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Perché gli Insonni mi erano superiori e non solo in quanto a intelligenza. In quanto a disciplina, pura visuale d’insieme. In quanto all’invidiabile certezza che accompagna sempre lo scopo, anche se non sapevo di che scopo si trattasse, mentre tutto quello che avevo io era un vago e indefinito senso di allarme su dove fosse diretto il mio paese. Un allarme innescato da un cagnolino rosa senziente che era precipitato oltre la balaustra di un terrazzo. Se ci ripensavo, adesso, mi sembrava sciocco.

Non riuscivo nemmeno a stabilire dove pensavo dovesse dirigersi il mio paese. Sapevo solamente impedire, non spingere, e non ero nemmeno certa di ciò che stavo impedendo. C’era sicuramente sotto molto di più del Caso 1892-A.

Non sapevo che cosa stessero cercando di fare gli Insonni. Nessuno lo sapeva. E allora che cosa mi rendeva così maledettamente sicura che dovessi impedire loro di farlo?

D’altra parte, nulla di quello che avevo fatto io fino a quel momento, o che sembrava probabile potessi fare in un prossimo futuro, aveva avuto il benché minimo effetto sui piani di Miranda Sharifi. Non avevo fatto rapporto su di lei all’ECGS, non l’avevo tenuta sotto costante sorveglianza, non avevo nemmeno raggiunto una coerente conclusione su di lei negli intimi e imperscrutabili recessi della mia mente. Io ero completamente irrilevante. Non avevo quindi nulla da rimpiangere, nulla di cui pentirmi di avere o non avere fatto, nulla da cambiare.

Non so perché, ma questo non riuscì a rallegrarmi.

I successivi quattro giorni furono una delusione. Molto tempo venne riservato alla struttura terziaria e quaternaria delle proteine. Ci fu un acceso e incomprensibile dibattito su come le equazioni di trasferimento di Worthington venivano applicate alla codifica ridondante dell’RNA, durante il quale mi addormentai. Non fui la sola. Sempre meno persone si presentavano ogni giorno. Di quelle che lo facevano, solamente gli scienziati apparivano rapiti.

In qualche modo non mi sembrava giusto. Miranda Sharifi ci aveva detto che avevamo davanti la più grande scoperta scientifica degli ultimi duecento anni e alla maggior parte di noi sembrava soltanto alchimia. IL POPOLO DEVE CONTROLLARE SCIENZA E TECNOLOGIA. Già, giusto. Ma come possono degli ignoranti prendere decisioni su magie che non riescono a comprendere?

Alla fine, respinsero la richiesta.

Due dei premi Nobel, Barbara Poluikis e Martin Exford, scrissero opinioni dissenzienti. Favorirono il permesso di effettuare beta-test su volontari umani e non esclusero la possibilità di futuri brevetti. Volevano la conoscenza scientifica. Lo si poteva vedere anche attraverso le parole formali della loro breve opinione congiunta, che sbavavano per essa. Vidi Miranda Sharifi osservarli attentamente.

L’opinione della maggioranza fece di tutto tranne che stamparsi sulla bandiera americana. Sicurezza per i cittadini statunitensi, sacra fiducia, conservazione dell’identità del genere umano, bla, bla, bla. Tutto quello che, in effetti, mi aveva spinto a unirmi all’ECGS nel giorno in cui Katous si era scaraventato giù dal balcone.

A un livello più profondo, credevo ancora che l’opinione della maggioranza fosse giusta. La biotecnologia non regolamentata possedeva un incredibile potenziale distruttivo. Nessuno poteva realmente regolamentare la biotecnologia di Huevos Verdes perché nessuno riusciva realmente a comprenderla. L’intelligenza dei Super-Insonni e la protezione americana dei brevetti si combinavano per assicurarlo. Se non la si poteva regolamentare, meglio tenerla del tutto fuori dal paese.

Lasciai l’aula del tribunale profondamente depressa. Scoprii immediatamente che la mia ignoranza sulla biologia cellulare non era la mia sola e peggiore ignoranza. Pensavo di essere una cinica. Il cinismo, però, è come il denaro: c’è sempre qualcun altro che ne ha più di te.

