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Le forme. Il suo equipaggiamento aveva proiettato forme e c’erano state delle forme di risposta nella mente di lei. Come strutture di stringhe-pensiero… ma no. Erano forse venute da una diversa parte del cervello non corticale? Tuttavia la sensazione di pace, di gioia, di tremenda unità con Tony, poteva essere giunta solamente dalla sua corteccia. Lo aveva sognato. L’uomo l’aveva, recuperò la parola terrestre, "ipnotizzata" con le sue forme mentali, la sua poesia e la sua solitudine e quindi le forme nell’ologramma avevano attirato le stesse forme sognanti di lei.

Ma c’era stato altro. Miri aveva cambiato il sogno. Si era concentrata sulle stringhe che incombevano sulla sua testa e su quella di Tony e le aveva cambiate, deliberatamente. Nel ricordo, riusciva a vedere tutt’e due le versioni.

Miri restò seduta immobile, come aveva fatto nel sogno.

— Drew Arlen — stava dicendo una voce eccessivamente allegra sull’ologramma dell’uomo sulla carrozzella — Sognatore Lucido. La nuova forma artistica che ha preso il paese in un lampo! Questo è un programma non replicabile, Vivi di Ololandia, quindi per acquistare la vostra copia di una delle sei diverse rappresentazioni di Sogno Lucido di Drew…

Miri premette il codice di Tony per la duplicazione. L’uomo sulla carrozzella si congelò.

Lei appoggiò la testa fra le ginocchia, ancora abbacinata. Aveva sognato. Lei, Miranda Sharifi, Insonne e Superintelligente. Riusciva ancora a vedere Tony, a sentire le braccia di lui attorno a sé, a provare la profondità dell’edificio sotto di lei, le sue stanze interminabili. Poteva ancora vedere le stringhe di pensiero, solide come materia, che lei aveva raggiunto e cambiato.

Miri sollevò la testa dalle ginocchia e si avvicinò al terminale di lavoro. Rimise a posto il difetto nel programma. Fu facile: tutto quello che ebbe bisogno di fare fu seguire le stringhe che aveva visto nel sogno, quelle che aveva cambiato. Inserì il preciso codice di DNA che aveva inseguito per tre anni e non aveva mai effettivamente visto. Il programma lo confrontò ai parametri, alle tavole delle probabilità e alle interazioni neurochimiche. Sarebbe occorso del tempo per effettuare la comparazione e la strutturazione, ma Miri era già sicura: le modificazioni genetiche erano quelle giuste. Erano quelle che aveva ricercato, alle quali aveva girato attorno, ma che non era riuscita a vedere, finché una parte della sua mente sognante non aveva guardato i dati di fatto presenti nelle sue stringhe di pensiero in modo differente e aveva aggiunto ciò che mancava.

Quello era giusto: la sua mente aveva aggiunto ciò che mancava, ciò che era sempre mancato in tutta la sua vita. Le idee, non lineari, non annodate in stringhe, non collegate in modo percettibile, recuperate dalla parte mancante della sua mente. La parte sognante. No, la parte sognante lucidamente, che affondava in un universo più profondo di un solo livello, per tirare fuori cose che lei non aveva mai immaginato che fossero lì e che tuttavia erano indubbiamente sue. Cose che lei, la Miri cosciente, poteva manipolare parzialmente nel mondo dei sogni.

Miri guardò l’ologramma congelato dell’artista in carrozzella. Lui stava sorridendo debolmente: una luce invisibile gli scintillava sui capelli lucidi. Aveva brillanti occhi verdi. Lei provò ancora l’orgasmo del sogno con Tony. Ogni fibra della sua fiera, giovane, determinata personalità si legò attorno alla figura di Drew Arlen, che le aveva concesso quel dono, quella forma di riscatto.

Sogno lucido.

Miri si alzò. Voleva sintetizzare il composto neurologico, testarlo e assumerlo. Sapeva che avrebbe funzionato. Avrebbe inibito la balbuzie, il tremore e le contrazioni dei Super senza diminuire le loro superabilità. Avrebbe permesso loro di essere se stessi, solo con una dimensione in più.

Come nel sogno lucido. Essere se stessi, ma anche un po’ di più.

