Per gli ex-piloti da guerra non c’era molto lavoro… soprattutto per chi non volava da quattro anni, aveva una gamba in cattivo stato ed era un lecca-rospi.
Avevo quarantottomila crediti di paga arretrata, per cui i soldi non erano un problema. Il problema era cosa fare della mia vita. Dopo aver trascorso qualche tempo alla base di Delphi presi una nave per la Terra e per parecchi mesi lavorai presso una piccola casa editrice traducendo manoscritti in Drac. Su Drac andavano matti per i western: «Su le mani naagusaat!»
«Nu Geph, sceriffo». Thang, thang! Le pistole lampeggiarono e il kizlode shaddsaat morse la thessa.
Me ne andai.
Alla fine chiamai i miei genitori. Perché non ci hai telefonato prima, Willy? Siamo stati così in pensiero… Avevo alcune cose da sistemare, papà… No, davvero… Capisco, figlio mio… dev’essere stato spaventoso… Papà, vorrei venire a casa per un po’…
Ancor prima di aver pagato la mia Dearman Electric usata, capii che stavo facendo un errore a tornare a casa. Sentivo il bisogno di una casa, ma non poteva essere quella che avevo lasciato all’età di diciotto anni. Tuttavia ci andavo, perché non avevo altro posto.
Guidavo nella notte solitaria, usando solo le vecchie strade, e il ronzio del motore era l’unico suono. Il cielo di dicembre era limpido, e potevo vedere le stelle attraverso la cupola della macchina. Cominciai a pensare a Fyrine IV, all’oceano in tempesta, ai venti incessanti. Mi fermai ai bordi della strada e spensi i fari. Dopo pochi minuti i miei occhi si abituarono all’oscurità. Uscii e chiusi la portiera. Il Kansas ha un grande cielo, e le stelle sembravano così vicine da poterle toccare. La neve mi scricchiolava sotto le scarpe. Alzai gli occhi, cercando di individuare Fyrine fra le migliaia di stelle visibili.
Fyrine si trova nella costellazione di Pegaso, ma i miei occhi non erano abbastanza esperti per distinguere il cavallo alato. Sentii un brivido e decisi di tornare in macchina. Mentre mi voltavo riconobbi una costellazione, a nord, appena sopra l’orizzonte: Draco, sospeso a testa in giù, con la coda arrotolata attorno a Ursa Minor. Eltanin, il naso del drago, è la stella natale dei Drac. Il suo secondo pianeta, Draco, era la casa di Zammis.
I fari di una macchina mi abbagliarono. La macchina si fermò, e il guidatore abbassò il finestrino. Si sentì una voce dal buio: — Avete bisogno di aiuto?
Scossi la testa. — No, grazie. — Alzai la mano. — Stavo solo guardando le stelle.
— Una bella nottata, eh?
— Sicuro.
— Proprio non avete bisogno di niente?
Scossi la testa. — Grazie… un momento. Dov’è il più vicino spazio-Porto commerciale?
— A un’ora di macchina, a Salina.
— Grazie. — Vidi una mano agitarsi dal finestrino, e la vettura ripartì. Guardai ancora una volta Eltanin, poi tornai in macchina.
Sei mesi più tardi, ero di fronte a un’antico portale di pietra intagliata, chiedendomi cosa diavolo stessi facendo.
Il viaggio verso Draco, avendo come soli compagni dei Drac nell’ultimo tratto, mi aveva dimostrato la verità delle parole di Namvaac: «Spesso la pace non è che una guerra senza battaglie.» I trattati, sulla carta, mi davano il diritto di andare sul pianeta, ma i maghi della burocrazia Drac avevano perfezionato l’arte di tirare per le lunghe molto prima che il primo uomo venisse lanciato nello spazio. Furono necessarie minacce e bustarelle, lunghi giorni passati a riempire moduli, interminabili controlli sanitari e doganali, altri moduli da compilare e ricompilare, altre bustarelle, e poi giorni e giorni di attesa…
Sulla nave passavo la maggior parte del tempo nella mia cabina, ma dal momento che i camerieri Drac si rifiutavano di servirmi, dovevo andare nella sala comune per mangiare. Sedevo da solo, ascoltando i commenti che facevano su di me gli altri passeggeri. Avevo deciso che la cosa più semplice era fingere di non capire quello che dicevano. Nessuno pensa che un umano parli Drac.
