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Venerea

a) Dicesi di donna esile e bellissima, diafana e spiritualizzata.

b) Si dice di malattia trasmissibile sessualmente (risposta esatta).

c) Marca di crema per la pelle.

d) Isola di fronte alla costa calabra, luogo di vacanza per gli amanti della vita selvaggia.

Poi, alla facoltà di Matematica della Normale di Pisa, abbiamo sottoposto agli studenti alcuni quesiti storico-matematici di cui diamo il risultato, così potrete animare le notti natalizie sottoponendo le vostre famiglie a questo gioco originale, che sostituirà sicuramente le noiosissime tombole.

1) Sottrarre a quelli della spedizione di Garibaldi in Sicilia quelli della famosa carica di Balaklava in Crimea e aggiungere i “giovani e forti”, che sono morti a Sapri con Pisacane. Quindi sommare i famosi moschettieri di Dumas. Totale?

2) Aggiungere ai giorni in cui Napoleone regnò dopo la fuga dall’ Elba il numero delle pugnalate inferte dai congiurati a Giulio Cesare. Quindi sottrarre i re di Tebe e dividere per i fratelli Bandiera. Totale?

3) Alle giornate di Brescia contro gli austriaci aggiungere le giornate di Napoli contro i tedeschi nel 1943. Sottrarre poi tutti i papi di nome Pio e i fratelli Caìroli. Totale?

4) Aggiungere al numero dei re di Roma quello dei campioni italiani della disfida di Barletta e il numero degli anni della guerra di Troia. Dividere poi per le caravelle di Cristoforo Colombo. Totale?

5) Sottrarre ai milioni di baionette di Mussolini gli apostoli e aggiungere i componenti di un tenebroso Consiglio veneziano, più gli Umberti di Savoia dopo l’ Unità di Italia. Totale?

6) Sommare gli Orazi ai Curiazi, dividere per i Napoleoni e aggiungere le giornate di Milano nel 1848. Totale?

7) Prendere tutti i Luigi di Francia, moltiplicarli per tutti i Vittorio Emanuele di Savoia re d’Italia, sottrarre i Cavalieri dell’ Apocalisse e aggiungere tutte le Elisabette d’Inghilterra. Totale?

8) Sottrarre al numero dei chilometri percorsi dal messo ateniese per annunciare la vittoria di Maratona quello dei Cesari di Svetonio. Aggiungere gli anni della guerra tra Francia e Inghilterra, iniziata nel 1339, e il numero degli italiani che combatterono a Dogali nel 1887 agli ordini di De Cristoforis. Totale?

Soluzioni:

1) 1000 — 600 + 300 + 3 = 703

2) 100 + 23 — 7 — r 2 = 58

3) 10 + 4 — 12 — 2 = 0

4) 7 + 13 + 10 — r 3 = 10

5) 8.000.000 — 12 + 10 + 2 = 8.000.000

6) 3 + 3 / 3 + 5 = 7

7) 18 x 2–4 + 2 = 34

8) 42–12 + 100 + 500 = 630

Il divino linguaggio dei messaggini

Con un accanimento feroce tassisti, medici, notai, poliziotti, carabinieri, sacerdoti pedofili, conduttori televisivi, sarti alla moda e intellettuali di sinistra si scagliano contro quello “stupido” linguaggio inventato dai giovani con i loro telefonini.

«È demenziale» ululano, «privo d’inventiva, di questo passo va a remengo la lingua italiana!»

Ma quale lingua italiana? Quella della televisione? Dei giornali sportivi e delle interviste ai ciclisti? Dei politici con i capelli tinti? L’Italia, ormai, è un paese dove tutti bofonchiano una lingua morta.

Finalmente, sotto i nostri occhi, è nata una nuova lingua: quella dei messaggini.

Questo linguaggio, quasi cifrato, all’ inizio rispondeva all’ esigenza di risparmiare tempo, spazio e soldi. Poi, finalmente, si è aggiunto un fatto nuovo e affascinante: la creatività. Chi lo usa, ormai, s’ingegna nell’ inventare di volta in volta degli ideogrammi sempre più sintetici e, soprattutto nei messaggi amorosi, sempre più divertenti, personalizzati e quasi poetici.

