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È uno splendido sistema. Come storico, che ha il privilegio di esplorare i documenti del mondo pre-monurb, conosce perfettamente, meglio della maggior parte della gente, quanto sia splendido. Si rende conto del caos spaventevole del passato. Le libertà terrificanti; l’odiosa necessità di fare delle scelte. L’insicurezza. La confusione. La mancanza di un piano. L’asistematicità del contesto.

Raggiunge il 185° piano. Percorre la strada che per gli addormentati corridoi di Pittsburgh lo porta al suo ufficio. Una camera modesta, ma le è affezionato. Pareti scintillanti. Un affresco sul suo scrittoio. I terminal e gli schermi necessari.

Cinque piccoli cubi splendenti sono posati sulla scrivania. Dentro ciascuno di essi si trova il contenuto di parecchie librerie. Da due anni lavora con questi cubi. Il suo argomento è La Monade Urbana come Evoluzione Sociale: Parametri dello Spirito Definiti dalla Struttura Comunitaria. Sta tentando di dimostrare che la transizione a una società di monurb ha condotto a una fondamentale trasformazione dell’anima umana. Dell’anima dell’uomo dell’Occidente, in ogni modo. Una orientalizzazione degli Occidentali, un popolo precedentemente aggressivo che accetta ora il giogo di nuove condizioni ambientali. Un modo di rispondere agli eventi più flessibile, più acquiescente, un rifiuto della vecchia filosofia espansionista-individualista come segnata dalla ambizione territoriale, la mentalità del conquistador e la linea di condotta del pioniere, verso un genere di espansione della comunità imperniato sull’accrescimento ordinato e illimitato della razza umana. In modo preciso, una evoluzione psichica di qualche genere, un cambiamento verso una accettazione della vita dell’alveare. I malcontenti allontanati dal sistema generazioni prima. Noi che non siamo precipitati nello scarico accettiamo le inesorabilità. Sì. Sì. Jason crede di avere trattato un argomento significativo. Quando glielo annunciò, Micaela disprezzò l’argomento. «Vuoi dire che stai per scrivere un libro per dimostrare che la gente che vive in città diverse è diversa? Che la gente delle monurb ha un atteggiamento diverso da quello dei popoli della giungla? Potrei provare la tua tesi in sei frasi.» E neppure ci fu molto entusiasmo per l’argomento quando egli lo propose a una riunione del personale, sebbene si desse da fare per renderlo chiaro. Finora la sua tecnica è stata quella di immergersi nelle immagini del passato, di diventare, fin dove era possibile, un cittadino della società pre-monurb. Spera che questo gli darà il parallasse essenziale, la prospettiva sulla sua società di cui avrà bisogno quando comincerà a scrivere il suo studio. Pensa di cominciare a scrivere tra altri due o tre anni.

Consulta un appunto, sceglie un cubo, lo inserisce nella fessura del playback. Lo schermo si illumina.

Una specie di estasi si impadronisce di lui non appena le scene del mondo antico si materializzano. Si sporge verso il suo microfono automatico e incomincia a dettare. Freneticamente, follemente, impaziente Jason Quevedo prende note nel modo solito.

