Mi ero quasi aspettata, raggiungendo la cella, di trovarla vuota, con una pietra rotolata via dalla porta tombale. Giochetti di icone culturali…
Ma i Super-Insonni non giocavano. Lei era lì, seduta su una brandina per dormire che non avrebbe mai utilizzato, in uno spazio di tre metri per un metro e mezzo, con un water privo di tavoletta e una sedia. Ammassati sulla sedia c’erano libri, stampe cartacee realmente rilegate. Sembravano antichi. Non c’era alcun terminale. Lei sollevò lo sguardo su di me, senza sorridere.
Cosa dire?
— Miranda? Sharifi?
Lei annuì, una sola volta, con la testa leggermente troppo grossa. Indossava la tuta della prigione, grigio opaco. Non aveva alcun fiocco rosso fra i capelli scuri.
— Loro… i tuoi… le porte sono aperte.
Lei annuì di nuovo. — Lo so.
— Sei… vuoi uscire? — Sembravo un’idiota perfino a me stessa. Non c’erano precedenti.
— Fra un minuto. Siediti, Diana.
— Vicki — ribattei io. Altre idiozie. — Adesso mi faccio chiamare Vicki.
— Già. — Continuò a non sorridere. Parlava in quel modo vagamente esitante che ricordavo, come se il linguaggio non fosse il suo mezzo di comunicazione naturale. O forse come se stesse scegliendo le parole con attenzione, non perché ne avesse troppo poche ma perché ne aveva un numero inconcepibilmente vasto. Spostai i libri dalla sedia e mi sedetti.
Lei disse l’ultima cosa che mi sarei mai aspettata: — Sei preoccupata.
— Sono…
— Non sei preoccupata?
— Sono stordita. — Lei annuì di nuovo, apparentemente non sorpresa. Dissi: — Tu no? Ma no, ovviamente tu no. Ti aspettavi che tutto ciò accadesse.
— Mi aspettavo che accadesse cosa? — disse lei con quella parlata lenta e, ovviamente, aveva ragione. Erano successe troppe cose. Potevo riferirmi a una qualsiasi di esse: i cambiamenti biologici rispetto a Prima, l’attacco da parte del movimento clandestino Volontà e Ideale, il salvataggio.
Quello che dissi, però, fu: — La disintegrazione del mio paese. — Udii la mia stessa debole enfasi sul termine "mio" e provai un immediato senso di vergogna: il mio paese, non il tuo. Quella donna mi aveva salvato la vita, aveva salvato tutte le nostre vite.
Ma non era una vergogna totale.
Miranda disse: — Temporaneamente.
— Temporaneamente? Ma non sai che cosa hai fatto?
Continuò a fissarmi, senza rispondere. Mi chiesi, improvvisamente, che effetto potesse fare incontrare quello sguardo giorno dopo giorno, sapendo che lei poteva immaginare di te qualsiasi cosa, mentre tu non potevi riuscire a capire nemmeno la più banale delle cose che lei stava pensando. Forse nemmeno se te lo avesse detto.
Tutto a un tratto, compresi Drew Arlen e perché aveva fatto ciò che aveva fatto.
Miranda disse: — Non è stato Huevos Verdes a estendere quello scudo.
La guardai a occhi sbarrati.
— Pensavi che l’avessero fatto loro. Noi a Huevos Verdes, però, avevamo stabilito di non difendervi contro il vostro stesso genere. Avevamo stabilito che sarebbe stato meglio, per voi, che trovaste da soli la vostra strada. Se fossimo noi a fare tutto, non sareste altro che… — Fu l’unica volta in cui ebbi la sensazione che le mancassero effettivamente le parole.
— E allora chi ha esteso lo scudo?
— Le autorità federali di Oak Mountain. Dietro ordine diretto del presidente che è caduto in basso ma non è sparito. — Sorrise quasi, mestamente. — I Muli hanno protetto i loro cittadini americani. È questo che vuoi sentir dire, vero, Vicki?
— Quello che voglio sentire? Ma è vero?
— È vero.
La fissai. Mi alzai, quindi, e mi allontanai a balzi dalla cella. Non le dissi nemmeno addio. Non sapevo dove sarei andata. Zoppicai tanto velocemente attraverso il cortile della prigione che rischiai quasi di cadere. Non dovetti attraversare l’intero cortile: c’era gente raggruppata lì che stava discutendo in un capannello. Si interruppero quando mi videro, mi fissarono attoniti e aspettarono. Due tecnici con le uniformi blu e un uomo e una donna che indossavano abiti eleganti. Alti, modificati geneticamente in quanto a bellezza. Teste di dimensioni normali. Muli.
