Giles dette un tremendo calcio sulle forti gambe del padre e cominciò a gridare. Ricky, alla fine, lo appoggiò a terra e gli sorrise con espressione vacua. — Immagino di aver pensato che se lo avessi trattenuto abbastanza a lungo se ne sarebbe venuto fuori con una frase completa. Qualcosa come: "Per favore, papà, lasciami scendere per andare a esplorare". A due anni tu lo avresti fatto.
Miri toccò Giles, che stava esaminando, tutto felice, l’erba modificata geneticamente. La pompa ionica degli steli funzionava in modo così efficiente che essi avevano bisogno solamente di sostanze nutrienti ridottissime. I capelli di Giles erano morbidi e serici al tocco. — L-l-lui non è m-m-me.
— No. Dovrò ricordarlo. Miri, che cosa facevate tu e gli altri Super riuniti nel laboratorio di Allen la notte scorsa?
Sentì un campanello d’allarme. Se Ricky lo aveva notato e vi aveva riflettuto, lo avevano fatto anche gli altri adulti? La sola congettura poteva danneggiare i Mendicanti? Terry e Nikos avevano detto che nessuno era in grado di superare l’impianto di sicurezza che avevano allestito, ma chiunque si sarebbe potuto chiedere, tanto per cominciare, come mai esistesse un sistema di sicurezza così severo. Chiedersi una cosa simile sarebbe stato sufficiente a innescare una ritorsione? Che cosa sapevano Miri o uno qualsiasi degli altri Super su come pensavano realmente i Normali?
— Io penso — disse Ricky misurando le parole — che foste tutti in lutto, a modo vostro, in privato. Io penso che, se vi riunirete di nuovo tutti e se qualche Normale vi chiederà cosa state facendo, gli risponderete proprio così.
Miri lasciò andare i capelli di Giles. Fece scivolare la mano in quella di suo padre. Le dita di lei, il sangue che sfrecciava caldo e veloce a causa del suo Supermetabolismo, i muscoli che fremevano, si contrassero contro le dita fredde di lui.
— S-s-sì, p-p-papà — lo rassicurò lei. — L-l-lo f-f-faremo.
Occorse loro un mese e mezzo per elaborare programmi sovrapposti ai principali sistemi del Rifugio: mantenimento in vita, difesa esterna, sicurezza, comunicazioni, manutenzione e banca dati. Terry Mwakambe, Nikos Demetrios e Diane Clarke realizzarono la maggior parte del lavoro. C’era qualche programma dotato di dispositivo di sicurezza, in cui non riuscivano a entrare: la maggior parte di essi si trovava nella difesa esterna. Terry lavorava senza tregua ventitré ore al giorno, coperto da un programma di sua progettazione per ingannare la sorveglianza. Miri si chiese in che cosa lo mostrasse impegnato, ma non lo domandò. La frustrazione priva di parole di Terry per non essere in grado di entrare negli ultimi programmi protetti era quasi un’entità fisica, come la pressione dell’aria. Miri, al contrario, era sorpresa da quanto velocemente i Mendicanti avessero virtualmente preso possesso della stazione orbitale, senza avere effettivamente cambiato nulla. Forse non lo avrebbero mai fatto. Forse non avrebbero avuto bisogno di farlo.
All’inizio del secondo mese, Terry entrò in un importante programma protetto. Lui e Nikos indissero una riunione nell’ufficio di quest’ultimo. Tutti e due i ragazzi erano pallidi come il sale. Una ragnatela di capillari rossi pulsava sulla fronte di Terry, al di sopra della maschera. Durante l’ultimo mese, una decina di Super aveva cominciato a indossare quelle maschere, plasticarta modellata che copriva la metà inferiore dei loro volti, dal mento agli occhi, dotate di un foro per la respirazione. Alcune ragazzine le avevano decorate. I bambini più vicini ai genitori Normali, notò Miri, non indossavano maschere. Lei non sapeva se qualcuno avesse interrogato quelli che lo facevano sul perché, o se avesse collegato l’apparizione delle maschere con la morte di Tony Sharifi.
— S-s-sharifi L-l-l-l — Terry fece un gesto di stizza che significava approssimativamente "cazzo?". Nel mese passato i loro segni non verbali, da sempre parte della comunicazione dei Super, si erano fatti più violenti.
