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Carmela Clemente-Rice fece strada attraverso la stessa porta laterale. La seguimmo. Un lungo corridoio bianco — ma quanto era grande quel luogo sotterraneo? — su cui erano allineate moltissime porte. Mi condusse attraverso la prima e si fece da parte.

Erano due, maschio e femmina, entrambi nudi. Avevano un’espressione sognante, sfocata, da consumatori di droghe pesanti ma, in qualche modo, seppi che non ne facevano uso. Esistevano e basta. Si stavano entrambi masturbando con una trasognata mancanza di urgenza che corrispondeva alle loro espressioni. La donna teneva una mano nella vagina fra le gambe e l’altra, in quella fra il seno. Le altre vagine, tuttavia, fra gli occhi, su ogni palmo delle mani, si erano anche aperte leggermente, mostrando tessuti gonfi e irrorati di sangue. L’uomo si accarezzava i suoi due peni eretti giganti e la propria vagina e mi accorsi che aveva inserito quello che assomigliava a una specie di posata su per uno dei fori del sedere.

— Per il commercio sessuale — disse tranquillamente Carmela Clemente-Rice alle mie spalle. — Ingegneria genetica embrionale clandestina. Non abbiamo alcun modo per tornare indietro, non abbiamo modo per sollevare i loro QI che si aggirano sul 60. Tutto quello che possiamo fare è alloggiarli e tenerli fuori dal mercato per cui erano stati progettati.

Feci uscire la carrozzella dalla camera. — Non mi sta mostrando niente di cui non fossi già a conoscenza, signora — dissi più duramente di quanto non avessi intenzione di fare. Gli schiavi del sesso mi crearono forme dolenti ed escoriate nella mente. — Questa roba è in giro da anni, ben prima che esistesse Huevos Verdes. Huevos Verdes non ha niente in contrario con il fatto che l’ECGS li metta fuorilegge e li chiuda. Nessuna persona sana di mente si dichiara a favore di questo tipo di ingegneria genetica.

Lei non rispose, mi condusse semplicemente lungo il corridoio, verso un’altra porta.

Ce n’erano quattro questa volta, in una stanza molto più grande, con le stesse espressioni sognanti. Questi non erano nudi, anche se indossavano degli strani abiti: tute cucite a mano goffamente per adeguarsi agli arti extra e alle deformità. Uno aveva otto braccia, uno quattro gambe, un altro tre paia di seni. A giudicare dalla forma del corpo, gli organi extra del quarto dovevano essere interni. Pancreas, fegati oppure cuori? L geni potevano venire programmati in modo da far crescere cuori extra?

— Per il mercato dei trapianti — disse Carmela. — Ma, forse, aveva sentito parlare anche di questo, no?

Era vero, ma non lo dissi.

— Questi sono più fortunati — continuò lei. — Possiamo rimuovere gli arti in eccesso e ridare loro dei corpi normali. In effetti Jessie dovrà sottoporsi all’operazione martedì.

Non chiesi quale fosse Jessie. Lo scotch mi stava creando bolle di nausea nello stomaco.

Nella camera successiva le due persone apparivano normali. In pigiama, giacevano addormentati su un letto coperto di una graziosa distesa di chintz. Carmela non abbassò la voce.

— Non stanno dormendo, signor Arlen. Sono sotto sedativi, pesanti, e lo resteranno per il resto della loro vita. Quando non lo sono, avvertono un intenso e costante dolore. Esso è causato da un piccolo virus modificato geneticamente, progettato per stimolare il tessuto nervoso a un grado intollerabile. Il virus viene iniettato e si riproduce quindi nel corpo, una specie del Depuratore Cellulare di Huevos Verdes. Il dolore è lancinante, ma non esiste alcun reale danno ai tessuti, quindi, in teoria, potrebbe continuare per anni. Decenni. È stato studiato per il mercato internazionale della tortura e ci sarebbe dovuto essere un antidoto da somministrare. O da rifiutare. Sfortunatamente, gli ingegneri genetici che ci lavoravano sono arrivati soltanto fino al nano-torturatore, non all’antidoto.

