Drew le annunciò, guardandola: — Anche Richard è qui.
— Richard?
— Con Ada e il bambino. Stella si stava occupando di loro, quando sono arrivato. Pare che Sean abbia una specie di influenza. Sembri sorpresa che Richard si trovi qui, Leisha.
— Lo sono. — Lei sogghignò improvvisamente. — Hai ragione, Drew, le persone cambiano. Non pensi che sia buffo?
— Non ho mai pensato che tu avessi un gran senso dell’umorismo, Leisha. Con tutte le altre tue magnifiche qualità, non ho mai sospettato che avessi anche questa.
Lei rispose in modo tagliente: — Non cercare di stuzzicarmi, Drew.
— Non lo stavo facendo — la rassicurò Drew, e lei si accorse, dal piccolo sorriso di lui, che parlava sul serio: non aveva mai pensato che lei avesse un gran senso dell’umorismo. Be’, forse il loro concetto di umorismo era molto diverso. Così come molte altre cose.
Entrò Richard, da solo. Fu molto diretto. — Salve, Leisha. Drew. Spero che non ti dispiaccia la visita non annunciata. Ho pensato…
Leisha terminò la frase per lui. — Che se Najla o Ricky avessero avuto qualcosa da comunicarti lo avrebbero fatto tramite me? Richard, caro. Penso che Kevin sarebbe una scelta più probabile. Il Rifugio ha contatti con lui.
— No. Non userebbero Kevin — rispose Richard, e Leisha non gli chiese come facesse a saperlo. — Leisha, che cosa succederà al Rifugio?
Tutti lo chiedevano a lei. Tutti presumevano che fosse lei l’esperta in politica. Lei che era stata seduta, "imbronciata" aveva detto Susan Melling, per trent’anni in ozio nel deserto. Che cosa c’era nella mente delle persone, anche di quelle del suo giro? — Non so, Richard. Tu cosa pensi che farà Jennifer?
Richard non la guardò. — Penso che farebbe saltare per aria il mondo se pensasse che la cosa la facesse sentire finalmente al sicuro.
— Vuoi dire… Sai che cosa stai dicendo, Richard? Che tutta la filosofia politica del Rifugio continua a dipendere dai bisogni personali di una singola persona. Lo credi?
— Lo credo di tutte le filosofie politiche — rispose Richard.
— No — commentò Leisha — non tutte.
— Sì — e non fu Richard a ribattere, ma Drew.
— La Costituzione no — disse Leisha, sorprendendo anche se stessa.
— Staremo a vedere — replicò Drew e lisciò la fine e costosa lana irlandese sopra le gambe avvizzite.
Il Rifugio, privo di giorno e notte, privo di stagioni, aveva sempre mantenuto l’ora standard della costa orientale. Quel fatto, familiare per Jennifer come la sensazione del sangue che le scorreva nelle vene, le apparve improvvisamente grottesco. Il Rifugio, asilo e patria degli Insonni, i pionieri nel futuro stadio dell’evoluzione umana, era stato legato per tutti quegli anni ai logori Stati Uniti con la più basilare delle catene create dall’uomo, il tempo. A capo del tavolo del Consiglio del Rifugio alle sei di sera (ora della costa orientale), Jennifer stabilì che, quando la crisi fosse passata, quelle catene sarebbero state infrante. Il Rifugio avrebbe studiato un proprio sistema di misurazione del tempo, libero dall’idea basata sul pianeta di giorno e notte, libera dai degradanti ritmi circadiani che legavano i Dormienti. Il Rifugio avrebbe conquistato il tempo.
— Ora — disse Will Sandaleros. — Fuoco.
Nessuno nel Consiglio era seduto: stavano tutti in piedi, con i palmi delle mani appoggiati sul lucido tavolo in metallo o serrati sui fianchi, con gli occhi rivolti agli schermi posti a un’estremità della sala. Jennifer esaminò ogni volto: eccitato, determinato o addolorato. Tuttavia, i pochi che erano addolorati erano anche risoluti, contraddistinti dal dolore che accetta la necessità dell’operazione chirurgica. Aveva fatto sostituire il sistema a estrazione con le elezioni: soltanto per quello le era occorso quasi un decennio. Aveva poi manovrato a lungo per riuscire ad avere quel Consiglio in particolare. Aveva spinto persone a ritardare la candidatura a volte per decenni. Aveva dato un briciolo di sostegno qui, un briciolo di scoraggiamento lì. Aveva riflettuto, contrattato, sondato, aspettato, accettato ritardi e indecisioni. Ora però aveva un Consiglio, tutti meno uno, capace di sostenerla nel momento decisivo per gli Insonni di ogni luogo, di ogni tempo, per come veniva definito il tempo dalla nazione erosa che aveva cessato di essere importante per l’evoluzione umana.
