Forse non ci sono mai riuscito. Niente mi è più sembrato lo stesso dopo quel giorno.
L’unità medica ha trovato Doug Kane con una certa facilità, passando sopra ai cespugli con i sensori a gravità, sentendo la traccia mia e di Doug nell’aria. La seguivano quattro uomini che hanno riportato Doug a casa. Lui respirava meglio. Quella notte ci siamo radunati tutti al caffè. Volava musica da ballo, accuse, strilli ed era in atto una festa. Nessuno aveva sparato a nessun procione ma Eddie Rollins aveva sparato a un cervo e Ben Radisson aveva sparato a Paulie Cenverno. Paulie non era ferito grave, lui, e l’unità medica lo aveva rimesso subito a posto. Io sono andato a trovare Doug Kane.
Non si ricordava di nessuna ragazzina nei boschi. Glielo ho chiesto mentre stava sdraiato sulla pedana da letto in sintoplastica, steso su cuscini con una coperta imbottita, ricamata come quella che Annie si era fatta per il divano. Doug amava le attenzioni. Gliel’ho chiesto, molto attentamente, senza dirgli esattamente che c’era una ragazzina nei boschi ma accennando a quello che era successo. Lui però non sì ricordava niente dopo che era crollato e nessuno di quelli che l’avevano riportato a casa aveva parlato del ritrovamento di un procione sotto un guscio duro.
Doveva essersi portata via l’intero guscio, lei.
L’unica persona a cui l’ho detto è stata Annie e mi sono assicurato che Lizzie non c’era nelle vicinanze. Annie non mi ha creduto. Non all’inizio. Poi sì, ma solo perché si ricordava la ragazzina con la testa grossa e la tuta verde che stava nel caffè due giorni prima. Questa ragazzina aveva la testa grossa anche lei e in qualche modo per Annie questo significava che anche il resto della storia era vero. Ho detto ad Annie di non parlarne assolutamente con nessuno. E lei non lo ha mai fatto, nemmeno con me.
Per un bel po’ non sono riuscito a pensare praticamente ad altro. Poi ho cercato di scuotermi e sono tornato alla vita normale. La ragazzina con la testa grossa però era ancora nel mio pensiero.
Non abbiamo avuto altri guai per l’intera estate e autunno con i procioni con la rabbia. Sono semplicemente scomparsi tutti, per sempre.
Le macchine, però, hanno continuato a rompersi.
PARTE SECONDA
Agosto 2114
Colui il quale non utilizzerà nuove cure dovrà aspettarsi nuovi mali: il tempo è infatti il più grande innovatore.
6
La prima persona che vidi salire al Tribunale Scientifico, su per gli ampi e bassi gradini di pietra bianca che avrebbero dovuto evocare Socrate e Aristotele, fu Leisha Camden.
Paul, che era venuto dopo Anthony e prima di Rex, e io eravamo soliti godere di discussioni intellettuali. Egli ne godeva perché vinceva, io ne godevo perché vinceva lui. Questo, ovviamente, avveniva prima che io capissi quanto era profondamente radicato, come un cancro, il mio desiderio di perdere. In quel periodo le discussioni parevano divertenti, ardite. La gente che conoscevamo, Paul e io, considerava una pessima abitudine quella di discutere su questioni astratte. Noi Muli, con la nostra intelligenza modificata geneticamente, eravamo tutti così bravi a farlo, che era come vantarsi del fatto di saper camminare. Nessuno voleva apparire ridicolo. Molto meglio godere pubblicamente del surf, del giardinaggio o perfino, Dio ci aiuti, delle cabine di deprivazione sensoriale. Molto meglio.
Una sera, però, io e Paul, arditi anticonformisti fino alla banalissima fine, dibattemmo su chi dovesse avere il diritto di controllare una tecnologia radicalmente nuova. Il governo? I tecnocrati, nella maggior parte scienziati e tecnici, che erano gli unici che riuscivano realmente a comprenderla? Il mercato libero? Le persone? Non fu una bella serata. Paul voleva vincere ancor più del solito. Io, per qualche motivo connesso a una sgualdrina dagli occhi dorati che si trovava alla festa della sera precedente, non ero bramosa come al solito di perdere. Vennero dette delle cose, il genere di cose imbarazzanti che non se ne vanno più via. Gli umori si infiammarono. La scrivania di teak di mio nonno paterno ebbe bisogno di un nuovo pannello, che non riuscì mai a uguagliare perfettamente gli altri. Il dibattito intellettuale può avere effetti devastanti sul mobilio.
