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Va sovente a passeggiare la notte, ma mai nella sua città di Shanghai. La sola audacia di Jason: arditamente, egli si burla della tradizione secondo la quale si dovrebbe rimanere vicini a casa durante le proprie cacce notturne. Nessuno lo punirà per il suo comportamento anticonformista, dal momento che viola soltanto un costume accettato, non una legge urbana. E neppure nessuno lo criticherà apertamente perché agisce in quel modo. Tuttavia il suo vagabondare gli dà il dolce brivido di fare una cosa proibita. Jason spiega a se stesso la propria abitudine dicendosi che preferisce l’arricchimento dell’incrocio culturale causato dal fatto di dormire con donne di altre città. Privatamente sospetta di temere soltanto di venire coinvolto con le donne che conosce, come Mamelon Kluver. Specialmente Mamelon Kluver.

Così, nelle notti in cui passeggia scende per il pozzo nelle profondità dell’edificio in città come Pittsburgh e Tokyo, anche nella squallida Praga e nella sporca Reykjavik. Apre strane porte, senza serratura per regolamento, e prende il suo posto sulle piattaforme-letto di donne sconosciute che hanno l’odore di misteriose verdure della classe inferiore. Per legge devono abbracciarlo di buon grado. «Sono di Shanghai,» egli dice loro, ed esse emettono un «Ooooh!» di meraviglia, ed egli le prende ferocemente, con disprezzo, orgoglioso della propria condizione sociale.

Greti dai grossi seni attende pazientemente mentre Jason registra le sue ultime idee. Poi si volge nuovamente verso di lei. Suo marito, gonfio di un qualsiasi equivalente locale di eccitante o di tranquillante, giace a pancia in su sulla parte opposta della piattaforma-letto, ignorandoli. I grandi occhi scuri di Greti splendono di ammirazione. «Voi ragazzi di Shanghai avete davvero del cervello,» dice, mentre Jason la afferra e la prende con un solo colpo selvaggio.

Più tardi ritorna ai 761° piano. Fantasmi svolazzano per i corridoi oscurati: altri cittadini di Shanghai, che ritornano dai loro giri di passeggio notturno. Entra nel suo appartamento. Jason ha 45 metri quadrati di superficie, davvero insufficienti per un uomo che ha moglie e cinque bambini, ma egli non se ne lamenta. Dio benedica, si prende quello che si riceve: altri hanno meno. Micaela è addormentata, o finge di esserlo. È una donna di ventitré anni dalle lunghe gambe, dalla pelle bronzea, ancora molto attraente, sebbene linee sinuose incomincino ad apparire sul suo volto. È troppo accigliata. Giace mezzo scoperta, i lunghi capelli lucenti sparsi selvaggiamente. I seni sono piccoli ma perfetti; Jason li confronta favorevolmente con le mammelle di Greti di Tokyo. Micaela e lui sono sposati da nove anni. Un tempo egli l’amava moltissimo, prima di scoprire il sabbioso strato di amara petulanza sul fondo della sua anima.

Ella sorride dentro di sé, si agita, ancora addormentata si scosta i capelli dagli occhi. Ha l’aspetto di una donna che ha appena avuto una esperienza sessuale soddisfacente. Jason non ha modo di sapere se un passeggiatore notturno abbia fatto visita a Micaela questa notte mentre egli era fuori e, naturalmente, non può far domande. (Cercare le prove? Macchie sulla piattaforma-letto? Viscosità sulle cosce di lei? Non siamo primitivi!) Egli sospetta che, anche se nessuno fosse andato da lei questa notte, ella tenterebbe di fargli pensare il contrario; e, se qualcuno fosse andato e le avesse soltanto procurato un modesto piacere, ella sorriderebbe egualmente a beneficio del marito come se fosse stata abbracciata da Zeus. Conosce lo stile di sua moglie.

I bambini sembrano tranquilli. Hanno dai due agli otto anni di età. Presto Micaela e lui dovranno pensare ad averne un altro. Cinque figli sono una famiglia di giuste proporzioni, ma Jason è consapevole del suo dovere di servire la vita creando la vita. Quando si smette di crescere, si comincia a morire; è vero per un essere umano e anche per la popolazione di una monade urbana, di una costellazione di monadi urbane, di un continente, di un mondo. Dio è la vita e la vita è dio.

Si sdraia accanto alla moglie.

Si addormenta.

Sogna che Micaela sia stata condannata allo scarico per comportamento antisociale.

