— LO AMMAZZIAMO!
…liberai lo schermo e bloccai il computer sul caccia Drac, che appariva nel mirino come una doppia x. Il Drac virò bruscamente a destra, poi ancora a sinistra. Sentii il pilota automatico guidare il mio apparecchio dietro il caccia, selezionando e scartando le false immagini e cercando di centrare il caccia nel suo mirino elettronico. Avanti faccia di rospo… un po’ più a destra… La doppia x entrò nell’anello centrale dello schermo e sentii il missile appeso alla pancia del mio caccia partire. Preso! Attraverso il finestrino vidi l’esplosione. Lo schermo mostrò il caccia Drac perdere il controllo e scendere a spirale verso le nuvole di Fyrine IV. Mi lanciai all’inseguimento per essere sicuro della sua fine… la temperatura dello scafo aumentò, entravo negli strati superiori dell’atmosfera. Forza, scoppia! Misi in funzione i sistemi per il volo atmosferico. Ormai era chiaro che avrei dovuto seguire il caccia Drac fino sulla superficie. Prima di raggiungere le nuvole, il Drac smise di girare su se stesso e invertì la rotta. Esclusi il pilota automatico e tirai tutta la cloche verso di me. Il mio caccia ondeggiò, cercando di puntare verso l’alto. Lo sanno tutti che i caccia Drac sono migliori nell’atmosfera… mi puntava addosso in rotta di collisione… perché quel bastardo non spara?… un attimo prima della collisione, il Drac si gettò con la capsula… il motore si è spento; posso solo controllare la caduta. Seguo la capsula attraverso le nubi… voglio trovare quel bastardo e finirlo…
Da minuti, o forse da anni, brancolavo nel buio. Sentivo di toccare qualcosa, ma le parti di me che venivano toccate sembravano lontanissime. Prima dei brividi, poi febbre, poi brividi ancora, e qualcosa di freddo sulla testa. Socchiusi gli occhi e vidi Jerry sopra di me, che mi teneva qualcosa di bagnato sulla testa. — Jerry — riuscii a mormorare.
Il Drac mi guardò negli occhi e sorrise. — Buono, Davidge. Buono.
La luce che illuminava la faccia di Jerry tremolò, e sentii odore di fumo. — Fuoco.
Jerry si fece da parte e indicò il centro della stanza, sul pavimento di sabbia. Girai la testa e mi resi conto che giacevo su un letto di foglie morbide. Di fronte al mio letto ce n’era un altro, e in mezzo scoppiettava un bel fuoco. — Noi fuoco abbiamo, Davidge, e legno. — Jerry indicò il soffitto, fatto di pali, coperti di larghe foglie.
Mi guardai intorno, poi lasciai ricadere la testa dolorante e richiusi gli occhi. — Dove siamo?
— Grande isola, Davidge. Ondata portato via noi. Vento e onde portato qui. Ragione avevi.
— Non… non capisco. Ne gavey. Ci saranno voluti dei giorni per arrivare qui.
Jerry annui, e lasciò cadere una specie di spugna in una conchiglia piena d’acqua. — Nove giorni. Io legato te a nasesay, poi qui su spiaggia noi arrivati.
— Nove giorni? Sono restato svenuto per nove giorni?
Jerry scosse la testa. — Diciassette. Noi arrivati otto giorni…
— Fa… otto giorni fa.
— Ae.
Diciassette giorni su Fyrine IV equivaleva a più di un mese sulla Terra. Riaprii gli occhi e guardai Jerry. Il Drac pareva eccitatissimo. — Come va tean, il tuo bambino?
Jerry si batté sulla pancia ingrossata. — Bene va, Davidge. Nasesay fatto più male di te.
Resistetti all’impulso di annuire. — Sono felice per te, davvero.
— Chiusi gli occhi e mi girai verso la parete di pali e di foglie. — Jerry?
— Ess?
— Mi hai salvato la vita.
— Ae.
— Perché?
