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— Nasesay, tu prendi. Metà razioni lasci. Io resto.

Scossi la testa per schiarirmela. — Vuoi che prenda la capsula da solo?

— Quello è che vuoi, ne?

— Ae, ma perché? Lo sai anche tu che non verranno a prenderci. Che c’è? Hai paura dell’acqua? Se è così, sarà meglio…

— Davidge, bocca chiudi. Nasesay prendi. Me non hai bisogno, gavey?

Annuii nel buio. Potevo prendermi la capsula. E cosa me ne facevo di un Drac dalla testa dura… soprattutto dal momento che la nostra tregua poteva spirare da un istante all’altro? La risposta mi fece sentire un po’ sciocco… e umano. Ma forse è la stessa cosa. Il Drac era l’unica cosa che mi separava dalla più completa solitudine. Però c’era anche il piccolo problema di sopravvivere. — È meglio andare insieme, Jerry.

— Perché?

Mi sentii arrossire. Se gli uomini hanno così bisogno di compagnia, perché si vergognano tanto ad ammetterlo? — Avremo più probabilità di cavarcela.

— Solo, tue possibilità meglio sono, Davidge. Io tuo nemico sono.

Annuii ancora e feci una smorfia nel buio. — Jerry, tu gavey «solitudine»?

— Ne gavey.

— Essere solo, senza nessuno.

— Gavey sei solo. Prendi nasesay; io resto.

— Appunto… vedi, viga, non voglio.

— Vuoi andare insieme noi? — Nel buio si sentì una risata gorgogliante. — Dracon a te piace? Morto ti piace, Irkmaan. — Jerry ridacchiò ancora. — Irkmaan poorzhab in testa, poorzhab.

— Lascia perdere! — Mi lasciai scivolare in terra e mi rannicchiai con la testa dalla parte del Drac. Il vento sembrava essersi un po’ placato, e chiusi gli occhi per cercare di dormire. Dopo un po’, gli schiocchi del tetto di plastica si confusero con i fischi e gli ululati del vento, e mi sentii scivolare nel sonno. Spalancai di colpo gli occhi al suono di passi che si avvicinavano. Tesi i muscoli, pronto a scattare.

— Davidge? — La voce di Jerry era molto calma.

— Cosa c’è?

Sentii il Drac sedersi vicino a me.

— Tua solitudine, Davidge. Difficile parlare di questa, ne?

— E allora? — Il Drac farfugliò qualcosa che si perse nel vento. — Come? — Mi voltai e vidi Jerry che sbirciava da una fessura nel muro.

— Perché resto. Ora dico te, ne?

Alzai le spalle.

——E va bene. Perché no?

Jerry parve lottare con le parole, aprì la bocca per parlare. Poi i suoi occhi si spalancarono. — Magasienna!

Mi alzai.

— Ess?

Jerry indicò la fessura. — Guarda!

Lo spinsi da parte e guardai anch’io. Simile a montagne crestate di bianco, delle ondate gigantesche si stavano dirigendo come una furia verso la nostra isola. Era difficile giudicare al buio, ma quella di fronte sembrava più alta di quella che aveva sfiorato la cima dell’isola qualche giorno prima. Quelle che venivano dopo erano ancora più grandi. Jerry mi mise una mano sulle spalle, e io lo guardai negli occhi. Poi ci mettemmo a correre verso la capsula. Sentimmo la prima ondata infrangersi sul fianco della collina mentre armeggiavamo alla ricerca della maniglia. La trovai proprio mentre l’ondata colpiva il rifugio e faceva crollare il tetto. Un attimo dopo eravamo sott’acqua, e le correnti in mezzo al muro ci sbattevano come panni in una lavatrice.

L’acqua si ritirò, e mentre mi fregavo gli occhi mi accorsi che il lato controvento della parete era parzialmente crollato. — Jerry!

Attraverso la breccia, scorsi il Drac che barcollava, all’aperto. — Irkmaan! — Alle sue spalle, vidi la seconda ondata prendere velocità.

— Kizlode, che diavolo ci fai là fuori? Entra!

Mi voltai verso la capsula, sempre fermamente ancorata fra le due rocce e trovai la maniglia. Mentre aprivo il portello, Jerry arrivò incespicando e mi fini addosso. — Davidge… ondate sempre vengono! Sempre!