Case e strade. Un mondo orizzontale. La famiglia singola protegge i singoli: questa è la mia casa, questo è il mio castello. Fantastico! Tre persone, che occupano forse un migliaio di metri quadrati di superficie. Strade. Difficile per noi comprendere il concetto di strada. Come un corridoio che si stende indefinitamente. Veicoli privati. Dove stanno andando tutti? Perché così in fretta? Perché non restano a casa? Scontro! Sangue. La testa passa attraverso il vetro. Un nuovo scontro. Un tamponamento. Combustibile fluido e scuro scorre nella strada. Mezzogiorno, primavera, città importante. Scena della strada. Quale città? Chicago, New York, Istanbul, Cairo. Gente che passeggia ALL’APERTO. Strade lastricate. Questa per i pedoni, questa per gli automobilisti. Sporcizia. Lettura dei dati che si riferiscono a un settore: 10.000 pedoni in questo solo settore, in una striscia di otto metri per ottanta. È giusta questa cifra? Verificare. Gomito a gomito. E pensavamo che il nostro mondo fosse sovraffollato? Almeno noi non ci urtiamo l’un l’altro in quel modo. Sappiamo come mantenere le distanze all’interno della struttura globale della vita della monade. I veicoli si muovono nel mezzo della strada. Il buon vecchio caos. Attività principale: acquisto di beni. Consumo privato. Il cubo 11Ab8 mostra il vettore interno di un negozio. Scambio di denaro per merce. Non c’è molta differenza eccetto nella natura casuale della transazione. Hanno bisogno di quello che comperano? Dove METTONO tutto quello che comperano?

Questo cubo non contiene nulla di nuovo per lui. Jason ha già visto molte volte in precedenza queste scene di città. Tuttavia il fascino è sempre nuovo. È teso, il sudore fluisce abbondante mentre cerca di comprendere un mondo nel quale la gente può vivere come le piace, dove circola a piedi o su veicoli all’aperto, dove non c’è pianificazione, non c’è ordine, non c’è controllo. Deve compiere un doppio atto di immaginazione; è necessario che veda quel mondo scomparso dall’interno, come se vivesse in esso, e poi deve tentare di vedere la società delle monurb come potrebbe apparire a qualcuno che la osservasse dal ventesimo secolo. L’importanza del compito lo sgomenta. Sa approssimativamente come un uomo dell’antichità giudicherebbe la Monade 116: un luogo infernale, direbbe l’uomo dell’antichità, nel quale la gente vive una vita spaventosamente paralizzata e brutale, nel quale ogni filosofia civilizzata è messa a gambe all’aria, nel quale una procreazione incontrollata viene incoraggiata in modo ossessionante per servire l’incredibile concetto di una divinità che richiede esternamente un numero sempre maggiore di adoratori; nel quale il dissenso è soffocato crudelmente e i dissenzienti vengono annientati perentoriamente. Jason conosce le frasi giuste, il genere di parole che avrebbe usato un Americano intelligente e liberale, per esempio, nel 1958. Ma gli manca lo spirito interiore. Tenta di vedere il proprio mondo come una specie di inferno, ma non ci riesce. Ai suoi occhi non è infernale. Egli è un uomo logico; sa perché dalla vecchia società orizzontale dovette evolversi la società verticale, e perché divenne poi necessario eliminare — preferibilmente prima che divenissero abbastanza adulti da riprodursi — tutti coloro che non volessero adattarsi o non potessero venire adattati alla struttura della società. Come si potrebbe permettere a coloro che causano disordine di rimanere nella struttura di una monurb severa, essenziale, equilibrata con cura? Sa che il probabile risultato che è derivato dall’aver precipitato i flippo nel condotto di scarico è stata, dopo un paio di secoli, la creazione di un nuovo stile di esistenza umana per mezzo di una procreazione selettiva. C’è ora un Homo Monurbensis tranquillo, adattato, pienamente contento? Sono questi i temi che intende esaminare a fondo quando scriverà il suo libro. Ma è così difficile, così assurdamente difficile, cercare di afferrarli dal punto di vista di un uomo dell’antichità!

Jason si sforza di capire il tumulto della sovrappopolazione nel mondo antico. Ha tratto dagli archivi una quantità di trattati diretti contro l’indiscriminato moltiplicarsi della razza umana, irose polemiche composte in un tempo in cui 4.000.000.000 di persone abitavano il mondo. È consapevole, certamente, che gli uomini potrebbero soffocare in breve tempo l’intero pianeta qualora vivessero sparsi orizzontalmente come essi vivevano; ma perché erano così preoccupati per il futuro? Avrebbero certamente potuto prevedere le bellezze della società verticale!