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«Ascoltante,» grida a quelli che si trovano nella piazza, «non intendo farvi alcun danno!»

Essi ridono. Due giovani si avvicinano e lo fissano. Uno di essi appoggia una mano alla bocca e con cura ricopre il palmo di saliva; quando ha fatto questo offre il palmo al suo compagno che vi appoggia la sua mano ed entrambi prorompono in una selvaggia risata. Michael osserva, disorientato. Ha sentito parlare dei barbari costumi delle comuni. Primitivi, incomprensibili. I giovani dicono al suo indirizzo qualcosa che suona insolente e si allontanano. Una ragazza prende il loro posto presso la finestra. Quindici, sedici anni, egli suppone. Ha seni larghi e molto abbronzati e tra essi sta appeso un amuleto chiaramente fallico. Lo vezzeggia in un modo che dà a Michael l’impressione che gli rivolga un invito lascivo. «Mi piacerebbe,» dice. «Se soltanto tu potessi farmi uscire di qui.» Infila le mani tra le sbarre per accarezzarla. Ella balza indietro, gli occhi furenti, e fa un gesto feroce, agitando la mano sinistra verso di lui con il pollice stretto contro il palmo e le altre quattro dita puntate contro il suo volto. È chiaramente un’oscenità. Mentre la ragazza si allontana, alcuni vecchi vengono ad osservarlo. Una donna si batte il mento con ritmo lento, costante, apparentemente senza significato; un uomo avvizzito comprime con calma il palmo della mano destra contro il gomito sinistro per tre volte; un altro uomo si china, appoggia le mani al suolo e si alza, sollevandole molto al di sopra del capo, forse mimando la crescita di una pianta di alto fusto, forse la costruzione di una monade urbana. Qualsiasi cosa voglia esprimere, prorompe in una risata stridula e se ne va inciampando. Ora la notte sta calando. Nell’oscurità Michael vede una successione di macchine spruzza-raccolto che si dispongono nella piazza come uccelli che ritornino al nido al tramonto, e dozzine di unità agricole mobili dotate di numerose braccia che escono dai campi a forte andatura. Gli spettatori scompaiono; li osserva mentre si allontanano ed entrano negli altri edifici che circondano la piazza. Malgrado le incertezze della sua condizione di prigioniero, è affascinato dalla natura straniera di questo luogo. Vivere così vicini al suolo, andare in giro per tutto il giorno sotto il sole, senza ripari, non conoscere nulla dell’ammasso di ricchezze di una monurb…

Una ragazza armata gli porta la cena; apre la porta all’improvviso, depone un vassoio e se ne va senza dire una parola. Legumi stufati, un brodo chiaro, alcuni frutti rossi sconosciuti, una borraccia di vino fresco: i frutti sono ammaccati e troppo maturi per il suo gusto, ma tutto il resto è eccellente. Mangia avidamente, ripulendo il vassoio. Poi si affaccia alla finestra. Il centro della piazza è ancora vuoto, sebbene sul lato opposto otto o dieci uomini, evidentemente una squadra di manutenzione, siano andati a lavorare sulle macchine agricole alla luce oscillante di due o tre globi luminosi. Ora la sua cella è immersa nell’oscurità assoluta. Dal momento che non c’è nient’altro da fare, si toglie gli abiti e si sdraia sulle coperte. Il sonno non viene subito, sebbene sia esausto per il lungo viaggio della giornata: la sua mente ticchetta furiosamente, considerando le possibilità. Domani lo interrogheranno, senza dubbio. Se avrà fortuna, potrà dimostrare che non ha intenzione di arrecare danni. Sorridere molto, agire amichevolmente, un’aria di innocenza. Forse anche ottenere da loro di venire scortato fuori del loro territorio. Trasportarlo in volo verso est, scaricarlo nel territorio di qualche altra comune, lasciargli compiere il suo cammino verso il mare. Verrà arrestato in una comune dopo l’altra? Una triste prospettiva. Forse può trovare una strada che giri intorno alla zona agricola, attraverso le rovine delle antiche città, possibilmente. A meno che là vivano uomini allo stato selvaggio. Almeno gli agricoltori sono civilizzati a modo loro. Si vede cotto da cannibali su qualche ammasso di pietre diroccate, l’antica Pittsburgh, per dire. Oppure divorato crudo. Perché gli agricoltori sono così sospettosi? Che cosa può far loro un viandante solitario? La naturale xenofobia di cultura isolata, decide. Proprio come noi non vorremmo che un agricoltore girasse liberamente in una monurb. Ma senza dubbio le monurb sono sistemi chiusi. Ognuno è numerato, vaccinato, assegnato a un posto adatto. Questa gente ha un sistema meno rigido, non è vero? Non hanno la necessità di temere gli stranieri. Deve tentare di convincerli di questo.

