Esce dalla doccia, afferra due dei piccoli, li spoglia, li getta sotto il bagno del pomeriggio. Senza quasi degnare di attenzione Jason. Egli contempla il suo flessibile corpo nudo. Costernato. Serra le labbra, confuso e ansioso. Essendosi adattato faticosamente ad accettare l’inaccettabile idea dell’amore incestuoso di lei, non può facilmente venire a patti con quest’altro affare di Siegmund. Passeggio diurno. Non si vergogna, lei? Per pura ripicca, dice a se stesso. Per sfidarmi. Per farmi andare in collera. Per dimostrarmi quanto poco si preoccupi di me. Usa il sesso come arma contro di me. Ostenta la sua ora illecita trascorsa con Siegmund. Ma Siegmund avrebbe dovuto avere maggior saggezza. Un uomo con le sue ambizioni, trasgredire i costumi? Forse Micaela l’ha sopraffatto. Lei può farlo. Anche a Siegmund. La cagna! La cagna! Ora egli vede lo sguardo che lei gli rivolge, gli occhi scintillanti, la bocca piegata in un sorriso ostile. Lo sfida a cominciare una lite. Vuole litigare. No, Micaela, non giocherò la tua partita. Mentre lei fa il bagno ai piccoli, egli dice del tutto sereno: «Che cosa stai programmando per la cena di questa sera?»
Il giorno dopo al lavoro estrae dal cubo la pellicola di un film del 1969, apparentemente una commedia, egli immagina, su due coppie della California che decidono di scambiarsi le compagne per una notte, e poi scoprono di non avere il coraggio di portare a termine l’esperimento. Jason è completamente trascinato dal film, affascinato non soltanto dalle scene di case private e di aperta campagna ma anche dall’assoluta estraneità della psicologia dei caratteri, la loro evidente smargiassata, il loro intenso tormento su una faccenda così triviale come chi avrà rapporti sessuali con una persona, la loro finale viltà. Per lui è più facile comprendere l’ilarità nervosa con la quale essi fanno esperimenti con qualcosa egli suppone sia hashish, dal momento che il film, dopo tutto, è datato all’alba dell’era psicologica. Ma i loro atteggiamenti sessuali sono straordinariamente grotteschi. Guarda il film due volte, prendendo copiosi appunti. Perché questa gente è così timida? Temono una gravidanza indesiderata? Una malattia sociale? No, il tempo in cui il film venne girato è posteriore all’età delle malattie veneree, crede. È il piacere stesso che temono? Una punizione tribale per la violazione del concetto monopolistico del matrimonio del ventesimo secolo? Anche se la violazione è compiuta nel segreto assoluto? Dev’essere questo, conclude Jason. Essi temono le leggi contro le relazioni extramatrimoniali. Occhi nascosti che osservano. La vergognosa verità destinata ad essere propalata. Così si ritraggono, così rimangono rinchiusi nelle celle dei loro matrimoni individuali.
Mentre osserva le loro stramberie, all’improvviso vede Micaela nel contesto della morale borghese del ventesimo secolo. Non una timida sciocca come i quattro personaggi del film, certamente. Sfacciata, provocante, vanta la sua visita a Siegmund, usa il sesso come mezzo per umiliare il marito. Proprio un atteggiamento da ventesimo secolo, di gran lunga estraneo alla facile approvazione caratteristica del mondo della monurb. Soltanto qualcuno la cui concezione del sesso sia legata alla sua natura come merce può avere fatto quello che ha fatto Micaela. Essa ha reinventato l’adulterio in una società nella quale il concetto non ha significato! La sua collera si riaccende. Tra tutti gli 800.000 abitanti di Monade Urbana 116, perché deve essere sposato alla sola malata? Che flirta con suo fratello perché sa che la cosa lo infastidisce, non perché abbia un reale interesse a venire presa da lui. Che va da Siegmund invece di aspettare che Siegmund venga da lei. La barbara dai cattivi costumi. Gliela farò vedere, però. So come giocare la sua stupida partita sadica!
À mezzogiorno lascia la sua stanzetta, dopo aver fatto meno di cinque ore di lavoro. Un pozzo di risalita lo porta al 787° piano. Fuori dell’appartamento di Siegmund e di Mamelon Kluver, è colto da un improvviso terribile capogiro e quasi cade. Riacquista l’equilibrio; ma il suo timore è ancora grande ed è tentato di andarsene. Discute con se stesso, tentando di liberarsi della timidezza. Pensa ai protagonisti della pellicola cinematografica. Perché ha paura? Mamelon è soltanto un’altra donna. Egli ne ha avuto un centinaio di attraenti quanto lei. Ma lei è più intelligente. Potrebbe annullarmi con un paio di motteggi vivaci. Tuttavia, la voglio Mi sono privato per tutti questi anni. Mentre Micaela se ne va da Siegmund nel pomeriggio. La cagna. La cagna. Perché dovrei soffrire? È imprevisto che si debbano provare frustrazioni nell’ambiente della monade. Voglio Mamelon, perciò. Apre la porta.
L’appartamento dei Kluver è vuoto. Un lattante nella fessura di custodia, nessun altro segno di vita.
«Mamelon?» chiama. La voce è quasi crepitante.
Lo schermo si accende e appare l’immagine pre-programmata di Mamelon. Com’è bella, pensa. Com’è raggiante. Sorridente. Dice: «Salve. Sono andata alla mia lezione di poliritmo del pomeriggio e ritornerò a casa alle ore 15. Messaggi urgenti possono essere trasmessi a Shangai alla sala di Completamento Somatico, o presso mio marito Siegmund a Louisville, Accesso Nexus. Grazie.» L’immagine scompare.