Una volta, invece, nella stagione degli amori, la primavera, i finti innamorati, che come obiettivo volevano solo sodomizzare delle possibili fidanzate, usavano un italiano mieloso e prolisso. Protagonista principale delle lettere d’amore la luna, di vari colori: rossa, blu, d’argento che luccica sul mare, marinara, piena, a quarti e, nei paesi arabi, a forma di falce. Sullo sfondo, le stelle. Nel tragico clima della Pianura Padana, grigio e pieno di nebbia, i colori della campagna, dei boschi e del cielo diventavano straordinari, la temperatura dolcissima ma, soprattutto, cambiavano gli odori.

Come raccontavano tutti gli odori quei poveracci? Perché a parole è difficile; non si possono incidere, né fotografare. Sarebbe bello, magicamente, risentirli tutti.

Ce n’erano tanti e con delle sfumature diversissime l’ una dall’ altra: l’ odore del mare, che col passare delle stagioni cambiava colore. L’impercettibile profumo dell’ erba, dei fiori, che andava dall’ aristocratico del pitosforo a quello del gelsomino, del glicine, della lavanda, del rosmarino, o a quello quasi stordente della magnolia.

In primavera, dunque, questi aspiranti sodomizzatori decidevano di innamorarsi. Scrivevano delle lettere d’amore interminabili: sei fogli di carta Fabriano, una stilografica Omas di bachelite color arlecchino, un pennino similoro. Gli innamorati si chiudevano nelle stanze ed entravano in una specie di trance ipnotica.

Questi assatanati di sesso avevano l’ atroce tentazione di profumarle. Poi le piegavano, le imbustavano, le chiudevano, le nascondevano in una tasca dei pantaloni e uscivano di casa.

Saltellavano allegri e sembravano dei malati di mente, perché qualcuno parlava da solo. Arrivavano alla buca delle lettere, leccavano con cura il francobollo e si eccitavano come muli.

Passavano quattro giorni infruttuosamente.

Intanto “lei” tutte le mattine domandava: «C’è posta per me?».

Il quinto giorno il postino, in bicicletta, con il suo borsone si fermava sotto casa: «Signorina! C’è una lettera per lei. La metto nella buca?».

«No, per carità! Me la dii.»

Le ragazze non sapevano dove andare a leggere senza essere viste. In un bar? Troppa gente. Sotto una magnolia? Posti sempre pieni di lettrici di lettere d’amore. Quasi tutte si chiudevano in cesso. Aprivano lentamente per paura di strappare la busta. Poi leggevano la firma e avevano quasi un arresto cardiaco. Poi cominciavano a leggerla quasi tutta a gran velocità, per individuare le frasi dove lui scriveva “Ti amo”. Poi respiravano profondamente, leggera tachicardia, un’altra pausa, rileggevano la firma e ricominciavano da capo. So di molte che le hanno rilette anche dieci volte per mezz’ora, mentre il padre bussava alla porta: «Che cazzo succede? Sto scoppiando!». Lei nascondeva la busta sotto il golfino, tirava inutilmente l’ acqua e usciva.

Certo che i messaggini provocano lo stesso tipo di felicità, ma le prime lettere d’amore quelle ragazze le conservavano in un cassetto segreto per tutta la vita. Le legavano con dei nastri e non le facevano leggere a nessuno. Con il passare del tempo le conoscevano a memoria. Può capitare che in certe serate malinconiche, sulla soglia dei cinquantanni, vadano ad aprire quel cassetto, ne prendano una e la rileggano, sorridendo dolcemente.

La mia conclusione è che i messaggini sono sì geniali, sintetici, veloci, senza retorica e ti assalgono con lo stesso tipo di euforia e felicità ma — è la rivincita di un vecchio signore che viene da quegli anni lontani — gli SMS scompaiono, mentre quelle lettere, anche se un po’ ingiallite, sono la prova tangibile di uno dei momenti più felici della vita.

Mi è capitato di dover rispondere a un messaggino. Ho fermato una ragazza carina per strada: «Mi scusi, mi dà una mano?».

Lei: «Cosa devo scrivere?».

«Be’… dovrei… cominciare con la luna… le stelle… poi ci voglio mettere l’ odore del mare…»