Per un po’ Jerry non disse niente. — Davidge. Su isola tu parlato. Solitudine ora gavey. — Il Drac mi scosse un braccio. — Ecco, mangia ora.
Mi voltai e guardai una conchiglia piena di liquido fumante. — Cos’è? Brodo di pollo?
— Ess?
— Ess va? — Indicai la conchiglia, rendendomi conto per la prima volta di quanto fossi debole.
Jerry aggrottò le ciglia. — Come lumacone, ma lungo.
— Un’anguilla?
— Sì, ma su terra, gavey?
— Un serpente.
— Forsemagaripuòdarsi.
Appoggiai le labbra al bordo della conchiglia. Presi un sorso di brodo, lo inghiottii, e sentii il suo calore benefico diffondersi nello stomaco. — Buono.
— Tu custa vuoi?
— Ess?
— Custa. — Jerry prese da vicino al fuoco un pezzo di pietra quadrangolare. La guardai, la grattai con un’unghia, poi la toccai con la lingua.
— Sale!
Jerry sorrise. — Custa vuoi?
Mi misi a ridere. — Servizio completo. Certo, dammi un po’ di custa.
Jerry prese il pezzo di sale di roccia, ne staccò un angolo con una pietra, e quindi lo macinò contro un’altra pietra. Mi allungò la mano con un mucchietto di granelli bianchi sul palmo. Ne presi due pizzichi, li misi nel brodo di serpente e mescolai col dito. Poi bevvi un lungo sorso. Feci schioccare le labbra. — Favoloso!
— Buono, ne?
— Meglio che buono; favoloso. — Ne bevvi un altro sorso con grandi schiocchi di labbra e roteare di occhi.
— Favoloso, Davidge, ne?
— Ae. — Gli feci un cenno con la testa. — Credo che basti. Vorrei dormire.
— Ae, Davidge, gavey. — Jerry prese la conchiglia e la mise vicino al fuoco. Si alzò, andò fino alla porta, poi si voltò. I suoi occhi gialli mi studiarono per un istante, poi mi rivolse un cenno con la testa e uscì. Chiusi gli occhi, e lasciai che il calore del fuoco mi cullasse nel sonno.
Due giorni dopo, provai ad alzarmi, e dopo altri due Jerry mi aiutò a uscire. La capanna era situata sulla cima di un pendio che saliva dolcemente, in mezzo a un bosco di arbusti e di bassi alberi. Ai piedi del pendio, a più di otto chilometri dalla capanna, c’era il mare. Il Drac mi aveva portato a braccia fin lì. La nostra fedele nasesay si era riempita d’acqua ed era stata trasportata via dal mare poco dopo che Jerry mi aveva portato all’asciutto. Con la capsula se ne erano andati i resti delle razioni di emergenza. I Drac sono molto schizzinosi sul mangiare, ma alla fine la fame aveva indotto Jerry a provare la flora e la fauna locali… La fame e quell’impiccio umano che stava spegnendosi per mancanza di cibo. Il Drac aveva scelto come dieta una radice amidacea e insapore, una bacca che, una volta fatta seccare, produceva un infuso accettabile, e carne di serpente, oltre al sale che aveva trovato per caso. Nei giorni che seguirono, quando ebbi ripreso le forze, aggiunsi alla nostra dieta vari tipi di molluschi marini e un frutto che sembrava una via di mezzo fra una pera e una prugna.
Man mano che le giornate si facevano più fredde, io e il Drac fummo costretti ad ammettere che Fyrine IV aveva un inverno. Stabilito questo, dovevamo affrontare la possibilità che l’inverno fosse tanto rigido da impedire la raccolta di cibo e di legna. Le bacche e le radici, seccate vicino al fuoco, si conservavano bene; provammo anche a salare e ad affumicare la carne di serpente. Usando le fibre di certe piante, cucimmo insieme pelli di serpente per farci dei vestiti invernali: usavamo due strati di pelle, con della lanugine vegetale in mezzo, tenuta a posto trapuntando i due strati.