— Entra! — Lo aiutai a infilarsi dentro, e non aspettai che si facesse da parte. Gli montai sopra e chiusi il portello proprio mentre la seconda ondata ci colpiva. Sentii la capsula sollevarsi un po’ e andare a urtare contro la sporgenza.

— Davidge, galleggiamo?

— No. Le rocce ci tengono fermi. Saremo a posto, passata la tempesta.

— Via da me sopra.

— Oh. — Mi spostai dallo stomaco di Jerry, e mi appoggiai a una parete. Dopo un po’ la capsula smise di rollare, e ci preparammo alla terza ondata. — Jerry.

— Ess!

— Cosa stavi per dirmi?

— Perché resto?

— Sì.

— Difficile parlare di questo, per me, gavey!

— Capisco, capisco.

Arrivò la terza ondata, e sentii la capsula sollevarsi e urtare la roccia. — Davidge, gavey «vi nessa»!

— Ne gavey.

— Vi nessa… piccolo me, gavey?

La capsula rimbalzò contro le rocce e si fermò. — Piccolo cosa?

— Piccolo me… piccolo Drac. Da me, gavey?

— Vuoi dire che aspetti un bambino?

— Forsemagaripuòdarsi.

Scossi la testa. — Un momento, Jerry, voglio capire bene. Stai per avere un bambino… sei incinto?

— Ae, bambino. Molto importante, ne?

— Spaventosamente. E questo cosa c’entra col fatto che non vuoi andare sull’altra isola?

— Prima, io vi nessa gavey? Tean morto.

— Il tuo bambino, è morto?

— Ae! — Il sospiro del Drac era come quello di tutte le madri dell’universo. — Io caduto ferito. Tean morto. In mare nasesay sbattere noi. Tean male, gavey!

— Ae, gavey. — E così, Jerry aveva paura di perdere un altro bambino. Era quasi certo che il viaggio in mare ci avrebbe sbattuti un bel po’, ma restare su quell’isoletta non sembrava una prospettiva certo migliore. La capsula era ferma e decisi di dare un’occhiata fuori. I piccoli finestrini erano coperti di sabbia, e dovetti aprire il portello. Mi guardai intorno. Il muro non esisteva più. Guardai verso il mare ma non riuscii a vedere nulla. — Sembra tutto tranquillo, Jerry… — Alzai gli occhi verso il cielo quasi nero e vidi la cresta di una ondata gigantesca che mi precipitava addosso. — Porca magasienna! — Richiusi precipitosamente il portello.

— Ess, Davidge?

— Tieniti, Jerry!

Il rumore dell’acqua che colpì la capsula fu tanto forte che non riuscii a percepirlo. Urtammo una, due volte contro la roccia, poi sentii la capsula ruotare e sfrecciare verso l’alto. Cercai di aggrapparmi a qualcosa, ma in quel momento la capsula ripiombò in basso. Caddi addosso a Jerry, poi andai a sbattere con la testa contro la parete opposta. Prima di svenire, sentii Jerry gridare: — Tean Vi tean!

…il tenente premette un pulsante, e sullo schermo apparve una figura: alta, umanoide, gialla.

— Lurido Drac! — gridò il pubblico di reclute.

Il tenente si voltò verso le reclute. — Esatto. Questo è un Drac. Noterete che ha un colore uniforme: i Drac sono tutti gialli. — Usando un raggio di luce, il tenente indicò vari punti del corpo del Drac. — Caratteristica distintiva sono le mani con tre dita, e così pure la faccia senza naso, che dà loro l’aspetto di rospi. Mediamente, la loro vista è migliore di quella umana, l’udito è circa lo stesso, e l’odorato… — il tenente fece una pausa. — L’odorato è terribile! — Il tenente sorrise allo scoppio di risa che si alzò dalle reclute. Quando smisero, puntò il fascio di luce su una piega nella pancia della figura. — Questo è il posto dove il Drac tiene i suoi gioielli di famiglia… tutti quanti. — Altre risate. — Infatti i Drac sono ermafroditi: uno stesso individuo possiede tanto gli organi riproduttivi maschili quanto quelli femminili. — Il tenente guardò le reclute. — Se dite a un Drac di fottersi, state attenti, perché è capacissimo di farlo! — Quando la risata si spense, il tenente indicò lo schermo con una mano. — Se vedete uno di questi animali, cosa fate?