Ore 15. Quasi due ore da aspettare. Se ne andrà?
Egli desidera ardentemente dare un’altra occhiata alla sua bellezza. «Mamelon?» dice.
Ella riappare sullo schermo. La studia. Una donna padrona di sé, non spinta da demoni. Una personalità equilibrata e non, come Micaela, una nevrotica spaventata sferzata da venti psichici. «Salve. Sono andata…»
Aspetta.
L’appartamento, che ha già visto in precedenza, lo impressiona di nuovo per la sua eleganza. Ricchi arazzi e tendaggi, levigati oggetti d’arte. Segni di alta condizione sociale. Siegmund si sposterà a Louisville, senza dubbio, e questi beni privati preannunciano il suo prossimo passaggio alla casta superiore. Per calmare la sua impazienza Jason gioca con i pannelli alle pareti, ispeziona i mobili, programma tutte le irrorazioni di profumo. Osserva il piccolo, che tuba nella fessura di custodia. Misura a passi la stanza. L’altro bambino deve ora avere due anni. Ritornerà presto a casa dall’asilo? Non desidera divertire un bambino per tutto il pomeriggio mentre attende tutto teso Mamelon.
Regola lo schermo e guarda una delle astrazioni del pomeriggio. L’ondeggiare di forme e colori gli fa trascorrere un’altra ora impaziente. Presto Mamelon sarà qui.
14,50. Ella entra, tenendo il bambino per mano. Jason si alza, eccitato, la gola secca. Mamelon indossa una semplice e poco affascinante tunica azzurra lunga fino al ginocchio, e insolitamente dà un’impressione di disordine. Perché no? Ha trascorso il pomeriggio in esercizi fisici; Jason non può aspettarsi che sia l’impeccabile, splendente Mamelon delle serate.
«Jason? C’è qualcosa che non va? Perché…»
«Soltanto una visita,» egli dice, incapace di riconoscere la propria voce.
«Sembri un mezzo flippo, Jason! Sei ammalato? Posso fare qualcosa per te?» Si toglie la tunica e la scuote, spiegazzata, sotto la doccia. Ora indossa soltanto un drappo sottile; egli distoglie gli occhi dalla sua nudità. E guarda fisso negli angoli anche quando lei lascia cadere il drappo; si lava, indossa un leggero abito da casa. Rivolgendosi di nuovo a lui, ella dice: «Ti stai comportando in modo molto strano.»
Egli getta fuori di colpo quello che si tiene dentro.
«Lascia che ti prenda, Mamelon!»
Un riso represso da parte di lei. «Adesso? A metà del pomeriggio?»
«È una cosa tanto peccaminosa?»
«È una cosa insolita,» ella dice. «Specialmente se la proposta è fatta da un uomo che non è mai stato da me come passeggiatore notturno, ma ritengo che non ci sia niente di male. Benissimo: avanti.»
Così semplice. Lei si toglie l’abito da casa e gonfia la piattaforma-letto. Naturalmente non lo deluderà, perché non sarebbe degno di benedizione. L’ora è strana, ma Mamelon capisce il codice secondo il quale vivono e non lo costringe a osservare rigorosamente le regole. È sua. La pelle bianca, gli alti seni pieni. Un ombelico profondo. Peli neri arruffati che si arricciano generosamente sulle cosce. Ella gli fa cenno dalla piattaforma, sorride, strofina insieme le ginocchia per prepararsi. Egli si toglie gli abiti, ripiegando ogni cosa con cura. Si sdraia al fianco di lei, prende in mano nervosamente uno dei seni, morde leggermente un lobo delle orecchie. Ha un disperato bisogno di dirle che la ama. Ma questa sarebbe un’infrazione alle regole più serie di tutte quelle che ha commesso fino a questo punto. In un certo senso, non nel senso del ventesimo secolo, ella appartiene a Siegmund, ed egli non ha il diritto di introdurre tra loro le sue emozioni, soltanto il suo organo rigido. Con un teso balzo veloce sale su di lei. Come al solito, il panico lo rende precipitoso. Entra dentro di lei e cominciano a muoversi. Sto prendendo Mamelon Kluver. Davvero. Infine. Riprende il controllo di sé e rallenta. Osa aprire gli occhi ed ha la ricompensa di scoprire che quelli di lei sono chiusi. Le narici dilatate, le labbra socchiuse. Denti bianchi così perfetti. Sembra che stia facendo le fusa. Egli si muove un poco più in fretta. La stringe tra le sue braccia; le sfere dei seni di lei si appiattiscono contro di lui. Improvvisamente, sorprendentemente, qualcosa di straordinario si è acceso dentro di lei, ed ella strilla e agita ritmicamente le anche e fa rauchi suoni animaleschi mentre cerca di aggrapparsi a lui. Egli è così stupito dalla furia del suo orgasmo che dimentica di accorgersi del proprio. Finisce così. Dopo, esausto, resta avvinghiato a lei ancora per un poco ed ella accarezza le sue spalle sudate. Analizzando l’accaduto con la freddezza del dopo, egli capisce che non è stato tanto diverso da quanto ha provato altrove. Un momento-più-sfrenato-del-solito, forse. Ma per il resto soltanto lo svolgimento che gli familiare. Anche con Mamelon Kluver, l’oggetto di tutte le sue incandescenti fantasie per tre anni, è stato soltanto la vecchia bestia a due schiene: io spingo e lei spinge e così via. Tanto per il romanticismo. Al buio tutti i gatti sono grigi. Vecchio proverbio del ventesimo secolo. Così ora l’ho presa. Si ritira e vanno insieme alla doccia.