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«Va’ all’inferno o brucerò anche te!»

Il giovanotto fa una finta con la fiamma e la punta direttamente contro il volto di Mattern. Questi sente il calore e indietreggia. Il giovanotto colpisce violentemente la donna alle sue spalle. Essa balza via, ma la gravidanza la rende goffa e la torcia lacera il suo indumento. Appare la pallida pelle bianca tesa, solcata da una bruciatura lucente. La donna ripara con le mani il ventre sporgente e cade a terra urlando. Il giovanotto scosta Mattern col gomito e sta per cacciare la torcia nel fianco della moglie. Mattern tenta di afferrargli il braccio e devia la fiamma, che carbonizza il pavimento. Il giovane la lascia cadere imprecando e si getta su Mattern pestandolo freneticamente con i pugni. «Aiutatemi,» grida Mattern. «Aiuto!»

Nel corridoio irrompe una dozzina di scolari. Sono ragazzi tra gli otto e gli undici anni di età. Continuano a cantare il loro inno mentre si riversano in avanti. Staccano Mattern dal suo assalitore. Rapidamente, facilmente, lo coprono con i loro corpi. L’uomo si intravvede appena sotto la massa che lo flagella e lo percuote. Altri gruppi di ragazzi si precipitano fuori della classe e si uniscono ai primi. Si ode il suono lamentoso di una sirena, colpi di fischietto. Rimbomba la voce amplificata dell’insegnante: «La polizia, via tutti!»

Sono giunti quattro uomini in uniforme, che esaminano la situazione. La donna ferita si lamenta a terra, strofinandosi la bruciatura. L’uomo pazzo è svenuto; ha il volto sanguinante e un occhio è perduto.

«Che cosa è successo?» chiede un poliziotto. «Chi siete?»

«Charles Mattern, sociocomputatore, 799° piano, Shanghai. L’uomo è un flippo. Ha assalito con la fiamma ossidrica la moglie incinta. Ha tentato di assalire anche me.»

I poliziotti rimettono in piedi il flippo che resta chino, intontito e pesto, in mezzo a loro. Il capo dei poliziotti dice, pronunciando rapidamente le parole una dopo l’altra: «Colpevole di atroce aggressione a donna in età fertile in stato di gravidanza, tendenze pericolose contro la società, minaccia all’armonia e alla stabilità, in virtù della autorità che mi è stata conferita pronuncio la sentenza di cancellatura: portatelo via immediatamente. Gettate il bastardo nel canale di scarico, ragazzi!» Trascinano via il flippo. Appaiono dei medici che si raggruppano attorno alla donna caduta. I bambini, cantando nuovamente con voce gaia, ritornano in classe. Nicanor Gortman sembra stordito e scosso. Mattern lo afferra per il braccio e sussurra con furia: «Benissimo, così accadono queste cose, qualche volta… Non lo nego. Ma c’era un miliardo di probabilità contro uno che non accadesse. Non è un incidente tipico! Non è tipico!»

Entrano nella classe.

Il sole sta tramontando. La facciata ovest della monade urbana vicina è striata di rosso. Nicanor Gortman siede tranquillamente a cena con i membri della famiglia Mattern. I bambini, le voci che si sovrappongono l’una all’altra, chiacchierano del loro giorno di scuola. Le notizie della sera appaiono sullo schermo; l’annunciatore fa un accenno all’avvenimento disgraziato del 108° piano. «La madre non è stata ferita seriamente,» dice, «e il nascituro non ha sofferto alcun danno. La sentenza pronunciata contro l’assalitore è stata eseguita e una minaccia alla sicurezza dell’intera monade è stata eliminata.» Principessa mormora: «Dio benedica.» Dopo cena Mattern richiede le copie dei suoi più recenti lavori tecnici al terminal e consegna l’intero fascio a Gortman perché lo legga con comodo. Gortman lo ringrazia calorosamente.

«Sembri stanco,» gli dice Mattern.

«È stata una giornata intensa. E una giornata remunerativa.»

«Sì, abbiamo faticato parecchio, non è vero?»

Anche Mattern è stanco. Hanno già visitato tre dozzine di piani; ha mostrato a Gortman riunioni cittadine, cliniche della fertilità, uffici commerciali, tutto nel primo giorno. Domani ci sarà da vedere molto di più. Monade Urbana 116 è una varia, complessa comunità. E una comunità felice, Mattern dice a se stesso con fermezza. Abbiamo piccoli incidenti di tanto in tanto, ma siamo felici.

