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— Giù al caffè — ho mentito io.

Annie ha serrato le labbra. — Non vuoi affatto andare di nuovo giù al caffè, tu. Dove stai andando realmente, Billy? Io non voglio assolutamente che tu te ne vai a passeggiare di nuovo nei boschi, tu. È troppo pericoloso. Potresti cadere un’altra volta.

— Vado al caffè — ho detto io ed era la seconda bugia.

— Billy — ha detto Annie e io ho capito dal suo labbro inferiore che cosa stava per dire ancora: — Potremmo andare via, noi. Adesso. Prima che altre parti di duragem vengono mangiate su quel treno.

— Io non lascerò East Oleanta, io — ho detto. Mi faceva una paura del diavolo dirle di no. Mi spaventava ogni volta. E se Annie se ne andava comunque, senza di me? La mia vita sarebbe finita. E se Annie prendeva Lizzie e se ne andava semplicemente via?

Ma io dovevo restare, io. "Dovevo." Ero l’unica persona che sapeva che il governo non aveva fatto saltare in aria l’Eden. La dottoressa Turner era stata quella che aveva chiamato il governo a East Oleanta. Me lo aveva detto Lizzie. Annie non lo sapeva. Io dovevo restare e assicurarmi che la dottoressa Turner non scopriva che l’Eden esisteva ancora e non chiamava il governo per tornare e finire il lavoro. Io non sapevo come potevo fermare la dottoressa Turner a meno di ucciderla e non pensavo di poterlo fare. Forse invece sì. Non me ne potevo nemmeno andare e lasciare così la ragazza dalla testa grossa e i capelli scuri, che mi aveva deliberatamente fatto sapere dove si trovava l’Eden nel caso che ne avevo davvero bisogno. Glielo dovevo a quella ragazza.

Ma non si trattava soltanto di quello.

Così ho detto ad Annie: — Piantala, donna. Io vado al caffè e ci vado da solo!

Poi ho trattenuto il respiro, io, mentre la tremenda paura mi consumava dentro.

Annie però ha soltanto sospirato, si è tolta il parka e ha preso in mano uno straccio. Quella era una cosa meravigliosa di Annie: sapeva che c’erano cose che una persona faceva comunque e non sprecava fiato a discuterci sopra, a meno che, ovviamente, la persona non era Lizzie. A dire il vero l’altra persona da cui mi aspettavo guai era proprio Lizzie. Lizzie però stava seduta sul divano con il suo terminale-biblioteca, impegnata nei suoi interminabili studi, e lanciava occhiate alla porta in attesa della dottoressa Turner, pronta a fare alla donna centinaia di domande.

Era un altro motivo per uscire in quel momento. La dottoressa Turner non era in giro. Tanto per cambiare.

Ho chiuso la lampo del parka e ho preso il bastone da passeggio che Lizzie mi aveva portato. È un bel bastone. Lo userei anche se non lo era, perché me lo ha portato Lizzie, ma "è" bello. Giusto per altezza e spessore. Lizzie ha l’occhio clinico, lei. Quando lo stacca dal terminale-biblioteca e dalla dottoressa Turner.

Annie ha detto con maggiore gentilezza: — Stai attento, Billy Washington. Non vogliamo che ti succede niente — proprio come se sapeva che io non me ne andavo al caffè, dopotutto. Mi ha abbracciato. Per un minuto ho stretto Annie Francy al petto, io, la sua testa appoggiava sotto il mio mento, e ho chiuso gli occhi.

— Tu — ho detto, cosa abbastanza stupida, ma andava bene così perché Annie ha sorriso. Potevo sentirla sorridere contro il mio collo. Così ho ripetuto: — Tu.

— Anche tu — ha detto lei, tirandosi indietro. I suoi occhi color cioccolato avevano un’espressione tenera. Sono uscito dalla porta come se camminavo direttamente nelle nuvole. E non mi sentivo manco tanto debole. Le gambe mi funzionavano meglio di quanto non mi aspettavo. Sono arrivato proprio fino al fiume senza che il cuore mi si metteva a correre forte. Lo faceva solo la mia mente.

Perché non volevo lasciare East Oleanta? Annie voleva davvero, lei, andare in un posto migliore per Lizzie. Restava soltanto per me.

E perché restavo io? Perché una ragazzina Insonne dalla testa grossa, che era probabilmente Miranda Sharifi in persona, poteva avere bisogno di me. Di me, Billy Washington che non riusciva ad aiutare a portare l’acqua, a intrappolare conigli o spostare i coni a energia-Y nei punti dove ce n’era bisogno. Era buffo a pensarci. Miranda Sharifi di Huevos Verdes e Eden che avevano bisogno di Billy Washington.

