Guardai fuori dal finestrino dell’aereo la luce del sole che si rifletteva, accecante, sulle ali metalliche, finché le forme dietro alle mie palpebre cancellarono quelle nella mia mente.
L’aereo, che era stato così accuratamente controllato contro un’eventuale contaminazione da disgregatore di duragem a Seattle, doveva essersi contaminato ad Atlanta. Cadde sopra la campagna della Georgia settentrionale.
Fu di nuovo tutto come alla KingDome eccetto che questo pilota non pregò, maledisse o gemette e noi stavamo volando a cinquemila e seicento metri di altitudine. Il cielo era di un azzurro abbacinante con nuvole sottostanti che impedivano qualsiasi veduta del terreno. L’aereo sbandò sulla sinistra, appena un pochino, e io vidi il colore della pelle sul collo del pilota cambiare da un bronzo chiaro a un marrone a chiazze. Leisha sollevò lo sguardo dalla propria valigetta. A quel punto l’aereo si raddrizzò e io riuscii a sentire la mente, che si era serrata in una forma dura e bloccata simile a una stipsi, aprirsi di nuovo.
L’istante dopo, tuttavia, l’aereo sobbalzò ancora una volta e cominciò a procedere a scossoni. Il pilota inserì nella consolle ordini vocali e urgenti, digitando simultaneamente comandi manuali. L’aereo scese in picchiata.
Il pilota lo fece risollevare così duramente che venni sbattuto contro Leisha. I suoi capelli chiari mi riempirono la bocca. La valigetta rotolò in avanti cozzando contro lo schienale del sedile anteriore. La valigetta disse: "Per ottenere la massima efficienza, vi preghiamo di mantenere stabile questa unità". Un lungo e sottile filamento mi si avvolse nella mente.
Leisha afferrò lo schienale del sedile anteriore e mi liberò, — Drew! Stai bene?
L’aereo cadde. Il pilota vi restò incollato, trasmettendo ordini con una controllata voce monotona da macchina, manipolando i comandi. La valigetta di Leisha disse: "Questa unità si sta disattivando" con una voce chiara e squillante da soprano esercitato. La mano di Leisha avanzò a tastoni per controllare le mie cinture di sicurezza. — Drew!
— Sto bene — dissi, pensando. "Questo non va affatto bene." Il filo cominciò a svolgersi, tendendosi sempre di più.
Ci tuffammo attraverso le nuvole. Si udì uno stridio acuto nell’aria risuonare quasi sopra di noi, come se stesse provenendo da una macchina completamente differente. L’aereo picchiò quindi di piatto il ventre sul terreno paludoso. Sentii il colpo nei denti, nelle ossa. Leisha, scagliata ancora una volta contro di me disse qualcosa a voce bassissima, una singola parola: sarebbe potuta essere "Papà".
Nell’istante in cui l’aereo si schiantò al suolo, i portelloni si sollevarono. Non poteva essere tuttavia proprio nello stesso secondo, pensai successivamente, perché nessuno avrebbe progettato un equipaggiamento da schianto in quel modo. Sembrò fosse passato però solamente un secondo quando i portelloni si alzarono e le cinture di sicurezza dei passeggeri si sganciarono. Leisha mi buttò fuori dall’aereo e nello stesso momento io colsi l’acre odore del fumo.
Caddi sul ventre nei venti centimetri di acqua che ricoprivano il terreno viscido. Leisha si tuffò di fianco a me, cadendo sulle ginocchia. Senza la carrozzella mi sembrava di avere le convulsioni, un pesce disperato che cercava di tenersi fuori dall’acqua appoggiandosi sui gomiti. Strisciai in avanti, procedendo con le braccia attraverso la melma, lontano dall’aereo e trascinandomi dietro le gambe inutilizzabili.
Leisha barcollò in piedi e cercò di sollevarmi. — No, scappa! — le gridai come se il fumo che spiraleggiava dall’aereo bloccasse il rumore ma non la vista. — Non senza di te — disse lei. Riuscivo ad avvertire la presenza dell’aereo alle mie spalle, una bomba. Gridai: — Riesco ad andare più veloce per cónto mio! — Forse era vero.