Ufficiali federali degli Stati Uniti che avevano protetto i cittadini sotto lo scudo ad alta tecnologia delle leggi e sulla roccia sotterranea della Costituzione degli Stati Uniti. "Il diritto del popolo di riunirsi pacificamente e di presentare istanza al governo per un risarcimento danni." "Il presidente dovrà prendersi cura del fatto che le leggi vengano applicate fedelmente, così come dovrà farlo la Commissione di tutti i funzionari degli Stati Uniti." "Gli Stati Uniti garantiranno a ogni Stato di questa Unione una forma di governo repubblicano e proteggeranno ognuno di essi contro la Violenza interna." Ognuno di essi. I Muli mi fissarono, chiaramente scontenti del fatto che mi trovassi lì.
Mi voltai e tornai zoppicando nella cella di Miranda Sharifi. Non sembrò sorpresa.
— Perché mi hanno lasciato entrare nella prigione? Erano già qui quando sono entrata?
— Ho chiesto io di lasciarti entrare e di lasciarti porre direttamente a me le tue domande.
Glielo aveva chiesto lei. Dissi: — E perché quelli di Huevos Verdes non… — Ma mi aveva già risposto. "Abbiamo stabilito che sarebbe stato meglio per voi che trovaste da soli la vostra strada."
Dissi serenamente: — Come divinità. Poste sopra di noi.
Lei ribatté: — Se vuoi pensarla così.
Continuai a fissarla. Due occhi, due braccia, una bocca, due gambe, un corpo. Ma non era umana.
Dissi, mi costrinsi a dire: — Grazie.
E lei sorrise. Il suo intero volto cambiò, si aprì, divenne una distesa di luce. Sembrò uguale a tutti gli altri.
— Buona fortuna a te, Vicki.
Io sentii: "A tutti voi". Miranda Sharifi, che non avrebbe mai avuto bisogno della fortuna. Quando si controllava una tale tecnologia, inclusa la tecnologia della propria mente, la fortuna diveniva irrilevante. Quello che accadeva era ciò che si voleva accadesse.
O forse no. Lei aveva amato Drew Arlen.
— Grazie — dissi nuovamente, in modo formale, sciocco. Lasciai la cella.
Sarebbero tornati al Rifugio, capii improvvisamente. Quando avessero deciso che il momento era quello giusto lo avrebbero fatto, tramite un’inimmaginabile tecnologia che a noi sarebbe apparsa divina, avrebbero strappato fuori Miranda da Oak Mountain e sarebbero tornati nella loro stazione orbitale nel cielo. Non avrebbero mai dovuto lasciare il Rifugio. Qualsiasi cosa avessero voluto fare per noi, quaggiù, per qualsiasi motivo, avrebbero potuto farla probabilmente altrettanto bene dal Rifugio. Dove sarebbero stati al sicuro. Nel luogo a cui appartenevano.
Non alla Terra.
Mi resi conto, allora, a causa della grande preoccupazione per gli Stati Uniti, avevo dimenticato di chiedere a Miranda informazioni sul resto del mondo. Non era tuttavia importante. La risposta era già chiara. I Super-Insonni avrebbero fornito al resto del mondo le siringhe, non appena ne avessero prodotte a sufficienza. Miranda non avrebbe fatto differenza fra nazioni, non davanti alla ben più grande distinzione che passava fra tutti noi e loro ventisette. Il resto del mondo, come gli Stati Uniti, sarebbe stato sottoposto ai cataclismici rivoluzionamenti politici, dovuti al cambiamento della natura stessa della specie. Non avrebbe avuto scelta.
Nessuno mi rivolse la parola mentre mi facevo strada attraverso le porte sbarrate, le porte automatizzate e i bio-detector. A me andò bene così: non avevano bisogno di parlare. Tutto quello che dovevano fare era essere lì, lì a livello ufficiale, ad applicare la legge, a mantenere la stessa legge in vita anche se la tecnologia non poteva essere controllata e nemmeno capita dalla maggior parte di noi. Lo sforzo di includere tutti noi essere umani all’interno della legge era ciò che contava. Lo sforzo di comprendere la legge, non solamente seguirla. Quello avrebbe potuto salvarci.