Prima, però, doveva fare qualcos’altro. Richiamò il programma bibliotecario e lo regolò sui parametri di ricerca preliminari più ampi possibili: tutti i dati in archivio del Rifugio, nelle banche dati legali terrestri per le quali il Rifugio pagava forti abbonamenti, in quelle illegali per cui pagavano abbonamenti anche più cari. Usò i programmi di ricerca che Tony aveva progettato e le aveva insegnato a usare, quelli che accedevano alle banche dati che i proprietari ritenevano essere completamente sicure. Miri aggiunse ogni cosa le venne in mente. Voleva sapere tutto quello che c’era da sapere su Drew Arlen. Tutto.

Poi avrebbe stabilito come mettersi in contatto.

I Mendicanti si affollarono nel laboratorio di Raoul, sedendosi sulle panche, sulla scrivania, sul pavimento. Parlavano a bassa voce, come facevano generalmente l’uno con l’altro, lasciandosi molto tempo per pronunciare le parole. La maggior parte delle volte non si guardavano direttamente in faccia.

Oramai quasi tutti indossavano le maschere, alcune delle quali decorate in modo elaborato.

La maschera di Miri non era ornata. Non l’avrebbe indossata a lungo.

— P-p-proteine n-n-nucleari…

— …t-t-trovato un n-nuovo f-flusso a n-n-nastro…

— …un c-c-chilo p-p-più p-p-pesante…

— La m-m-mia s-s-sorellina…

— C-c-c-c-c — un grugnito di frustrazione. Apparve il primo terminale per richiamare un programma di stringhe.

— Aspettate un attimo prima di inserire la comunicazione per stringhe — disse Miri. — Ho qualcosa da mostrarvi.

La stanza cadde nel silenzio più profondo. Miri tolse la maschera e si scansò la lunga frangia dagli occhi. Li guardò serenamente con un volto che non si contraeva, non fremeva e non tremava.

— Uhnn-n-n-n — fece qualcuno come se fosse stato colpito allo stomaco.

— Ho trovato il codice bersaglio — spiegò Miri — L’enzima si sintetizza facilmente, non ha effetti collaterali prevedibili e nessuno che io abbia osservato su me stessa, quanto meno per ora, e può essere somministrato con una piastrina sottocutanea a rilascio lento. — Arrotolò la manica per mostrare loro la piccola ferita che si stava rimarginando velocemente, sulla parte superiore del braccio sinistro.

— La f-f-f-formula! — chiese con bramosia Raoul, l’altro ricercatore biologico.

Miri richiamò la struttura di stringhe sul proprio terminale. Raoul ci si incollò davanti.

— Q-q-q-quando? — chiese Christy.

— Mi sono inserita la piastrina tre giorni fa. Da quel momento non ho più lasciato il laboratorio. Nessuno mi ha visto, a parte voi.

— F-f-f-fai m-m-me! — disse Nikos.

Miri aveva preparato ventisette piastrine sottocutanee. I Mendicanti formarono una fila, e Susan prese a disinfettare la parte superiore del braccio di tutti, Raul procedette all’incisione, Miri inserì la piastrina e Diana effettuò uno stretto bendaggio. Non c’era bisogno di punti: la pelle si sarebbe rigenerata.

— Occorrono poche ore perché faccia effetto — precisò Miri. — L’enzima deve stimolare la produzione di una quantità sufficiente di neurotrasmettitori,

I Super guardarono Miri con occhi lucidi, tremanti. Lei si sporse in avanti: — Ascoltate, c’è un’altra cosa di cui dobbiamo parlare.

— Sapete che io ho effettuato ricerche su questa modificazione genetica per quasi quattro anni: nei primi due ho esplorato il problema, ma penso non che avrei assolutamente trovato la soluzione se non avessi imparato a fare qualcos’altro. Si chiama sogno lucido.

Aveva attirato la loro completa e formidabile attenzione.

— Sembra che sia una cosa che fanno i Dormienti ed è stato un Dormiente a condurmici. Grazie a Joan Lucas. Anche noi però possiamo sognare lucidamente, sebbene io non abbia ancora alcun dato sulla scansione cerebrale: penso che potremmo farlo in modo differente rispetto ai Dormienti. O anche rispetto ai Normali. — Miri parlò della chiamata di Joan, di Drew Arlen, spiegò di avere visto la propria stringa di ricerca nel sogno lucido e come fosse riuscita a cambiarla.