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Washington D.C., all’esterno della Enclave Federale Protetta, era in fiamme. Era difficile capire quanta parte del governo fosse rimasta per poter accogliere ì reclami di risarcimenti legali.

Timonsville in Pennsylvania era scomparsa. L’intero paese di duemila e trecento persone aveva semplicemente fatto le valigie e si era disperso. Questo era il massimo che i notiziari arrivavano ad accennare rispetto agli immensi cambiamenti riguardanti dove la gente andasse o perché o quali microrganismi portasse con sé nelle diaspore.

Nessuno menzionò anche solo lontanamente East Oleanta.

Nel pomeriggio cominciò a nevicare, anche se la temperatura era appena al di sopra dello zero. Avevo pensato di fare una passeggiata fra le montagne, in cerca del luogo in cui Billy ci aveva condotto oltre un mese prima, ma il tempo lo rese impossibile.

Giacqui sveglia tutta la notte, ascoltando il silenzio.

La mattina dopo feci una doccia ai Bagni Pubblici Salvatore John DeSanto che stavano misteriosamente funzionando di nuovo. Ritornai quindi al caffè. East Oleanta era ancora deserta. Sedetti sul bordo di una sedia, come una diligente scolaretta Mulo e guardai l’olo-terminale mentre il mio paese si disintegrava per la carestia, la pestilenza, la morte e la guerra e il resto del mondo mobilitava le sue tecnologie più avanzate per sigillarci all’interno dei nostri confini. Se c’erano altre notizie, gli olo-canali non le riportavano. Alle undici del mattino soltanto tre canali trasmettevano ancora.

A mezzogiorno avvertii un improvviso, sopraffacente bisogno di andarmi a sedere presso il fiume. Questo bisogno mi colpì con la forza di una rivelazione religiosa. Non era appellabile. Dovevo andarmi a sedere presso il fiume.

Una volta lì, tolsi i vestiti, un atto così poco usuale e tuttavia irrefrenabile come un attacco di diarrea in pubblico. C’erano appena due o tre gradi e brillava il sole, ma ebbi la sensazione che non me ne sarebbe importato nemmeno se fossimo stati sotto zero. "Dovevo" togliere i vestiti. Lo feci e mi distesi su una chiazza di fango superficiale.

Giacqui sulla schiena nel fangoallentato dal sole, tremando violentemente per forse sei o sette minuti. Alcuni sassi mi premettero contro le scapole, la parte posteriore delle cosce, il fondo schiena. Il fango del fiume aveva un odore pungente. Era freddo. Non mi ero mai sentita così a disagio in vita mia. Rimasi stesa lì, con un braccio sopra la faccia per schermare gli occhi dalla scintillante luce del mezzogiorno, riluttante a muovermi. Incapace di un gesto. Poi tutto terminò e, ancora rabbrividendo, mi sedetti e mi rivestii.

Era finito.

"Mangiami" diceva la fialetta che Alice aveva trovato sul fondo della tana del coniglio. "Bevimi."

Erano passati due giorni interi da quando avevo divorato il pollo col riso e i genuini piselli novelli nell’ospedale governativo di Albany. Non mi ero sentita affamata: scioccata, ansiosa, depressa. Tutte queste cose possono bloccare l’appetito. Il corpo tuttavia ha bisogno di carburante. Anche quando la fame è assente, i livelli di glucosio crollano. Ci sono depositi nascosti di amido nel fegato e nei muscoli, ma alla fine anche quelli vengono consumati. Il sangue ha bisogno di nuove fonti di glucosio da inviare al corpo.

Il glucosio non è altro che atomi. Carbonio, ossigeno, idrogeno. Combinati in un modo nel cibo, combinanti in un altro modo nel fango, nell’acqua e nell’aria esattamente come l’energia esiste sia sotto forma di legami chimici sia, in un’altra forma, come luce solare.

L’energia-Y ricombinava le forme dell’energia in modo che ce ne fosse sempre un rifornimento disponibile ed economico.

La nano-tecnologia ricombinava gli atomi che potevano essere trovati sempre e ovunque.

Sotto i vestiti, potevo sentire il fango che mi macchiava ancora la parte posteriore delle cosce. Cercai di ricordare come erano chiamate le aperture attraverso le quali le piante assorbivano l’aria, quei minuti orifizi nell’epidermide delle foglie e degli steli. Non mi venne in mente il termine. Avevo il cervello annebbiato.