Lei continuò a tirarmi il corpo, anche se ero decisamente troppo pesante per lei. Il fumo si addensò. Non sentii il pilota scendere, era rimasto ferito? Il palmo della mano sinistra mi scivolò sul fango e caddi faccia a terra dentro di esso. Freneticamente, cercai di riappoggiarmi sulle mani e di trascinarmi in avanti. — Corri! — gridai ancora una volta a Leisha che non voleva andarsene. Senza speranza, senza speranza. Non era forte abbastanza da portarmi e l’aereo stava per esplodere.
Il filo si spezzò. La grata nella mia mente, come a Seattle, scomparve.
Qualcuno corse verso Leisha provenendo dall’altra parte dell’aereo. Il pilota? Non lo era. L’uomo placcò Leisha e lei mi cadde sopra. Ancora una volta venni spinto con la faccia nel fango. Udii quindi un debole puff! Quando liberai gli occhi dal fango, vidi che l’aria attorno a noi tre scintillava. Un campo di forza. Energia-Y. Quanto era resistente? Poteva reggere a…
L’aereo esplose.
Ricaddi nella melma, bloccato da Leisha. Il mondo tremò e io vidi una piccola e nera biscia d’acqua, terrorizzata per l’intrusione nella sua palude, sfrecciare verso di me e mordermi su una guancia. La biscia cominciò come un sottile filo, divenne quindi un movimento ravvicinato indistinto e poi il mondo scomparve nel nero delle sue scaglie luccicanti e io non seppi se il filo avrebbe retto o no.
Era un agente dell’ECGS. Quando rinvenni, ce n’erano altri tre che mi stavano attorno in cerchio, come l’anello di dottori attorno al mio letto decenni addietro, quando ero rimasto menomato. Giacevo sulla schiena su un tratto di terreno relativamente asciutto e spugnoso al margine del basso laghetto. Leisha era seduta a breve distanza con la schiena appoggiata a un albero di anona, con la testa china sulle ginocchia. Dall’altra parte della palude, l’aereo di Kevin Baker bruciava e il fumo si alzava in nuvole gonfie.
— Leisha? — mi sentii gracchiare. La mia voce mi appariva aliena come tutto il resto. Soltanto che non c’era proprio niente di alieno. Riconobbi la pesantezza dell’aria afosa, il ronzare degli insetti, le pozze melmose e le orchidee fantasma bianche come la cera. E sopra tutto le barbe grige e gocciolanti del muschio epifita. Ero stato allevato nell’interno della Louisiana. Questa doveva essere la Georgia, ma gran parte del terreno paludoso è esattamente identico. Ero stato io a diventare l’alieno.
— La signorina Camden si riprenderà in un momento — rispose un agente. — Probabilmente è soltanto un forte colpo. Sta arrivando aiuto. Noi siamo dell’ECGS, signor Arlen. Non si muova… ha una gamba rotta.
Ancora. Questa volta però non provavo alcun dolore. Non erano rimasti nervi per poter provare dolore. Sollevai leggermente il mento avvertendo la tensione nei muscoli dello stomaco. La gamba sinistra era piegata a una angolazione acuta, innaturale. Abbassai il mento.
Le forme che mi strisciavano nella mente erano grige e indistinte esternamente, spezzate all’interno. Avevano una voce. "Non riesci a fare niente bene, vero, ragazzo? Chi ti credi di essere, un maledetto Mulo?"
Dissi a voce alta come un bambinetto: — Una biscia mi ha morso sulla guancia.
Un secondo uomo si chinò per esaminarmi il volto. Era ricoperto di fango. Disse, ma non bruscamente: — È in arrivo un dottore. Non la muoveremo da qui finché non sarà arrivato. Resti fermo e cerchi di non pensare.
Non pensare. Non sognare. Io però ero il Sognatore Lucido. Lo ero. Dovevo esserlo.
La voce impastata di Leisha disse da dietro le mie spalle: — Siamo in arresto? Con quali accuse?
— No, ovviamente no, signorina Camden. Siamo felici di essere stati in grado di aiutarvi — disse l’uomo che mi aveva scrutato la guancia. Gli altri due agenti restavano immobili con espressioni impassibili, anche se vidi uno dei due strizzare gli occhi. Si può dimostrare disprezzo strizzando gli occhi. Leisha e io eravamo in combutta e sostenevamo Huevos Verdes. Manipolatori genetici. Distruttori del genoma umano.