Si abbandona a un sonno inquieto.

Viene svegliato, non più di un’ora o due più tardi, da una musica dissonante, primitiva, inquietante. Si mette a sedere: ombre rosse guizzano sulla parete della sua cella. Un genere di proiezioni visive? O un fuoco all’esterno? Si precipita alla finestra. Sì. Un immenso tumulo di ceppi secchi, di rami, di avanzi di vegetali di ogni genere, è in mezzo alla piazza. Non ha mai visto un fuoco prima d’ora, tranne qualche volta sullo schermo, e la vista lo terrorizza e lo incanta. Quelle ondeggianti esplosioni color rosso che si sollevano e svaniscono, dove vanno? E anche dal luogo in cui si trova può sentire il calore che si diffonde. Un flusso costante, la forma mutevole di fiamme danzanti, quale bellezza incredibile. E minacciosa. Non hanno paura di lasciare il fuoco libero di svilupparsi in questo modo? Ma certamente c’è quella zona spoglia e sudicia intorno ad esso. Il fuoco non può attraversarla. La terra non brucia.

Distoglie lo sguardo dalla ipnotica frenesia del fuoco. Una dozzina di suonatori siede l’uno accanto all’altro alla sinistra delle fiamme. Gli strumenti sono stranamente medioevali: gli strumenti funzionano soffiando o percuotendo o sfregando o premendo dei tasti, e i suoni sono ineguali e imprecisi e ondeggiano intorno alla propria tonalità ma mancano di una frazione di tono. L’elemento umano; Michael, il cui senso musicale è insolitamente buono, si contorce a queste minime ma percettibili variazioni dall’assoluto. Tuttavia sembra che gli agricoltori non se ne curino. Non sono viziati dalla perfezione meccanica della moderna musica scientifica. A centinaia, forse l’intera popolazione del villaggio, siedono in file cenciose lungo il perimetro della piazza, seguendo con i movimenti del capo il tempo delle lamentose e stridenti melodie, battendo i talloni contro il suolo, battendo ritmicamente le mani contro i gomiti. La luce del fuoco li trasforma in un raduno di demoni; l’incandescenza rossastra si increspa misteriosamente sui loro corpi mezzo nudi. Vede alcuni bambini tra loro, ma sono ancora pochi. Due qui, tre là; molte coppie adulte hanno uno o nessun bambino. È sbalordito da quanto ha compreso: qui si limitano le nascite. Gli viene la pelle d’oca. Si diverte alla propria involontaria reazione di orrore; essa gli dice che la configurazione che possono avere i suoi geni non ha importanza; è pur sempre un uomo delle monurb a causa del condizionamento.

La musica si fa sempre più selvaggia. Il fuoco si alza. Gli agricoltori cominciano a danzare. Michael si aspetta una danza disordinata e frenetica, un confuso agitare di gambe e braccia, ma non è così: sorprendentemente, è armonica e disciplinata, una serie controllata e formale di movimenti. Gli uomini in una fila, le donne nell’altra; in avanti, indietro, si scambiano i partner, i gomiti sollevati, il capo rovesciato all’indietro, le ginocchia mosse con movimento alterno, ora un saltello, girano intorno, formano di nuovo delle file, le mani unite. Il passo accelera costantemente, ma il ritmo è sempre definito e coerente. Una progressione rituale di movimenti. Occhi vitrei, labbra serrate. Questa non è una festa, lo capisce immediatamente; è una celebrazione religiosa. I riti del popolo della comune. Che cosa vogliono ottenere formando queste figure? È lui l’agnello sacrificale? La provvidenza ha mandato loro un uomo delle monadi, eh? In preda al panico, volge attorno lo sguardo cercando di scorgere un calderone, uno spiedo, un palo, una cosa qualsiasi sulla quale potrebbero cuocerlo. Racconti sulle comuni ricchi di particolari circolano nelle monadi; li ha sempre respinti come miti ignoranti. Ma è possibile che non lo siano.