Mi sedetti sui gradini del Tribunale Scientifico, con la schiena appoggiata a una colonna dorica dello spessore di una piccola sequoia. Soffiava un debole vento. Due uomini si fermarono al riparo della colonna per accendere pipe di sole, una sostanza stupefacente: avevo notato che alla gente dell’Est piaceva fumarla. In California preferivamo berla. Gli uomini, modificati geneticamente nella bellezza, indossavano i severi abiti neri senza maniche che andavano di moda al Campidoglio. Mi ignorarono entrambi. I Vivi notavano immediatamente che non ero una di loro, ma i Muli guardavano raramente al di là delle tute e dei gioielli di latta. Erano motivi sufficienti per il disinteresse.

— Allora quanto pensi che manchi? — chiese un uomo.

— Tre mesi fino al mercato, forse. Immagino che verrà dalla Germania o dal Brasile.

— E se Huevos Verdes non lo facesse?

— John, perché non "dovrebbero"? Ci si può fare una fortuna e quella Sharifi non è una pazza. Io controllerò con grande attenzione la tendenza degli investimenti.

— Sai, non mi interessa nemmeno troppo del fattore investimenti — la voce di John era mesta. — Lo vorrei soltanto per Jana, me e le bambine. Jana ha quelle cisti che vanno e vengono da anni, quello che abbiamo per adesso riesce soltanto a contenerle.

L’altro uomo appoggiò una mano sul braccio di John. — Controlla il Brasile. Ci scommetterei. Sarà una cosa veloce, più veloce che se non l’avessimo patentata qui. E senza tutte le complicazioni di ogni maledetto paese di Vivi che lo pretende per la propria unità medica a costi impossibili.

Accese le pipe, si allontanarono.

Rimasi lì seduta meravigliandomi della mia stupidità. Era ovvio. Rifiutare il Depuratore Cellulare per lo sviluppo americano, creare un immenso capitale politico per la "protezione" dei Vivi, risparmiare uno sbalorditivo ammontare di crediti non offrendo il farmaco rivoluzionario alla propria giurisdizione politica e, quindi, acquistarlo per se stessi e i propri cari Oltreoceano. Ovvio.

Il popolo deve controllare scienza e tecnologia.

Forse il dottor Lee Chang aveva ragione. Forse il Depuratore Cellulare sarebbe andato a male e li avrebbe uccisi tutti. Tutti meno i Vivi, che a quel punto si sarebbero sollevati per formare uno stato giusto e umano.

Già. Giusto. La madre di Desdemona e gli altri Vivi che avevo visto sul treno, messi a controllare una biotecnologia che potrebbe alla fine alterare la razza umana in qualcosa d’altro. I ciechi geni uniti, alla cieca. Giusto.

L’inerzia, cugina di primo grado della depressione, mi afferrò. Rimasi lì seduta, prendendo freddo, finché il cielo non si scurì e il sedere non cominciò a dolermi per il marmo duro. Il portico era deserto da moltissimo tempo. Lentamente, irrigidita, issai il corpo sulle gambe, ed ebbi il primo colpo di fortuna da settimane.

Miranda Sharifi stava scendendo lungo gli ampi gradini, mantenendosi in ombra. Il volto non era il suo e la tuta marrone non era la sua e io l’avevo vista salire insieme con Leisha Camden su un aeromobile che era partito due ore prima inseguita da mezza Washington. Questa Viva aveva la pelle chiara, il naso largo e corti capelli biondo cenere. E allora perché ero così sicura che si trattasse di Miranda? Forse per la testa grossa e la punta di un nastro rosso che, con le lenti focalizzate a zoom, vidi far capolino dalla sua tasca posteriore. Oppure, forse, era solo che avevo bisogno che fosse lei, e che la "Miranda" che era partita con Leisha Camden fosse una sosia.

Mi infilai la mano in tasca per prendere il sensore a infrarossi a media gittata che mi aveva dato Colin Kowalski e lo puntai furtivamente su di lei. Esso superò la scala. Miranda o no, quella persona aveva il metabolismo accelerato di un Super-Insonne. E non c’era alcun agente dell’ECGS in vista.

Non che avrei potuto vederne.