I bambini, a uno a uno, vanno a dormire, augurando incantevolmente la buona notte con un bacio a Papà e Mamma e al visitatore, e correndo attraverso la camera, dolci piccoli folletti nudi, verso i loro lettini. Le luci si oscurano automaticamente. Mattern si sente leggermente depresso; la disgrazia del 108° ha rovinato quello che sarebbe stato altrimenti un giorno eccellente. Tuttavia pensa ancora di essere riuscito ad aiutare Gortman a vedere, oltre le superficialità, l’innata armonia e la serenità del sistema di vita della monade. E ora permetterà all’ospite di sperimentare personalmente una delle loro tecniche più utili per minimizzare i conflitti interpersonali che potrebbero essere così rovinosi per il loro tipo di società. Mattern si alza.

«È l’ora del passeggio notturno,» dice. «Io esco. Rimani qui… con Principessa.» Sospetta che il visitatore apprezzerebbe un po’ di privacy.

Gortman sembra a disagio.

«Avanti,» dice Mattern. «Divertiti. Non si deve negare il piacere a nessuno, qui. Noi eliminiamo presto gli egoisti. Per favore. Quello che ho è tuo. Non è così, Principessa?»

«Certamente,» ella dice.

Mattern esce dalla camera, percorre tranquillamente il corridoio, entra nel pozzo di discesa e scende fino al 770° piano. Mentre esce ode all’improvviso urla di collera e si irrigidisce, temendo di venire coinvolto in un altro episodio disgustoso, ma non appare nessuno. Continua a camminare. Oltrepassa la porta nera del canale di scarico e rabbrividisce un po’: non può evitare di pensare al giovane con la torcia in mano e a quello che è stato di lui. E allora, all’improvviso, gli ritorna alla memoria il volto del fratello morto, precipitato per lo stesso scarico, il fratello più vecchio di lui di un anno, Jeffrey il ladro, il piagnucolone. Jeffrey l’inadattabile, Jeffrey che aveva dovuto essere gettato in un condotto di scarico. Per un istante Mattern è preso da nausea e da vertigini. Sta per cadere e selvaggiamente afferra la maniglia di una porta per rimettersi in equilibrio.

La porta si apre. Entra. Non ha mai passeggiato di notte in questo piano. Cinque bambini giacciono addormentati nei loro lettini; e sulla piattaforma-letto giacciono un uomo e una donna, entrambi più giovani di lui, entrambi addormentati. Mattern si toglie gli abiti e si sdraia presso il fianco sinistro della donna. Tocca la sua coscia, poi il suo piccolo seno freddo. La donna apre gli occhi ed egli dice: «Salve, Charles Mattern, 799.»

«Gina Burke,» ella dice. «Mio marito Lenny.» Lenny si sveglia. Vede Mattern, fa un cenno col capo e torna a dormire. Mattern bacia Gina leggermente sulle labbra. Ella gli apre le braccia. Egli trema di desiderio e sospira mentre ella lo accoglie. Dio benedica, egli pensa. È stato un giorno felice del 2381, ed ora è finito.

CAPITOLO SECONDO

La città di Chicago confina a nord con Shanghai, a sud con Edimburgo. Attualmente la popolazione di Chicago ammonta a 37.402 unità e la città soffre di una crisi di sovrappopolazione che dovrà essere attenuata nel modo abituale. Vi predomina la professione di ingegnere. Sopra, a Shanghai, la maggior parte della popolazione è costituita da studiosi, sotto, a Edimburgo, si raggruppano gli addetti ai calcolatori elettronici.

Aurea Holston è nata a Chicago nel 2368 e là ha trascorso tutta la sua vita. Ora Aurea ha quattordici anni. Suo marito, Memnon, ne ha quasi quindici. Sono sposati da quasi due anni. Dio non li ha benedetti con la nascita di bambini. Memnon ha viaggiato attraverso l’intero edificio, ma Aurea è uscita a malapena da Chicago. Una volta si è recata a visitare un’esperta di fertilità, una vecchia ostetrica giù a Praga, e una volta è salita a Louisville, dove vive il suo potente zio, amministratore urbano. Molte volte è stata con Memnon nell’appartamento del loro amico Siegmund Kluver a Shanghai. Oltre questo non ha visto molto dell’edificio. In realtà ad Aurea non importa viaggiare. Ama moltissimo la sua città.