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Ella dice: «Mio padre ha per te un’altissima considerazione.»

«La dimostra in uno strano modo. Giocando con me, quasi burlandosi di me. Mi trova molto buffo.»

«Sei tu che lo immagini, Siegmund.»

«No. No davvero. Bene, io penso di non poterlo biasimare. Devo sembrargli ridicolo. Prendo così sul serio i problemi della vita della monade. E declamo lunghe letture teoriche. Quelle cose a lui non importano più, e io non devo aspettarmi che un uomo di sessant’anni rimanga impegnato nella sua carriera quanto lo era a trenta, ma mi fa sentire un idiota per il fatto che io stesso sono impegnato. Come se ci fosse qualcosa di inerentemente stupido in chiunque sia implicato nelle sfide amministrative.»

«Non avevo mai capito che tu lo tenessi in così poco conto.»

«Soltanto perché è così lontano dal realizzare le sue capacità. Potrebbe essere un capo così grande. E invece sta seduto lassù e ride di tutto.»

Rhea si volge verio di lui. La sua espressione è grave. «Tu lo giudichi male, Siegmund. È tanto impegnato nel realizzare il benessere di questa città quanto lo sei tu. Tu sei tanto sconcertato dalle sue maniere che non vedi quale solerte amministratore egli sia.»

«Puoi darmi un esempio di…»

«Molto spesso,» ella continua, «noi proiettiamo su altre persone i nostri atteggiamenti segreti, repressi. Se noi pensiamo, giù nel profondo, che qualcosa sia triviale o senza valore, accusiamo con indignazione altre persone di pensarla così. Se ci chiediamo segretamente se siamo tanto coscienti e devoti al dovere come diciamo di essere, ci lagniamo del fatto che altri siano fannulloni. Potrebbe essere che il tuo appassionato interesse negli affari amministrativi, Siegmund, denoti più un desiderio di scalata sociale che forti interessi filantropici, e un senso di colpa per le tue intense ambizioni tale da indurti a credere che gli altri pensino di te negli stessi termini in cui tu stesso…»

«Aspetta! Nego assolutamente…»

«Smettila, Siegmund. Non sto cercando di criticarti. Sto soltanto offrendo alcune spiegazioni delle tue afflizioni a Louisville. Se preferisci che stia zitta…»

«Continua.»

«Dirò soltanto un’altra cosa, e tu potrai odiarmi, dopo, se ti piace. Sei terribilmente giovane, Siegmund, per trovarti dove ti trovi. Tutti sanno che sei straordinariamente abile, che meriti di salire a Louisville, ma tu stesso sei a disagio per la velocità con la quale sei salito. Tenti di nasconderlo, ma non puoi nasconderlo a me. Hai paura che quella gente si offenda per la tua scalata — anche alcune persone che sono ancora sopra di te possono offendersi, tu pensi talvolta. Così sei cosciente di te stesso. Sei estremamente sensibile. Leggi ogni tipo di cose terribili nelle innocenti espressioni della gente. Se io fossi in te, Siegmund, mi rilasserei e tenterei di essere più felice. Non tormentarti per quello che la gente pensa, o sembra pensare di te. Non crucciarti per gli arrampicatori — la tua testa è fatta per la cima, non puoi mancare, puoi permetterti di riposare e di non tormentarti sulle teorie dell’amministrazione urbana. Cerca di essere più freddo. Meno preso dalle tue occupazioni, meno evidentemente dedicato alla tua carriera. Coltiva amicizie tra le persone della tua età — valuta la gente per quello che è, non per l’aiuto che può darti. Assorbì la natura umana, adoperati per essere più umano tu stesso. Va’ in giro per l’edificio; passeggia la notte a Varsavia o a Praga, qualche volta. È irregolare, ma non illegale, e scaccerà da te qualcuna delle tue tensioni. Osserva come vive la gente più semplice. Ha un significato per te qualcuna di queste cose?»

Siegmund rimane in silenzio.

«Qualcuna,» dice infine. «Anche qualcuna di più.»

«Bene.»

«Sta penetrando in me. Nessuno mi aveva mai parlato così prima d’ora.»

«Sei in collera con me?»

«No davvero.»