Il mio corpo si era nutrito.

Presi a camminare attentamente, appoggiando cautamente i piedi a ogni passo, trasferendo il peso lentamente da un piede all’altro. Tenevo le braccia leggermente sollevate rispetto ai fianchi, per potermi sorreggere in caso fossi caduta. Tenevo la testa rigida. Avanzai lentissimamente lungo l’argine e mi sembrò una cosa cruciale. Mi sembrava di non avere scelta. Mi muovevo come se fossi stata qualcosa di raro e fragile. Io ero la risposta al mondo che stava morendo di fame.

No. La risposta era Huevos Verdes.

Non appena avuta quell’idea, riuscii a camminare normalmente. Mi arrampicai su per la collina per giungere in paese. Non ero l’unica. Ormai c’erano centinaia, migliaia di noi. L’Eden esisteva in una stazione della ferrovia a gravità ad Albany, di fianco alla macchinetta distributrice di droga. L’intero paese di Timonsville in Pennsylvania era sparito. Miranda Sharifi aveva mostrato pubblicamente il Depuratore Cellulare, la parte più comprensibile del progetto, oltre tre mesi prima. Durante l’ultimo mese, poi, Huevos Verdes aveva potuto immagazzinare oceani di siero in foreste di sottili siringhe nere. Ecco che cosa stavano facendo in giro per tutto il paese, in quei luoghi in cui la peste "non" stava uccidendo le persone. Non ero l’unica. Ero solamente stata la prima.

Se si eccettuavano gli stessi Insonni.

Il mio corpo si sentiva bene, che è poi come dire che non sentiva proprio nulla. Scomparve dalla mia sensazione conscia, come fanno i corpi sani e sazi. Era semplicemente lì, pronto ad arrampicarsi, correre, lavorare o fare all’amore senza dover dipendere dal Caffè Congressista Janet Carol Land. Senza dover dipendere dagli agro-robot della Concessionaria CanCo, dai sistemi pubblici di distribuzione cibo, dalla Amministrazione Federale Controllo Farmaci, dalla verifica dei mezzi di produzione, dalle mietitrici, dai cartelli e dalle banche a cui erano legati, da quaranta acri e un asino, dalle trebbiature, dagli schiavi dei campi, dalle piogge venute durante l’anno e le locuste che erano rimaste lontane, da Demetra, Indra e gli dei Aztechi del grano. Settemila anni di civiltà costruiti sul bisogno di nutrire la gente.

"Altro nella siringa."

Potevo ancora mangiare normalmente, avevo consumato pollo, riso e piselli nell’ospedale di Albany. Ma non "dovevo" farlo necessariamente. Da adesso in poi il mio corpo avrebbe potuto "mangiare" il fango.

Riflettei sconcertata su tutto il cibo che avevo consumato nella mia esistenza. Manzo alla Wellington, la pasta sfoglia attorno all’arrosto al sangue. Gustosi amaretti con la noce di cocco appena tritata sopra. Patate alla Anna, croccanti e fragranti. Cioccolata svizzera fondente. Cassoulet. Granchi dell’Alaska come li facevano al Fruits de la Mere a Seattle. Torta di mele in teglia…

Mi venne l’acquolina in bocca, quindi si bloccò. Una controrisposta biologica programmata? Probabilmente non lo avrei mai scoperto.

Biscotti che gocciolavano burro. Avrei ancora potuto mangiarli. Agnello alla Gaston. Rucola fresca. Se fossero stati disponibili. Fragole con la panna. Ma ci sarebbe stato ancora qualcuno a coltivare o allevare gli ingredienti senza un mercato obbligato?

Un’improvvisa ondata di vertigini mi assalì. Dovevo essere sotto shock, o sotto una specie di tranquilla isteria. Era una sorta di offuscamento cerebrale dovuto alla semplice portata della cosa, all’audacia. Miranda Sharifi e i suoi ventisei Super-geni inumani, che pensavano in modo fondamentalmente diverso dal nostro, aiutati da una tecnologia che avevano costruito loro stessi in modo tale che ogni passo avanti aprisse ulteriori vie. Avevano programmato, probabilmente, per anni, e avevano eseguito piani complessi in modo inimmaginabile che avrebbero cambiato tutto per tutti.