Solo che non era buffo per niente.

Ho infilato la punta del bastone nel fango soffice e mi ci sono appoggiato sopra per far scendere il mio vecchio e pazzo corpo fino alla sponda del fiume. Stavo prendendo in giro me stesso. La verità era che ero io ad avere bisogno dell’Eden. Quantomeno nella mia testa. E non sapevo esattamente il perché.

Mi sono incamminato sopra le rocce lungo il fiume. C’era stato un disgelo negli ultimi pochi giorni e il fango sul fiume era denso come una zuppa punteggiata di chiazze di neve. Il sole brillava e l’acqua si mostrava alta, verde e gelida sfrecciando via come un treno a gravità. Ho visto qualcosa di scuro steso su un po’ di neve e mi ci sono avvicinato per dargli un’occhiata.

Era un coniglio. Aveva lunghe zampe con gli artigli. Era steso su un fianco, sulla neve bianca con le budella di fuori. Impronte di volpe punteggiavano il fango. Il coniglio aveva il pelo marrone rossiccio.

Qualcuno è sceso sulla sponda avvicinandosi a me. Ho infilato il bastone sul coniglio e l’ho rivoltato. Il coniglio era marrone.

— Ehm — ha detto la dottoressa Turner. — Cosa lo ha ucciso?

— Una volpe.

— Be’, perché lo guardi con quell’aria da funerale? Deve succedere in continuazione qui nel regno del buon Dio. Stavi pensando se lo potevamo mangiare?

— No. Non questo coniglio.

— Be’, se riesci a distogliere la mente dalla fauna locale, ho qualche notizia da darti. Il presidente ha proclamato la legge marziale.

Sembrava sconvolta. Io non ho detto niente.

— Il Congresso lo ha appoggiato. Il buon vecchio Articolo 1 Sezione 8. C’è stato quel gran bordello a Wall Street ieri, il sistema giuridico ha smesso di funzionare in talmente tanti stati che il vecchio profilo del Comandante in Capo Bonny ha potuto dichiarare l’autorità civile inadeguata a… tu non sai di cosa sto parlando, vero Billy? Sai che cos’è la legge marziale?

— No, dottoressa Turner.

— Il presidente ha messo al comando l’esercito. Per mantenere la pace dove ci sono le rivolte. Indipendentemente da quello che devono fare per mantenerla.

— Sì, dottoressa Turner.

Mi ha guardato storto. Non sono mai stato bravo a nascondere le cose. — Cosa c’è Billy? Che c’è di storto in quel coniglio?

Ho detto, più lentamente di quanto non intendevo: — È marrone.

— E allora? Abbiamo visto un sacco di conigli marroni. Lizzie mi ha detto che ha perfino avuto come animaletto domestico un coniglio marrone, l’estate scorsa.

— Non è estate.

Lei ha continuato a guardarmi e mi sono accorto che davvero non capiva. A volte i Muli non sanno le cose più semplici.

— Questo qui è un coniglio dalle zampe bianche. Ormai doveva avere cambiato il pelo. Marrone rossiccio in estate, bianco in inverno e siamo all’inizio di novembre. Avrebbe dovuto cambiarlo.

— Sempre, Billy?

— Sempre.

— Modificato geneticamente. — La dottoressa Turner si è inginocchiata nella neve e ha studiato attentamente il coniglio. Non c’era niente da vedere eccetto quella pelliccia marrone rossiccia. Quasi dello stesso colore dei capelli che uscivano dal cappello di lei sulla nuca quando si è inginocchiata, davanti a me. L’avrei potuta uccidere in quel momento, picchiandole il collo col bastone, se ero un tipo da uccidere. E se pensavo che serviva a qualche cosa.

— Billy, sei sicuro che il mantello non dovesse essere ancora marrone?

Non le ho manco risposto, io.

Si è seduta sui talloni, pensando furiosamente. Poi ha sollevato lo sguardo su di me, con l’espressione più maledettamente vacua che avevo mai visto sulla faccia di qualcuno. Non avevo idea di che cosa voleva dire eccetto che mi ricordava Jack Sawicki quando giocava a scacchi. Quando era vivo, lui, per giocare a scacchi. La gente prendeva sempre in giro Jack per il fatto che gli piaceva giocare a scacchi. Non era un gioco da Vivi.