— Supponiamo che tu mi dica una frase. Una sìngola frase.
— Hai un bel seno.
Lei era arrossita, una chiazza marrone sulla pelle scura. Aveva effettivamente un bel seno e dei bei capelli. Essi compensavano un po’ la grossa testa, il mento bitorzoluto e il portamento goffo. Non era graziosa ed era troppo intelligente per non saperlo. Volevo farla sentire graziosa.
Aveva detto: — Scegli un’altra frase.
— No. Usa quella.
Lo aveva fatto. Aveva parlato al computer e l’olo-palco aveva cominciato a formare una forma tridimensionale di parole, immagini e simboli collegati insieme da scintillanti linee verdi.
— Vedi, mette in evidenza le associazioni che crea la mia mente, basandosi sull’archivio di stringhe di pensiero passate e su algoritmi che rappresentano il mio modo di pensare. Da sole poche parole, estrapola, prevede e rispecchia. Il programma è chiamato in effetti "specchio mentale". Cattura circa il novantasette per cento dei miei pensieri, circa il novantadue per cento delle volte e poi io posso aggiungere il resto. La parte migliore è…
— Tu pensi in questo modo per ogni frase? Ogni "singola frase"? — Alcune delle associazioni erano ovvie: "seno" collegato con nutrire un bambino, per esempio. Ma perché mai il bambino era poi collegato con qualcosa che si chiamava "Costante di Hubble" e perché nella stringa era compresa anche la Cappella Sistina? Oltre a un nome che non conoscevo: Chidiock Tichbourne?
— Sì — aveva detto Miri. — Ma la parte migliore…
— Pensate tutti in questo modo? Tutti i Super?
— Sì — aveva risposto tranquillamente lei. — Anche se Terry, Jon e Ludie pensano fondamentalmente tramite concetti matematici. Sono più giovani del resto di noi, rappresentano il successivo ciclo di riprogrammazione del QI.
Non avrei mai saputo effettivamente che cosa significassero le mie parole per lei in tutti i loro livelli. Nemmeno una delle mie parole. Mai.
— Ti spaventa, Drew?
Mi aveva guardato dritto negli occhi. Potevo avvertire tutta la sua paura, e la sua determinazione. Il momento era importante. Continuava a crescere nella mia mente una incombente parete bianca cui nulla poteva aderire, finché non trovai la risposta giusta.
— Io penso in forme per ogni frase.
Il sorriso le aveva completamente mutato i lineamenti del volto, aprendoli e illuminandoli. Avevo detto la cosa giusta. Fissai la scintillante complessità verde dell’olo-palco mentre un globo tridimensionale che ruotava lentamente lo stipava di piccole immagini, equazioni e, soprattutto, parole. Così tante parole complicate.
— Allora siamo uguali — aveva detto Miri felice. Io non l’avevo corretta.
— La parte migliore — aveva sparato velocemente Miri, ormai completamente a proprio agio — avviene dopo che la stringa di pensiero estrapolata si è formata e, se necessario, è stata rimaneggiata: il programma principale la traduce negli schemi di pensiero di tutti gli altri ed essa riappare in quel modo sui loro olo-palchi. Simultaneamente su tutti e ventisette i terminali. In questo modo siamo in grado di bypassare le parole e avere l’idea completa di quello che stiamo pensando, trasmettendo più efficientemente l’uno con l’altro. Be’, non l’idea completa. C’è sempre qualcosa che si perde nella traduzione, specialmente in quella rivolta a Terry, Jon e Ludie. Ma è di gran lunga migliore rispetto al linguaggio. Proprio come i tuoi concerti sono migliori rispetto al sognare a occhi aperti privo di assistenza.
Sognare a occhi aperti. L’unico modo di sognare che i Super Insonni conoscevano. Fino a quando non ero arrivato io.