Robert Dey, settantacinque anni, il rispettato patriarca di una grande e ricca famiglia del Rifugio che aveva tramandato a tutti, per decenni, racconti della sua infanzia su Insonni maltrattati e odiati negli Stati Uniti.
Caroline Renleigh, ventotto anni, brillante esperta in comunicazione con un credo fanatico nella superiorità darwiniana degli Insonni.
Cassie Blumenthal, con Jennifer fin dai primi giorni del Rifugio e strumentale negli eventi che avevano condotto al processo di Jennifer, eventi considerati storia antica al Rifugio ma ancora molto reali nella mente tenace di Cassie.
Paul Aleone, quarantun anni, economo-matematico che non soltanto aveva predetto il collasso dell’economia americana basata sull’energia-Y quando fossero scaduti i brevetti internazionali, ma che aveva creato anche un programma che prediceva esattamente i passati dieci anni di follia e di raggiri propagandistici, anche quando gli Stati Uniti cercavano di negare che la loro chimera di illusoria prosperità in effetti era volata via. Aleone aveva studiato il futuro economico del Rifugio come stato indipendente in affari con altri stati indipendenti più prudenti che non gli Stati Uniti.
John Wong, quarantacinque anni, avvocato oltre che giudice d’appello del sistema giuridico raramente usato dal Rifugio, orgoglioso del fatto che gli Insonni, eccetto che per comuni interpretazioni contrattuali vi ricorressero raramente. C’erano poca violenza, poco vandalismo e ancora meno furti nel Rifugio. Ma Wong, da storico, comprendeva il potere della giustizia fra persone rispettose della legge nei periodi di controversi cambiamenti e credeva nel cambiamento.
Charles Stauffer, cinquantré anni, capo della sicurezza esterna del Rifugio, come tutti i buoni soldati era costantemente preparato per un attacco, costantemente pronto a giustificare i propri preparativi. Il passo non era molto lungo dalla preparazione all’attuazione, dalla prontezza alla bramosia.
Barbara Barcheski, sessantatré anni, silenzioso e riflessivo capo di una ditta che si occupava di preparare statistiche informative per le società. Per lungo tempo, Jennifer non era stata sicura della Barcheski. Era studentessa di sistemi politici e, nel corso dei decenni, era arrivata a credere che l’illimitato progresso tecnologico e la lealtà alla comunità fossero fondamentalmente incompatibili, premessa che sosteneva in modo deciso tramite studi sui flussi delle società, dalla Venezia rinascimentale alla rivoluzione industriale, fino alle prime utopie orbitali. Lo studio di un paradosso, Jennifer lo sapeva bene, conduceva quasi inevitabilmente a un giudizio, ma non necessariamente a un giudizio negativo. Lei aspettò. Alla fine, Barbara Barcheski giunse a crearsi una mentalità metodica: quando una società deve scegliere, la lealtà alla comunità ha sempre le migliori probabilità di sopravvivenza, a lungo termine, rispetto perfino al progresso tecnologico. Barbara Barcheski amava il Rifugio. Sosteneva Jennifer.
Dottor Raymond Toliveri, sessantun anni, il brillante capo ricercatore dei Laboratori Sharifi. Jennifer non aveva mai messo in dubbio il suo appoggio per quel progetto: lo aveva creato lui. Il difficile era stato riuscire a fare eleggere Toliveri nel Consiglio, perché la sua frenetica agenda di lavoro lo rendeva un virtuale recluso. A Jennifer era occorso molto tempo.
C’erano poi Will Sandaleros, Najla e suo marito Lars Johnson ed Hermione Sharifi. Tutti stavano eretti e fieri, conoscendo fino in fondo le conseguenze di quello che stavano per fare e accettando quelle conseguenze senza cercare di eluderle, senza debolezza, senza crearsi scusanti.
Soltanto Ricky stava in piedi sostenendosi alla parete opposta della cupola del Consiglio, lo sguardo fisso a terra, le braccia incrociate sul petto. Hermione, notò Jennifer, non guardava il marito. Dovevano avere discusso su quel fatto ed era Hermione, soltanto la nuora di Jennifer, non il figlio genetico, che sosteneva la parte della giustizia. Una complessa emozione si accese in Jennifer, rabbia, dolore e angosciante senso di colpa materno, ma la allontanò. Non c’era più tempo per i fallimenti di Ricky. Era arrivato il momento del Rifugio.