Ecco come dovevano sentirsi i Vivi nei confronti dei Muli come me.
Annie disse, attraverso le lacrime, ancora inginocchiata: — Per favore. — Quella semplice parola. In quel luogo aveva una sorprendente dignità.
Nella parete alle spalle di Miranda apparve una porta, una porta che un attimo prima non era esistita nemmeno come profilo, e un uomo vi sporse la testa. — Miri, sono in arrivo…
— Vai, Jon — rispose lei. Erano le prime parole che avesse pronunciato. Jon aveva la stessa testa deforme di Miranda ma aveva dei bei lineamenti, una combinazione bizzarra e sconcertante, come una manticora con la faccia di un collie domestico. La bocca di lui si irrigidì.
— Miri, "non puoi"…
— È già tutto sistemato! — replicò seccamente lei e per la prima volta mi accorsi che era sottoposta a una tremenda tensione. Si rivolse quindi a lui e disse poche parole che non riuscii a cogliere, tanto velocemente le pronunciò. A dispetto della velocità, le parole davano la strana sensazione di essere separate, ognuna una prudente comunicazione piuttosto che parte di un flusso grammaticale: stavo soltanto tentando di immaginare. Miranda portava un singolo anello, una sottile fascetta d’oro incastonata di rubini, sull’anulare della mano sinistra.
Jon si ritirò e la "porta" scomparve. Non c’era segno che fosse mai esistita.
Miranda appoggiò una mano sulla spalla di Annie. La mano tremava. — Non piangere. Posso aiutare entrambi. Di certo tua figlia.
Fu tuttavia accanto a Billy che si inginocchiò per prima. Tenne una scatoletta sul suo cuore e ne esaminò lo schermo in miniatura; gli appoggiò la scatoletta contro il collo e studiò nuovamente lo schermo; gli applicò un cerotto medico sul collo. Stando a guardare, mi sentii oscuramente rassicurata. Era una cosa nota. Stava curando Billy per l’attacco di cuore, se di questo si trattava.
Egli cominciò a respirare con maggiore facilità e gemette.
Miranda si rivolse a Lizzie. Estrasse dalla tasca una lunga e sottile siringa nera, opaca. Pochissimi medicinali venivano somministrati tramite iniezione invece che con i cerotti. Qualcosa mi si rigirò nel petto.
Dissi: — Ha già ricevuto un antibiotico ad ampio spettro e un antivirale da una unità medica di modello K. L’unità ha detto che si trattava di un virus sconosciuto che esulava dalla configurazione di qualsiasi microrganismo conosciuto confezionato, si dovrebbe ricostruirlo da capo per potere…
Stavo blaterando. Miranda non sollevò lo sguardo. — Questo è il Depuratore Cellulare, dottoressa Turner. Penso tuttavia che lei lo avesse già immaginato. — C’era qualcosa di premeditato nel suo modo di parlare, come se le parole fossero state scelte accuratamente, sebbene lei trovasse che fossero completamente inadeguate rispetto qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di dire. Non lo avevo notato a Washington, dove i suoi discorsi davanti al Tribunale Scientifico dovevano essere stati preparati attentamente in anticipo. La lentezza aveva un contrasto marcato rispetto al modo in cui aveva parlato con "Jon".
Annie osservò l’ago sparire nel collo di Lizzie. Annie rimase completamente immobile, inginocchiata sull’orlo del parka infangato che aveva sparpagliato foglie morte sul pavimento bianco privo di qualsiasi segno.
Il momento appariva surreale. Miranda non aveva nemmeno esitato. Io sputai fuori: — Non hai nemmeno intenzione di spiegare loro questa cosa, di dar loro una scelta…
Miranda non rispose. Estrasse invece una seconda siringa dalla tasca e iniettò il liquido in Billy.
Pensai follemente a tutti i depositi di grasso sulle arterie del cuore di lui, a tutte le letali copie virali che possono giacere in attesa per anni nei linfonodi finché il corpo non si indebolisce, a tutte le moltiplicazioni tossiche del DNA normale nel corso dei sessantotto anni delle ossa, della carne e del sangue di Billy. Non riuscii a parlare.