In fondo in fondo, io do la colpa agli Insonni per la mia rottura con Paul. Non direttamente, ma un désastre inoffensif, come il piccolo programma finale che distrugge un sistema sovraccarico. In fondo, poi, durante gli ultimi cento anni, di che cosa non abbiamo dato la colpa agli Insonni?
Hanno perfino provocato la creazione dei Tribunali Scientifici: altro désastre inoffensif. Cento anni fa, nessuno aveva mai stabilito se fosse accettabile creare un embrione umano in modo che fosse Insonne. Le Compagnie di modificazione genetica lo facevano e basta, allo stesso modo in cui avevano creato tutte quelle altre modificazioni genetiche embrionali, ai tempi privi di regolamentazione prima dell’avvento dell’ECGS.
Poi arrivarono gli Insonni. Razionali, svegli, intelligenti. Troppo intelligenti. Dotati di una vita lunghissima, un bonus a sorpresa: nessuno aveva saputo, inizialmente, che il sonno interferisse con la rigenerazione cellulare. A nessuno piacque quando venne scoperto. Troppi vantaggi darwini’ani che si ammassavano in un angolo.
Essendo questi gli Stati Uniti e non qualche monarchia del Sedicesimo secolo o stato totalitario del Ventesimo, il governo non decise di mettere drasticamente fuori legge le modificazioni genetiche radicali. Le condannarono invece a morte.
Il Foro Federale per la Scienza e la Tecnologia segue determinati processi. Ci sono una giuria composta da un gruppo di scienziati, discussioni e repliche, interrogatori incrociati, opinione finale scritta con menzione di opinioni discordanti, l’intero ROM. Il Tribunale Scientifico non ha potere. Può solamente raccomandare, non prendere decisioni.
Tuttavia nessun Congresso, presidente o commissione dell’ECGS ha agito contravvenendo alle raccomandazioni del Tribunale Scientifico. Mai.
Avevo quindi tutta la force majeure dello status quo dalla mia parte, in quella notte di devastazione mobili quando dichiarai che fosse il governo a dover controllare la modificazione genetica umana. Paul voleva che il controllo assoluto fosse dato agli scienziati (lui era uno di loro). Avevamo entrambi ragione, per quanto riguardava la pratica attuale. Ovviamente però la pratica non importava: in realtà non importava nemmeno la teoria. Quello che realmente volevamo, era il litigio.
Leisha Camden non aveva mai distrutto mobili, battuto un pugno contro una parete o scagliato a terra antichi calici da vino? Guardandola camminare nell’edificio del Foro dalle colonne bianche sulla Pennsylvania Avenue, pensai di no. Washington in agosto è caldissima. Leisha indossava un abito bianco senza maniche. I capelli biondo chiaro erano tagliati in corte e scintillanti onde. Appariva composta, bellissima, fredda. Mi ricordò, probabilmente in modo ingiusto, Stephanie Brunell. Tutto quello che mancava era il cagnolino rosa dagli occhi enormi condannato a morte.
— Udite, udite — gridò il cancelliere, quando la commissione scientifica entrò. E poi si arrabbiano quando la stampa lo chiama "tribunale scientifico". Washington è Washington anche quando si alza in piedi davanti a vincitori di premi Nobel.
Questa volta ce n’erano tre in una commissione formata da otto persone: artiglieria pesante. Barbara Poluikis, biologia-chimica, una donna minuta dagli occhi iper-allertati. Elias Maleck, medicina, che irradiava preoccupata integrità. Martin Davis Exford, fisica molecolare, che assomigliava più a un ballerino classico invecchiato. Nessuno, ovviamente, con un premio in genetica. Gli Stati Uniti non hanno vinto in quel campo da sessanta anni. I commissari erano stati accettati dagli avvocati di entrambe le parti. Si presumeva che i commissari fossero imparziali.