Rhea fa scorrere la punta delle dita lungo la guancia di lui. «Pensi di prendermi, ora? Preferirei non essere un ingegnere morale quando sono in compagnia sulla mia piattaforma.»

La mente di lui è piena delle sue parole. È umiliato ma non offeso, perché molte delle parole di Rhea suonano vere. Perduto nell’analisi di se stesso si volge verso di lei meccanicamente, accarezza i suoi seni, prende il suo posto tra le cosce di lei. Il suo ventre contro quello di lei. Tenta di combattere con una spada flessibile; è tanto preoccupato per le complicazioni della penetrazione di lei nel suo carattere che a stento si accorge di non essere capace di penetrare dentro di lei. Ella lo avverte dell’insuccesso della sua virilità. Facendolo scherzosamente ciondolare. «Non partecipi questa sera?»

«Sono stanco,» mente lui. «Sempre donne e niente sonno rendono Siegmund un debole amante.»

Rhea ride. Mette le sue labbra su di lui e egli si eccita; era la mancanza di attenzione, non la fatica, che lo tratteneva e lo stimolo della calda e umida bocca di lei lo restituisce all’occupazione adatta al momento. È pronto. Le agili gambe di lei lo circondano. Con una veloce ardente spinta penetra in lei. È la sola moneta con la quale possa ripagarla per la sua saggezza. Ora ella cessa di essere l’arbitro percettivo e maturo della sua personalità; è soltanto un’altra donna che si contorce. Sbuffa. Inarca la schiena. Freme. Rende moneta per moneta, colmandola di estasi. Mentre l’aspetta pensa come dare nuova forma alla sua immagine pubblica. Non apparire ridicolo davanti agli uomini di Louisville. Deve fare molto. Ora ella trema nell’abisso del completamento ed egli la spinge e la segue, e si calma, sudato, depresso, quando il culmine viene rapidamente spazzato via.

È di nuovo a casa, non molto tempo dopo mezzanotte. Due teste sulla sua piattaforma-letto. Mamelon sta intrattenendo un passeggiatore notturno. Niente di insolito in questo, Siegmund sa che sua moglie è una delle donne più desiderate della monurb. Per buone ragioni. Fermo presso la porta, osserva pigramente i corpi che formano un rigonfiamento sotto il lenzuolo. Mamelon emette suoni appassionati, ma a Siegmund suonano falsi e forzati, come se lei stesse illudendo un partner incompetente. L’uomo grugnisce raucamente nel parossismo finale. Siegmund prova un vago risentimento. Se stai prendendo mia moglie, concedile almeno un divertimento decente. Si spoglia e si ripulisce, e quando esce di sotto il campo di ultrasuoni la coppia è ancora sdraiata sulla piattaforma, esausta. L’uomo ansima. Mamelon semplicemente respira forte, confermando il sospetto di Siegmund che stesse fingendo. Siegmund tossisce educatamente. Il visitatore di Mamelon alza lo sguardo, evita il suo e arrossisce, allarmato. È Jason Quevedo, l’innocuo piccolo storico, il marito di Micaela. A Mamelon piace molto, sebbene Siegmund non possa capire perché. E Siegmund non capisce neppure come Jason riesca a far fronte a quella donna tempestosa che è Micaela. Non è compito mio ricercare il perché. La vista di Quevedo gli ricorda che deve visitare di nuovo presto Micaela. E anche che ha un lavoro per Jason. «Salve, Siegmund,» dice Jason, senza incontrare il suo sguardo. Scende dalla piattaforma, cerca i suoi indumenti. Mamelon strizza l’occhio al marito, Siegmund le lancia un bacio.

Egli dice: «Prima che tu te ne vada, Jason, ti avrei chiamato domani, ma te lo dico adesso. Uno schema. Una ricerca storica.»

Quevedo sembra impaziente di uscire dall’appartamento dei Kluver.

Siegmund continua: «Nissim Shawke sta preparando la risposta a una petizione di Chicago riguardo a un possibile abbandono dei regolamenti sulla percentuale dei sessi. Vuole che metta insieme un’immagine di com’era nei primi giorni della determinazione del sesso, quando la gente sceglieva il sesso dei figli senza riguardo per quello che facesse chiunque altro. Poiché il ventesimo secolo è la tua specialità, mi chiedevo se potessi…»