Precipita! Mamelon Kluver fa una visita di condoglianze. «Povero Jason,» mormora. La sua pelle pallida è fredda contro di lui. Il suo profumo di muschio. L’eleganza dei suoi lineamenti. La sua espressione di totale padronanza di sé. Non ha ancora diciassette anni; come può essere così imperiosamente completa? «Aiutami a rendere favorevole Siegmund e apparterremo l’uno all’altra,» dice Mamelon. Occhi lucidi, maliziosi, che lo stimolano ad essere la sua creatura. «Jason,» ella mormora. «Jason, Jason, Jason.» Il tono della sua voce è una carezza. La mano di lei sulla sua virilità. Si sveglia tremante, sconvolto, quasi in un’estasi confusa. Si mette a sedere e affronta uno dei sistemi per farsi perdonare i pensieri sconvenienti. Dio benedica, pensa, dio benedica, dio benedica. Non intendevo pensare cose simili. È stata la mia mente. La mia mente mostruosa libera da impedimenti. Completa l’esercizio spirituale e si sdraia di nuovo. Si addormenta e fa sogni più innocui.

Al mattino i piccoli corrono fuori all’impazzata verso scuola e Jason si prepara ad andare all’ufficio. «Non è interessante che tu scenda 600 piani quando vai a lavorare, e Siegmund Kluver salga fino alla sommità, a Louisville?»

«Dio benedica, che cosa vuoi dire con questo?»

«Vedo in questo fatto un significato simbolico.»

«Una simbolica cosa spregevole. Siegmund è nell’amministrazione urbana; sale dove si trovano gli amministratori. Io sono nella storia; scendo dove si trova la storia. Così?»

«Non ti piacerebbe vivere un giorno a Louisville?»

«No.»

«Perché non hai nessuna ambizione?»

«La tua vita qui è così miserabile?» egli chiede, contenendosi.

«Perché Siegmund è divenuto una persona così importante all’età di quattordici o quindici anni, mentre tu ne hai ventisei, e sei ancora soltanto un impiegato qualsiasi?»

«Siegmund è ambizioso,» risponde Jason equamente, «e io sono semplicemente un impiegato che lavora a tempo. Non lo nego. Forse è un fatto costituzionale. Siegmund si sforza e fa progressi. La maggior parte degli uomini no. Sforzarsi è primitivo. Dio benedica, che cosa c’è di sbagliato nella mia carriera? Che cosa c’è di sbagliato a vivere a Shanghai?»

«Un piano più in basso e vivremmo a…»

«…Chicago,» egli dice. «Lo so. Ma non ci viviamo. E ora posso andare in ufficio?»

Se ne va. Si chiede se non dovrebbe mandare Micaela all’ufficio del consolatore per un suo riadattamento alla realtà. Il suo limite di accettazione dell’opposizione si è abbassato ultimamente in modo allarmante; i limiti delle sue speranze si sono alzati in modo davvero inquietante. Jason è ben consapevole che cose simili dovrebbero venire affrontate subito, prima che diventino incontrollabili e conducano al comportamento asociale e allo scarico. Probabilmente Micaela ha bisogno dei servizi degli ingegneri sociali. Ma scarta l’idea di chiamare il consolatore. Non gli piace l’idea che qualcuno si intrufoli nella mente di sua moglie, si dice virtuosamente; e una voce interna che lo schernisce gli dice che non intraprende alcuna azione perché desidera che Micaela diventi tanto asociale da dover essere gettata nello scarico.

Entra nel condotto di discesa e programma per il 185° piano. Scende a Pittsburgh. Sprofonda, per inerzia, attraverso le città che compongono Monurb 116. Scendendo attraversa Chicago, attraversa Edimburgo, attraversa Nairobi, attraversa Colombo.

Mentre scende, sente attorno la confortevole solidità dell’edificio. La monurb è il suo mondo. Non è mai uscito. Perché dovrebbe uscirne? I suoi amici, la sua famiglia, la sua vita intera sono qui. La sua monurb è adeguatamente fornita di teatri, di campi sportivi, di scuole, di ospedali, di luoghi di culto. Il suo terminal gli dà accesso ad ogni opera d’arte che sia considerata degna di benedizione per il consumo umano. Nessuno che egli conosca ha mai lasciato l’edificio, eccetto le persone che furono scelte a sorte perché andassero a stabilirsi nella nuova Monurb 158 aperta di recente pochi mesi prima ed essi, certamente, non torneranno mai indietro. Corre voce che talvolta gli amministratori urbani si rechino da edificio a edificio per affari, ma Jason non è sicuro che la diceria sia vera e non vede perché un viaggio simile sarebbe necessario o desiderabile. Non ci sono sistemi di comunicazione capaci di trasmettere tutti i dati rilevanti che collegano le monurb?