Tentò Nikos. — I L-l-laboratori S-s-sharifi hanno f-f-fatto e im-im-immagazzinato… — Anche lui era troppo agitato. Terry richiamò le stringhe sul suo terminale: come la maggior parte delle stringhe di Terry, quelle risultavano incomprensibili per tutti eccetto che per Terry stesso. Nikos creò quindi una stringa nel proprio programma e la convertì in quello di Miri che era ancora il formato più accessibile all’intero gruppo. I ventisette ragazzini si affollarono gli uni accanto agli altri.
I Laboratori Sharifi avevano sviluppato e sintetizzato un organismo modificato geneticamente istantaneamente letale, trasportato dall’aria e altamente contagioso, estratto dal codice di un virus ma sensibilmente diverso in importanti fenotipi. Pacchetti pieni dell’organismo in stato di congelazione, che potevano essere scongelati e rilasciati con un comando a distanza dal Rifugio, erano stati piazzati negli Stati Uniti da Insonni selezionati che erano studenti laureandi sulla Terra. C’erano pacchetti nascosti a New York, Washington, Chicago, Los Angeles e nella stazione orbitale Kagura posseduta ora dai Laboratori Sharifi. I pacchetti erano virtualmente introvabili con metodi convenzionali. Il virus era in grado di uccidere qualsiasi organismo aerobico sufficientemente evoluto da possedere un sistema nervoso, prima che il breve ciclo vitale del virus stesso terminasse, in circa settantadue ore. A differenza di qualsiasi altro virus che fosse mai esistito, quello non si poteva riprodurre a tempo indefinito. Tutte le copie si autodistruggevano settantadue ore dopo essere state scongelate. Era un’opera magnifica di ingegneria di modificazione genetica.
Nessuno disse nulla.
Alla fine, Allen balbettò: — P-p-per d-d-difesa. Da n-n-non u-usarsi a m-m-meno che il R-r-rifugio non v-v-v-venga a-attaccato per p-p-p-primo! M-m-mai c-come a-attacco p-p-preventivo…
— S-sì! — disse Diane con espressione eccitata. - Solo p-p-per d-d-difesa! D-deve esserlo! N-n-noi non p-p-potremmo…
Christy disse disperata: — C-c-c-come n-n-noi. C-come s-stanno f-f-f-facendo i M-m-mendicanti.
Le voci esplosero, balbettanti e urlanti. Tutti volevano credere che il Rifugio non stesse facendo nulla di diverso da ciò che stavano facendo loro, preparando un meccanismo segreto di autodifesa che il Consiglio non avrebbe mai avuto realmente il bisogno di usare. I pacchetti esistevano per una trattativa verbale, per effettuare minacce che erano, dopo tutto, l’unica cosa che i Dormienti capivano. Tutti lo sapevano. Gli Insonni avevano diritto all’autodifesa qualora il Rifugio fosse stato attaccato direttamente. Gli Insonni non erano assassini. Erano i Dormienti gli assassini. Tutti sapevano anche quello.
Miri guardò dapprima il volto di Terry, quindi quello di Nikos, quello di Christy e quello di Allen. Guardò nuovamente l’arma biologica di sua nonna, nascosta perfino al Consiglio del Rifugio, conosciuta soltanto dalla manciata di collaboratori dei Laboratori Sharifi che l’avevano sviluppata, sintetizzata e celata in città piene di altri bambini.
Suo padre lo sapeva?
Miri pensò improvvisamente, scioccamente, che anche lei si sarebbe fatta una maschera di plasticarta modellata.
Alla fine, dopo ore e ore di agitata discussione, i Mendicanti non fecero nulla riguardo all’arma biologica. Non c’era nulla che potessero fare. Se i Super avessero raccontato al Consiglio quello che sapevano, il Consiglio avrebbe immaginato le loro reali capacità. Se avessero disattivato il meccanismo di controllo a distanza, anche gli adulti lo avrebbero immaginato. Se ciò fosse accaduto, i Mendicanti avrebbero perduto la loro opportunità segreta di proteggere i loro; come non erano stati in grado di proteggere Tony. In ogni caso, se il virus serviva soltanto come difesa, creato con la fervida speranza che non ce ne sarebbe mai stato il bisogno, in che termini i Laboratori Sharifi stavano facendo qualcosa di diverso da quello che avevano fatto i Mendicanti stessi?
I ragazzini non seppero pensare a qualcosa di più, oltre all’installare programmi difensivi in sovrapposizione, quindi non fecero altro.
Miri si incamminò lentamente verso il proprio laboratorio e il programma elusivo inserito per la sorveglianza, che la mostrava vincere una partita di scacchi inesistente dopo l’altra.