Miranda tirò fuori una terza siringa e si rivolse ad Annie, che sollevò una mano in atteggiamento difensivo. — No, signora, la prego, io non sono malata.
— Lo sarai — disse Miranda — senza questo. Presto. — Aspettò.
Annie chinò la testa. Mi sembrò una preghiera che improvvisamente mi fece infuriare senza che riuscissi a capirne il motivo. Miranda iniettò il liquido in Annie.
Si rivolse quindi verso di me.
— Quanto è tossico il virus mutato…
— Letale. Entro ventiquattro ore. E viene trasmesso facilmente. Resterai infettata.
— Come fai a saperlo? È stata la tua gente a creare e liberare il virus? Sei stata tu?
— No — rispose lei, calma come se le avessi chiesto se stesse piovendo. Le pulsava tuttavia una vena sul collo ed era tesa come una corda di violino, pronta a vibrare al tocco. Non sapevo però al tocco di chi. Fissai la siringa che aveva in mano: lunga, sottile, nera, il fluido nascosto dentro. Di che colore era? Il fluido era già entrato in Lizzie, in Billy, in Annie.
Sussurrai, prima di sapere che lo avrei fatto: — Ma io sono un Mulo…
Miranda disse: — Mi sono iniettata il liquido personalmente. Mesi addietro. Non si tratta di una procedura non testata.
Non aveva affatto colto il significato delle mie parole. Esso andava al di là del suo campo visivo. Apparentemente, allora, c’erano cose che le sfuggivano. Dissi: — Sei così… — senza sapere come avrei terminato la frase.
— Non abbiamo molto tempo. Abbassa la testa, per favore, dottoressa Turner.
Spifferai subito, con mia eterna vergogna: — Non sono una vera dottoressa laureata!
Per la prima volta lei sorrise. — Nemmeno io, Diana.
— Perché non abbiamo molto tempo? Che cosa sta per succedere? Non sono ancora ammalata e tu stai per alterare la mia intera struttura biochimica, lasciamici almeno pensare un momento.
Apparve improvvisamente uno schermo sulla parete. Anche se questo, a differenza della porta, era certamente di tecnologia normale, sobbalzai lo stesso come se fosse apparso un angelo con una spada fiammeggiante. L’angelo però mi stava davanti, fissando addolorata lo schermo, con la spada che le tremava nella mano e io sarei morta non tanto perché avevo avevo mangiato quella particolare mela elaborata geneticamente, ma perché non lo avevo fatto.
Non mi dette alcuna possibilità. Lo schermo mostrava un aereo che atterrava laddove nessun aereo sarebbe dovuto essere in grado di atterrare, un oggetto ripiegato che scendeva giù come un elicottero privo di rotore, ma con una maggiore precisione rispetto a un elicottero, sullo stesso piccolo tratto di terreno pianeggiante fra il ruscello e la montagna dove io avevo gridato perché l’Eden si aprisse. Lo stesso nudo albero di betulla che fremeva, bianco. La stessa quercia malconcia. Sollevai la testa per guardare i quattro uomini che scendevano dalla fusoliera aperta dell’aereo governativo e Miranda mi infilzò la siringa nel collo. Poggiandomi l’altra mano sulla spalla, mi tenne ferma mentre il fluido penetrava.
Era molto forte.
Non so perché quel singolo fatto mi schiarì la mente, il che dimostra quanto fosse completamente folle l’intera situazione. Dissi, quasi fossimo cospiratori: — Non possono entrare, vero? Non sono nemmeno riusciti a trovare questo posto, prima, e hanno fatto saltare in aria l’installazione sbagliata. Devono averci seguito qui, Billy, Annie, Lizzie e me… oh, mi dispiace, Miranda…
Non mi stava ascoltando. Con mio assoluto stupore, vidi delle lacrime scintillare nei suoi occhi. Avvolse le dita della mano destra attorno alla sinistra. Coprendo l’anello.