione, inserendo il Principio di Heisenberg, Epicuro, una filosofia scomparsa chiamata esistenzialismo, le costanti di Rahvoli sul rinforzo neurale, il misticismo, le tempeste epilettiche nei cosiddetti centri "visionari" del cervello, la socialdemocrazia, l’utilità dell’organismo sociale e le favole di Esopo. La stringa era buona ma la parte fornita dall’olonotiziario terrestre era ancora essenzialmente poco interessante.

Valeva lo stesso per le risposte al resto delle domande di Miri. L’organizzazione politica e la distribuzione delle risorse dipendevano da un precario equilibrio fra i voti dei Vivi e il potere dei Muli, e quell’equilibrio pareva essere a sua volta il risultato di un’evoluzione sociale casuale, non di programmazione o di principi. Le cose negli Stati Uniti stavano in quel modo perché stavano così: se c’era qualcosa di più profondo, gli olonotiziari non lo rivelavano.

Stabilì che si trattasse solo degli Stati Uniti, coccolati dalla economica energia-Y, ricchi per la concessione dei diritti di quegli stessi brevetti all’estero, decadenti quanto sua nonna aveva sempre sostenuto. Imparò il russo, il francese e il giapponese e passò qualche mese a guardare gli olonotiziari in quelle lingue. Le risposte erano differenti ma non più interessanti. Le cose accadevano perché accadevano: stavano in quel modo perché erano fatte così. Venivano combattute guerre di confine di secondaria importanza, oppure non venivano combattute. Venivano firmati accordi commerciali, oppure non venivano firmati. Importanti Dormienti morivano oppure venivano operati e guarivano. Un annunciatore francese, uno dei più famosi, chiudeva la propria trasmissione sempre allo stesso modo: Ça va toujours.

Negli olonotiziari popolari Miri non riuscì mai a trovare menzione di ricerche scientifiche, o di svolte significative, che non fossero chiaro sensazionalismo, riguardanti entusiasmo politico, suoni musicali complessi come quelli di Bach, Mozart o O’Neil delle biblioteche dati, idee articolate come quelle di cui discuteva con Tony ogni giorno.

Dopo sei mesi, smise di guardare gli olonotiziari.

Tuttavia, una cosa era cambiata. Spesso sua nonna era indaffarata, passava sempre più tempo ai Laboratori Sharifi, e Miri cominciò a porre le domande a suo padre. Lui non conosceva tutte le risposte e quelle che le dava creavano stringhe corte e contraddittorie nella sua mente. Lui aveva lasciato la Terra, le disse, quando aveva dieci anni e, anche se talvolta vi si recava per affari, passava raramente del tempo insieme con i Dormienti. Di solito, effettuava le transazioni attraverso un intermediario, un Insonne che, tuttavia, viveva sulla Terra, che si chiamava Kevin Baker.

Miri conosceva il nome di Baker: vi erano estese documentazioni su di lui nelle banche dati. Non le interessava molto. Le sembrava anzi leggermente deprecabile: un uomo che viveva da solo con i mendicanti, traeva profitti da loro e preferiva quei profitti, che erano apparentemente immensi, ai collegamenti con la comunità. Ascoltò però suo padre che parlava perché, attraverso gli olonotiziari, aveva cominciato a interessarsi a lui. A differenza di sua madre, lui poteva guardare direttamente il volto tremolante, la testa eccezionalmente grossa e il corpo fremente di Miri senza distogliere lo sguardo. Poteva stare a sentire il suo balbettio. Rimaneva seduto, un uomo scuro dalla fronte bassa, con le mani appoggiate tranquillamente sulle ginocchia e la ascoltava pazientemente; nei suoi occhi scuri c’era qualcosa cui lei non riusciva ad attribuire un nome, indipendentemente dal numero di stringhe che ci si avvolgevano attorno. Tutte le stringhe cominciavano con dolore.