Quando un Insonne cadeva nella trance del Sogno Lucido, il risultato era differente rispetto a quando lo faceva un Vivo. E anche un Mulo. I Vivi e i Muli possono sognare di notte. Hanno quel genere di connessione con il loro inconscio e io la dirigo e la intensifico in un modo per loro gradevole: sia tranquillizzante, sia stimolante. Mentre sognano lucidamente, essi si sentono — in alcuni casi per la prima volta nella loro vita — completi. Io li porto più avanti lungo la strada verso i loro veri se stessi, più profondamente al di sotto del velo della veglia. Io dirigo i sogni verso le più dolci tra le cose che li aspettano lì.
Gli Insonni invece non sognano di notte. La loro strada verso l’inconscio è stata interrotta geneticamente. Quando gli Insonni cadono nella trance da Sogno Lucido, mi aveva detto Miri, hanno "intuizioni" che non avevano mai avuto in precedenza. Riescono a risalire al di sopra della loro infinita giungla di parole, uscendo dallo stato di trance con soluzioni intuitive rispetto a problemi intellettuali. I geni spesso hanno agito così durante il sonno, dice Miri. Mi ha fornito l’esempio di grandi scienziati. Ne ho dimenticati i nomi.
Guardando il complesso disegno verbale sul suo olo-palco, ho potuto vederlo nella mente. Creava una forma simile a un sasso pallido e privo di caratterizzazioni, freddo di rammarico. Miri non avrebbe mai visto quella forma nella mia mente. Peggio ancora, non avrebbe mai saputo di non vederla. Pensava che, vedendo noi due in modo differente rispetto ai Muli, fossimo simili.
Io avevo voluto essere parte di ciò che stava accadendo a Huevos Verdes. Già allora mi ero reso conto che il progetto avrebbe cambiato il mondo. Chiunque non fosse stato attore nel progetto ne sarebbe stato il burattino.
— Già, Miri — le avevo detto sorridendo — siamo uguali.
Su un tavolo da lavoro in un altro laboratorio, Miri stese le statistiche di prestazione della mia tournée di concerti. La copia cartacea era per me: i Super analizzavano sempre tutto direttamente sui monitor o sugli ologrammi. Mi chiesi quanto fosse stato lasciato da parte o semplificato a mio beneficio. Terry Mwakambe, un ometto basso, scuro, dai lunghi capelli incolti, stava appollaiato immobile sul davanzale della finestra aperta. Alle sue spalle l’oceano scintillava di un profondo azzurro nella luce che si stava affievolendo.
— Guarda qui — disse Miri — a metà della tua rappresentazione di L’aquila. I dati sul livello d’attenzione si sono alzati e i cambiamenti attitudinali subito dopo la rappresentazione sono stati abbastanza intensi nella direzione della disposizione a correre rischi. Tuttavia le statistiche successive mostrano che, una settimana dopo, i cambiamenti nei soggetti si sono ridotti maggiormente rispetto a quelli dovuti ad altri tuoi pezzi. Un mese dopo ogni cambiamento è quasi completamente scomparso.
Quando eseguo un concerto, loro collegano fan volontari a macchinari che misurano il cambiamento delle onde cerebrali, la respirazione, la variazione nella dilatazione delle pupille… Prima e dopo il concerto i volontari affrontano test di realtà virtuale che ne misurano le attitudini. I risultati vengono trasmessi ai computer principali di Huevos Verdes. Quando le statistiche lo richiedono, io cambio quello che eseguo e come lo eseguo.
Ho smesso di definirmi un artista.
— L’aquila non funziona — disse Miri. — Terry vuole sapere se puoi comporre un pezzo differente che faccia appello all’immaginario inconscio riguardante la disposizione a correre rischi. Lo vuole per la trasmissione che farai domenica l’altra.
— Forse me la dovrebbe scrivere direttamente Terry.
— Sai che nessuno di noi è in grado di farlo. — In quel momento il suo sguardo si fece più intenso e la bocca le si addolcì. — "Sei tu" il Sognatore Lucido, Drew. Nessuno di noi è in grado di fare ciò che sai fare tu. Se hai l’impressione che ti… guidiamo esageratamente, è solo perché il progetto lo richiede.