— Ma dobbiamo mangiare insieme a quello schifoso Irkmaan?
— Guarda che pelle pallida e pustolosa! E quei peli puzzolenti che ha in testa. Bah! Che puzza!
Strinsi i denti e tenni gli occhi fissi sul piatto.
— È una cosa da far impallidire il Talman che le leggi dell’universo siano così corrotte da aver prodotto una creatura simile!
Mi voltai e fissai i tre drac seduti al tavolo vicino. In Drac, dissi: — Se i tuoi antenati avessero insegnato ai kiz del villaggio ad usare i contraccettivi, ora tu non esisteresti neppure. — Tornai al mio piatto, mentre i due primi Drac costringevano con la forza il terzo a restare seduto.
Una volta su Draco, non fu un problema trovare la residenza della famiglia Jeriba. Il problema fu entrare. La proprietà era circondata da un alto muro di pietra; attraverso la cancellata potevo scorgere la grande casa che Jerry mi aveva descritto. Dissi alla guardia che volevo vedere Jeriba Zammis. La guardia mi fissò, poi entrò in un’alcova a fianco della porta. Dopo pochi momenti, dalla casa uscì un altro Drac e attraversò il prato verso il cancello. Rivolse un cenno con la testa alla guardia, poi mi fissò. Era il ritratto di Jerry.
— Siete voi l’Irkmaan che ha chiesto di vedere Jeriba Zammis?
Annuii. — Zammis deve avervi parlato di me. Sono Willis Davidge.
Il Drac mi studiò. — Io sono Estone Nev, il fratello di Jeriba Shigan. Il mio genitore, Jeriba Gothig, desidera vedervi. — Il Drac si voltò di scatto e si avviò verso la casa. Lo seguii, eccitato all’idea di rivedere Zammis. Non prestai molta attenzione all’ambiente, finché non venni introdotto in una grande stanza con il soffitto a volta. Jerry mi aveva detto che la casa aveva quattrocento anni. Non avevo difficoltà a crederlo. Quando entrai, un altro Drac si alzò e venne verso di me. Era vecchio, ma lo riconobbi.
— Voi siete Gothig, il genitore di Shigan.
Gli occhi gialli mi fissarono. — E voi chi siete, Irkmaan? — Mi porse una mano rugosa. — Cosa sapete di Jeriba Zammis, e perché parlate Drac con lo stile e l’accento di mio figlio Shigan? Cosa volete?
— Parlo Drac in questa maniera perché così Jeriba Shigan mi ha insegnato.
Il vecchio piegò la testa di fianco e strinse gli occhi. — Conoscevate mio figlio? E come?
— Non ve l’ha detto la commissione di esplorazione?
— Mi è stato comunicato che mio figlio Shigan era morto nella battaglia di Fyrine IV. Questo è stato più di sei dei nostri anni fa. A che gioco state giocando, Irkmaan?
Mi voltai verso Nev. Il Drac più giovane mi stava guardando con la stessa espressione sospettosa. Mi rivolsi a Gothig. — Shigan non è stato ucciso in battaglia. Siamo naufragati insieme sulla superficie di Fyrine IV, e lì abbiamo vissuto per un anno locale. Shigan è morto dando alla luce Jeriba Zammis. Un anno più tardi la commissione congiunta di esplorazione ci ha trovati e…
— Basta! Non voglio più saperne di questo Irkmaan! Siete qui per ottenere denaro? Volete usare la mia influenza per ottenere facilitazioni commerciali… Cosa volete?
Aggrottai le ciglia. — Dov’è Zammis?
Lacrime di rabbia bagnarono gli occhi di Gothig. — Non esiste nessun Zammis, Irkmaan! La famiglia Jeriba è finita con la morte di Shigan!