Uno della coppia di narcotizzati — mi accorsi che si trattava di una ragazzina, appena superata la pubertà — si agitò a disagio e mugolò.

— Sogna — disse brevemente Carmela. — Non sappiamo che cosa. Non sappiamo chi sia. Forse una messicana, rapita o venduta sul mercato nero.

— Se pensa che la ricerca di Huevos Verdes assomigli…

— No. Lo sappiamo. Ma…

— Tutto quello su cui si effettuano ricerche e che si crea a Huevos Verdes con la nano-tecnologia è fatto soltanto con il pensiero rivolto al beneficio pubblico. "Tutto." Come il Depuratore Cellulare.

— Ci credo — disse la dottoressa Clemente-Rice. Mantenne la voce bassa e controllata: riuscivo ad avvertire quale sforzo le costasse. — Le applicazioni di Huevos Verdes sono completamente differenti. Ma la scienza di base, le scoperte rivoluzionarie, sono simili. Solo che Huevos Verdes è andato molto più avanti, molto più velocemente. Altri sarebbero tuttavia in grado di chiudere il varco se avessero a disposizione, per esempio, il Depuratore Cellulare da analizzare e studiare.

Fissai la ragazzina addormentata. Aveva le palpebre corrugate. Lo erano state anche le palpebre di mia madre, verso la fine della sua vita, quando il cancro alle ossa l’aveva ghermita.

Dissi: — Ho visto abbastanza.

— Ancora una cosa, signor Arlen. Per favore. Non glielo chiederei se non fosse davvero urgente.

Voltai la carrozzella e la esaminai. Formava nella mia mente una serie di nitidi ovali pallidi, caratterizzati dalla stessa chiara sincerità di Maleck e degli agenti dell’ECGS. Erano stati probabilmente scelti proprio per quella qualità. Mi resi quindi improvvisamente conto chi mi ricordava Carmela: Leisha Camden. Un bizzarro dolore mi trafisse, come una lancia sottilissima.

La seguii attraverso l’ultima porta del corridoio.

Non c’erano persone modificate geneticamente in quella stanza. Tre scudi massicci scintillavano dal pavimento al soffitto, quelli del tipo che riesce a trattenere qualsiasi cosa non sia nucleare. Dietro di essi cresceva dell’erba alta.

Carmela disse con un filo di voce: — Lei ha detto che Huevos Verdes lavora solamente su modificazioni genetiche e nano-tecnologie che sono destinate a un pubblico beneficio. Lo era anche questa. È stata commissionata da una nazione del Terzo Mondo che aveva tremende carestie ricorrenti. Le foglie dell’erba sono commestibili. A differenza della maggior parte delle piante, le loro pareti cellulari non sono fatte di cellulosa, ma di una sostanza artificiale che il sistema umano è in grado di convertire in monosaccaridi. L’erba è anche sorprendentemente forte, ha una crescita velocissima, si autosemina, ed è capace di recuperare nutrimento da terreni poveri e acqua da quelli aridi. Gli ingegneri che l’hanno creata hanno calcolato che potesse moltiplicare di sei volte il cibo fornito dalle attuali colture più intensive.

— Fornire cibo — ripetei io come un idiota. — Cibo…

— L’abbiamo piantata in un’ecosfera, controllata e schermata, di cinquanta acri di terreni diversi ecologicamente parlando — continuò Carmela, con le mani infilate nelle tasche del camice da laboratorio — e nel giro di tre mesi essa aveva spazzato via qualsiasi altra pianta nell’ecosfera. È così bene adattata a crescere rigogliosa che ha superato tutti i concorrenti. Gli umani e alcuni mammiferi sono in grado di digerirla, altri animali no. Gli altri vegetariani sono morti tutti, inclusi così tanti insetti larvali che la popolazione di insetti è sparita. Le popolazioni di anfibi, rettili e uccelli sono svanite con essi, quindi i mammiferi carnivori. I nostri computer calcolano che, date le giuste condizioni di vento, a questa erba occorrerebbero circa diciotto mesi per restare l’unica cosa vivente sulla faccia della terra, inclusi o esclusi pochi alberi immensi con un sistema di radici così esteso che non permetterebbe loro di morire facilmente.